F1: l’odio dei Tifosi della Ferrari, malriposto contro la Red Bull

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Eccoci qua, a parlare ancora una volta dei Tifosi della Ferrari – non tutti in realtà – che non sanno tenere a freno la rossa e malevola lingua, per il proprio bene (e la propria dignità, forse forse) e per il rispetto di quello che tanto criticano ad una certa scuderia austriaca, il fair play.

Troppo cattiva? Può darsi.

La mia opinione potrà anche essere soggettiva, personale, di parte, ma i fatti non lo possono essere per definizione.

L’odio dei Tifosi della Ferrari, malriposto contro la Red Bull

La chiamavano sportività, quella che alcuni Tifosi accusano gli altri di non avere, ma solo quando é il Cavallino a restare giù dal podio. E per precisare, Charles Leclerc, Il Predestinato, perché acclamare il suo compagno di scuderia sarebbe già troppo pretenzioso per chi ha riposto tutte le sue speranze in un ragazzo, che alla fine, bisogna ringraziare che abbia un cuore grande grande, e un sogno che non intende mollare.

Lo stesso sogno che condividono tutti i piloti della categoria regina (tranne Yuki Tsunoda, che sarebbe molto più felice a capo di un ristorante, il suo, e con qualche Stella MICHELIN), e per cui ognuno di loro vuole lottare.

Ma Charles é recidivo, ricorda Sebastian Vettel, anche se Seb aveva già quattro titoli mondiali in tasca quando ha firmato con la Rossa: lui, quel titolo, lo vuole con la Ferrari.

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Fonte: Instagram @ charles_leclerc

Una Ferrari i cui Tifosi hanno caricato tante, troppe, aspettative sulle spalle del loro Predestinato, che già al sentire questo nome dovrebbero venirci i brividi: pensare che solo il pilota possa fare la differenza é una follia, e chi di loro lo crede ha un’immagine distorta persino di quella leggenda che é il vero idolo della Formula 1.

Michael Schumacher, sette volte iridato campione del mondo, é forse ciò che più si avvicina a quel Predestinato che tanto si osanna come tale, il trionfale ritorno del Cavallino rampante, valso comunque a Schumi uno stipendio da capogiro, sia che quei titoli fossero o meno arrivati a Maranello. Un pilota che ha riscritto la storia della massima categoria, ma che nessuno si sarebbe mai preso l’ardire di nominare Barone rosso prima ancora che avesse guidato una Ferrari.

Charles Leclerc è indubbiamente uno dei talenti che appartengono alla nuova generazione della F1, ma il problema risiede nel fatto che non si può – al momento – dire lo stesso della scuderia per cui corre. La presenza della Ferrari nel pinnacolo dell’automobilismo è invidiabile per storia e fama, però rifarsi ai vecchi giorni di gloria dopo un po’ stanca.

Eppure ciò che sembra stancare di più è il dominio (che non sembra aver voglia di esaurirsi) di una certa scuderia austriaca. Vi avevo già narrato di come la Red Bull avesse fondato il suo impero, erigendo così le sue radici persino nella categoria regina delle quattro ruote: voglio dubitare esista anima viva pronta a sostenere che la stessa scuderia di Milton Keynes non abbia nulla da invidiare a chi come la Ferrari questo sport l’ha costruito sin dalle sue origini, assolutamente. Metto le mani avanti.

Uno sport che di evoluzioni ne ha viste a bizzeffe.

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Fonte: Instagram @ charles_leclerc

Però, anche Max Verstappen ricorda Seb. Ma non quel Sebastian che ancora oggi si colpevolizza per non essere mai riuscito a diventare campione del mondo con la Rossa, no. Parlo di quel Sebastian che ha tenuto tra le mani la coppa più ambita della massima categoria per quattro volte di fila. Quel Sebastian che in realtà al pubblico non piaceva, perchè vinceva sempre. Quel Sebastian a cui si domandava sempre cosa provasse a sentire così tanti “appassionati” fischiare al suo arrivo. Quel Sebastian amato solo poi dai Tifosi, che persino i fans più giovani della Ferrari non avrebbero potuto sopportare.

