Che fine ha fatto la McLaren di Alain Prost? Quella che ha dato a Niki Lauda il suo ultimo titolo mondiale e a Lewis Hamilton il suo primo, quella che ha visto fiorire la rivalità tra Mika Hakkinen e la leggenda di Michael Schumacher, quella che tra le sue fila ha vantato – e portato alla vittoria – l’altro mito della Formula 1, Ayrton Senna.
Lungi da me è l’intenzione (sì, lo dico sempre, e ormai nessuno ci crede più) di far calare un’ombra sulla scuderia di Woking, ma pare che ci siano riusciti benissimo da soli.
Vi racconto una storia: la McLaren di Bruce
Bruce McLaren nemmeno pensava di poter diventare un pilota di F1, figuriamoci fondare una scuderia ancora attiva nella stessa categoria regina. Bruce soffriva di osteocondrosi – secondo i medici non avrebbe più potuto camminare – ma lui correva sotto la bandiera neozelandese, zoppicando per il Circus.
La scuderia venne battezzata nel 1963 come Bruce McLaren Motor Racing LTd, con sede a New Malden, e della quale Bruce divenne anche pilota, senza smettere di correre nella massima categoria: infatti, Bruce gareggiava in F1 in qualità di pilota per la Cooper, ma anche come costruttore.
Nel 1966 Bruce esordisce nella categoria regina con la sua prima monoposto, la McLaren M2B. Costituita da un telaio in mallite (materiale estremamente innovativo, ma difficile da gestire) e motorizzata da Ford e Serenissima, questa monoposto chiude la stagione conquistando tre punti.
Bruce McLaren ci lascia nel 1970, ma la sua memoria è rimasta immortale. Ahimè, non ha potuto godersi i primi grandi successi della sua creazione: Emerson Fittipaldi arrivò alla McLaren ancora fresco dal titolo mondiale conquistato nel 1972 con la Lotus, ed è proprio il 1974 a consegnargli il secondo, nonostante la minaccia del Cavallino rampante. Fittipaldi reputava addirittura la M23 più prestante della sua Lotus 72.
In quello stesso anno la livrea (già spogliata del suo caratteristico color papaya) si macchia di uno degli sponsor che più ha caratterizzato la storia di questa scuderia, la Marlboro.
Poi, il 1976. Niki Lauda rimane vittima di un terribile incidente al Nurburgring, di cui portò sempre il ricordo sul suo volto sfigurato. Quella stagione venne vinta dal suo rivale, James Hunt, anche lui appena entrato nella famiglia McLaren.
Lauda, Prost e Senna
Niki Lauda ritornò in F1 nel 1982 proprio strappando un contratto a Ron Dennis, promosso al ruolo di presidente della scuderia trasferita a Woking. “Aspettate quattro gare per giudicarmi“, ma ne sono bastate tre per tornare a vincere, due anni per vedersi iridato tre volte campione del mondo. Infatti, nel 1984, mentre tutte le scuderie penavano a causa delle nuove regolamentazioni che restrinsero i serbatoi e vietarono i rifornimenti, la McLaren guadagnavi altri successi.
La coppia fissa di Lauda-Prost ancora porta nostalgia. Beh, Ron desiderava il meglio, voleva l’eccellenza: dal 1984 al 1991 vince sette Mondiali Piloti e 6 Campionati Costruttori.
Quell’eccellenza porta il nome di Alain Prost e Ayrton Senna. Il primo, francese, soprannominato “Il professore“, vincitore di quattro titoli mondiali (di cui tre con la McLaren) e più di cinquanta Gran Premi dominati. Il secondo, brasiliano, per tutti “Magic“, per molti il pilota migliore della Formula 1, iridato tre volte campione del mondo (tutti con la scuderia sopracitata), un idolo indiscusso nella categoria regina.
Nel 1988 il titolo è di Senna, ma la scuderia festeggia anche la vittoria di 15 dei 16 Gran Premi disputati nel corso della stagione, accompagnata dai motori Honda fino al 1993.
Sulle montagne russe: la Spy-Story con la Ferrari e gli ultimi titoli
L’abbandono della Honda segna l’inizio di un periodo di crisi non indifferente per la scuderia, costretta ad arrangiarsi con i motori Ford e Peugeot, di qualità discreta. La McLaren odierna vorrebbe ripercorrere la sua strada a ritroso, insomma: oggi, scindere il contratto con la Mercedes per essere motorizzata dalla Ford a partire dal 2026; ieri, gettarsi nelle braccia della Mercedes per tornare a vincere.
Non possiamo dimenticarci di Mika Hakkinen, laureatosi due volte campione del mondo con la McLaren nel 1998 e nel 1999, giudicato dallo stesso Michael Schumacher come uno dei suoi più agguerriti rivali.