Un po’ come Max, sommerso da insulti sprezzanti e gesti indecorosi, che si tratti di Monza o di Miami, non basta cambiare continente per perdere quella scia di odio che solo l’invidia può provocare. Lui che quella soglia dei quattro titoli potrebbe pure superarla, e il traguardo dei sette chissà.

Max Verstappen rientra in quella nuova generazione di talenti, sono già due le prove inconfutabili (e se volete parlare di Abu Dhabi, potremmo discutere per ore e ore, ma così anche dell’intero 2021 e il caso sarebbe già chiuso). Però a renderlo possibile, certo, anche un team d’eccellenza.

La Red Bull si è sempre avvalsa di forti personalità, di cui molti nomi suonano ormai familiari. Ingegneri, meccanici, strateghi, lo stesso Christian Horner, e per non parlare poi di chi resta un poco più nel dietro le quinte. Un muretto box in grado di sfruttare qualsiasi dato a proprio vantaggio e permettere così ai suoi piloti di correre al meglio delle loro potenzialità.

Capolavori come quello realizzato domenica tra le strade di Monte Carlo non sono frutto di fortuna o imbrogli.

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Fonte: Instagram @ redbullracing

L’erba del vicino è sempre più verde“, eh, sicuramente non è rossa. Errori di valutazione, strategie confuse, informazioni poco chiare, progetti fallati, disequilibrio tra i due garage. Come si può pretendere un Predestinato in tali condizioni? Ma neanche Carlos Sainz può fare chissà quali magie (esiste anche lui, grazie per l’attenzione).

E quindi l’orgoglio ferito come si può ricucire? Sfogando la propria frustrazione su chi quel gradino più alto del podio continua a raggiungerlo, ovviamente.

Perchè pensare a soluzioni tempestive, critiche costruttive, parole di supporto, quando si può spendere un paio di secondi per twittare su quanto Verstappen sia un pilota tremendo o come la Red Bull sia la rovina della F1. Per molti il giorno in cui la scuderia austriaca tornerà a fallire – perchè, ci tengo a sottolineare, gli alti e bassi ce li hanno avuti tutti cari Tifosi – sarà il più bello della loro vita. Ah, che vita spumeggiante allora (ancora troppo suscettibili per le battute sullo champagne? Ops).

Tutta la storia della Formula 1 è stata costellata di ere contraddistinte non solo dalle modifiche ingegneristiche apportate alle monoposto. Ci sono stati miti e rivalità che le hanno rese più interessanti per alcuni, meno per altri. Ci sono stati tantissimi cambi della guardia, a partire dallo strapotere delle case automobilistiche italiane, fino alla volta della Germania e dell’Inghilterra. Sono arrivati i grandi nomi le cui gesta si tramandano ancora oggi, al pari di eroi che indossavano caschi che nemmeno si potevano definire tali. Sono arrivati gli idoli a noi contemporanei, sono arrivati i piloti che hanno battuto ogni record inimmaginabile. C’era e c’è la Ferrari, ed è arrivata anche la Red Bull.

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Fonte: Instagram @ redbullracing

Ognuno ha diritto di vivere lo sport come più desidera, nel rispetto della sportività che designa la fede che un appassionato può tenere. Ergo, gli insulti sono giusto un po’ ridicoli. Lo penso solo io? Ho ragione di dubitarne. Incapaci di riconoscere qualcosa oltre al cieco “amore” tossico che contraddistingue chi l’appellativo di “Tifoso” nemmeno dovrebbe mantenerlo. Soprattutto se per voi tifare significa solo sostenere un certo monegasco. Si parla per esperienza diretta, purtroppo.

Nessuno vi vieta di appassionarvi alla NASCAR, per esempio, nel frattempo che aspettate che la F1 torni ad essere interessante.

Ma quella che vive in un modo utopistico sono io, che tifo una certa scuderia austriaca perchè sicuramente il mio pilota preferito è Max (ouch), e perchè sono una donna, cit. il Tifoso che ha fischiato alla monoposto N. 1 dagli spalti del Tempio della Velocità. A casa vostra, giusto?

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Fonte: Vladimir Rys

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