Arriviamo così agli anni 2000: il dominio della Ferrari, l’ingaggio di Kimi Raikkonen, il ritorno dei problemi di affidabilità. La McLaren si ritrova in una vera e propria crisi, e gli eventi del 2007 peggiorano soltanto la situazione.
“Il Consiglio Mondiale ha trovato il team Vodafone McLaren Mercedes in possesso di informazioni confidenziali della Ferrari e ha quindi violato l’articolo 151c del Codice Sportivo Internazionale. Comunque, le prove sono insufficienti per dire che tale informazione sia stata usata e in che modo al fine di interferire in maniera impropria con gli esiti del mondiale di Formula 1. Per questo non commineremo penalità”.
Infatti, nessuna penalità è stata riservata ai piloti dell’epoca, Lewis Hamilton e Fernando Alonso, in cambio della loro completa e onesta collaborazione alle indagini. Nonostante la possibilità di continuare a lottare per il titolo, la stagione viene vinta dallo stesso Raikkonen, alla guida della rossa.
“Ma se in futuro rileveremo l’utilizzo delle informazioni Ferrari e la loro influenza sul campionato, ci riserviamo il diritto di invitare la McLaren di nuovo qui davanti al Consiglio Mondiale dove affronterà la possibilità di un’esclusione non solo dal mondiale 2007 ma anche da quello 2008. Il WMSC invita anche i signori Stepney e Coughlan ad esporre le ragioni per le quali non dovrebbero essere banditi dagli sport motoristici internazionali per un lungo periodo e il Consiglio ha delegato l’autorità di trattare l’assunto al dipartimento legale della FIA“.
Il 13 settembre del 2007 la FIA impone alla McLaren il pagamento di 100 milioni di dollari di ammenda. L’accusa era stata protratta a causa del rinvenimento di alcuni disegni della monoposto F2007 a casa del capo-progettista Mike Coughlan.
La McLaren si riscatta negli anni seguenti con il controverso titolo del 2008, il primo per l’ormai sette volte campione del mondo Lewis Hamilton. La ripresa sembra continuare, nonostante il dominio della Red Bull che consegna quattro titoli mondiali nelle mani di Sebastian Vettel. Poi, la discesa.
La crisi infuria nel 2015 con il fallimentare ritorno della Honda, influenzando negativamente la scuderia che chiude la stagione al penultimo posto. Il 2016 permette almeno di siglare la sesta posizione, nuovamente peggiorata l’anno seguente, che vede la McLaren tornare penultima. Nel 2018 la scuderia decise di affidarsi ai motori Renault, mentre Alonso annuncia il suo ritiro.
L’anno seguente vede Carlos Sainz (in qualità di ex pilota della Renault) e Lando Norris (già legato al team in quanto loro terzo pilota) alla guida di una McLaren che può tirare un sospiro di sollievo – la monoposto è nettamente migliorata, tant’è che lo stesso Sainz sale sul podio del GP del Brasile e la scuderia si piazza in quarta posizione nel Campionato Costruttori – prima, beh, di restare senza fiato.
La McLaren di oggi
Se il 2020 regala l’emozione della cerimonia di premiazione sul podio ad entrambi i piloti e un motore Mercedes, il 2021 – dopo tante peripezie – porta anche la prima vittoria per la scuderia dopo 9 anni, dove a salire sul gradino più alto del podio nel Tempio della Velocità è Daniel Ricciardo.
La relazione tra Ricciardo e la scuderia, però, non è altrettanto redditizia: gli scarsi risultati del pilota vengono ripagati dal team con una perdita di fiducia e rispetto. Zak Brown, CEO della McLaren, punta tutto su Oscar Piastri, giovane pilota già laureatosi campione del mondo di Formula 2 nel 2020.
E così, Piastri lascia l’Alpine, la scuderia che l’ha portato a muovere i primi passi nel mondo della F1, con il rischio di un processo legale a suo sfavore; Ricciardo ritorna alla Red Bull in qualità di terzo pilota; la McLaren deve pagare una buonuscita giusto di qualche milione a Daniel (oltre ai suoi tre piloti, ovviamente); la MCL60 promette bene solo secondo il parere di Norris.
Il GP del Bahrain ha aperto la stagione appena cominciata, niente meno che con un DNF per Oscar e una gita turistica della pit lane per Lando. Insomma, promette benissimo.
Ma si tratta solo della prima gara: sarà il Gran Premio di questa domenica a poter ribaltare tale pronostico! Magari il 2023 ha in serbo persino la prima vittoria per Lando. Ah, Daniel ne ha già otto.
Giulia, Giu per chiunque. 20 anni. Studentessa di lettere e fonte di stress a tempo pieno. Mi diletto nello scrivere di ogni (ma soprattutto di F1) e amo imparare. Instagram: @ xoxgiu