L’Italia che non va contro l’omotransfobia dell’Ungheria

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L’Italia non è fra i paesi che si sono uniti alla causa della Commissione europea contro la legge ungherese che «vieta la promozione dell’omosessualità» fra i minori. Non ci sorprende, ovviamente, considerando i rapporti che sia la premier Giorgia Meloni che il vice premier Matteo Salvini hanno con l’omofobo Viktor Orbán. Poi, ovviamente, non dobbiamo dimenticare che i partiti di cui sono leader hanno la stessa mentalità dell’Ungheria, in quanto ritenevano che anche solo parlare di omosessualità nelle scuole, rendesse i bambini omosessuali. Durante la discussione del DDL Zan, ne abbiamo sentite davvero di tutti i colori.

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Torniamo indietro nel tempo, quando Matteo Salvini ha incontrato sia Viktor Orbán, primo ministro dell’Ungheria, che Mateusz Moraviecki, primo ministro della Polonia dal 2017, decidendo di voler creare, loro tre insieme, un nuovo Rinascimento europeo. Un Rinascimento europeo con la Polonia che ha negato l’aborto alle donne e lo ha fatto durante una pandemia, scatenando una vera e propria rivoluzione ma fregandosene comunque, e che ha creato una carta della famiglia solo eterosessuale, e che considera gli LGBT come un’ideologia.

E con l’Ungheria, dove le persone transessuali non possono né fare transizioni né possono cambiare il proprio nome all’anagrafe. La stessa Ungheria che ha bloccato dei libri di favole con protagonisti LGBT, poiché «incoerente coi generi tradizionali». L’Ungheria di Orbán dove la famiglia è legale solo se è eterosessuale, dove l’omofobia è al centro delle campagne propagandistiche, dove le persone transgender non esistono per il governo. E di recente ha anche introdotto una nuova legge anti-LGBT. Facciamo una breve digressione su questa legge.

È stata ovviamente presentata dal partito di estrema destra del primo ministro Viktor Orbán, Fidesz. Tecnicamente, vuole tutelare i bambini dalla pedofilia, e vista così ci sembra anche una legge buona e giusta, praticamente però vieterà alle associazioni della comunità LGBT di promuovere i programmi educativi e diffondere informazioni sull’omosessualità o sulla possibilità di richiedere un intervento per fare la transizione da uomo a donna o viceversa. Ergo: gli omosessuali sono visti come dei pedofili. La legge vieta anche  adozioni da parte di persone gay, single e non sposate. Stabilisce anche che il governo «protegge il diritto dei bambini all’identità di genere in cui sono nati».

Vieta anche alle persone e alle scuole di introdurre o parlare di omosessualità, transgenderismo o qualsiasi topic LGBT prima dei 18 anni, quindi anche contenuti LGBT da parte di Ikea, Coca Cola, Netflix, qualsiasi media o social, e già ci sono stati alcuni problemi a riguardo: Ungheria: indagine su una serie Netflix per un bacio fra due personaggi femminili. In seguito a questa situazione, tre ONG hanno fatto una petizione contro l’Ungheria: no omofobia nell’Unione Europea, petizione arrivata alla Commissione Parlamentare… E completamente rifiutata dalla nostra Italia. O meglio, dal governo italiano.

L’assenza dell’Italia contro l’omofoba Ungheria

Quindici Paesi (Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Irlanda, Austria, Finlandia, Svezia, Slovenia, Grecia, Malta, Francia e Germania) hanno aderito alla causa per violazione dei diritti umani ed europei davanti alla Corte di Giustizia a Lussemburgo nei confronti dell’Ungheria e della sua legge lesiva per i diritti della comunità LGBT. La Commissione Europea insieme ai quindici Paesi nominati ha fatto causa a Viktor Orbán. Ma l’Italia, con molto imbarazzo, manca.

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Su La Repubblica leggiamo che il governo italiano avrebbe deciso di non prendere parte a quest’iniziativa perché riteneva poco fondata la “tecnica” del ricorso della Commissione, perché l’articolo 2 non sarebbe mai stato usato per giudicare l’incompatibilità di una norma nazionale con i Trattati. Quindi, secondo il Governo Meloni, sarebbe semplicemente un gesto dal valore esclusivamente politico. Eppure la condanna alla legge da parte di Giorgia Meloni non arriva. Non dice di essere contraria. Una legge che, tra l’altro, è molto, troppo, simile a quella emanata da Vladimir Putin in Russia.

Dall’opposizione arrivano dei commenti, per fortuna. Peccato però che al momento servano poco e niente. Riccardo Magi, segretario di +Europa, scrive su Twitter: «In Europa il gov. Meloni si schiera con Orban a difesa della vergognosa legge ungherese contro la comunità LGBTI+. Dopo lo stop alle registrazioni dei figli delle famiglie arcobaleno, un altro passo verso l’omofobia di Stato. Con Meloni l’Italia va in rotta di collisione con l’UE». A questo tweet, pensate, risponde Pro Vita e Famiglia, dicendo invece che «siamo dalla parte giusta della Storia».

Dello stesso partito, scrive Yuri Guaiana: «Mentre ben quindici Stati membri dell’Ue si uniranno al ricorso, l’Italia si schiera con Orbán e una minoranza di stati membri che si battono contro una società europea aperta e inclusiva. Con questa scelta il governo Meloni ha modificato la posizione del governo Draghi che aveva aderito alla dichiarazione del 17 maggio 2021 in cui si impegnava a proteggere i diritti fondamentali delle persone Lgbtq+ e alla lettera dei capi di Stato e di governo ai presidenti delle istituzioni europee del 24 giugno 2021».

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Anche Ivan Scalfarotto del partito che ha fatto cadere il governo precedente che poi ci ha portato a Giorgia Meloni premier, ovvero Italia Viva, scrive che questo è «il giorno della vergogna», e d’accordo è la collega Raffaella Paita: «Meloni continua ad isolare l’Italia schierandosi al fianco di Orban invece di contrastare la vergognosa legge anti Lgbtq+ insieme agli altri Paesi Ue, tra cui Francia e Germania. L’Italia non può essere condannata ad una posizione di irrilevanza da questo governo sovranista».

Claudio Uberti, presidente dell’associazione radicale Certi Diritti, commenta: «Addolora prendere atto che il governo Meloni, che sulla guerra in Ucraina ha scelto di stare dalla parte giusta della storia, al fianco dell’Ucraina e dell’Occidente, in materia di diritti, sceglie di stare insieme a Orban e Putin».

Da Gaynet parla Rosario Coco, presidente dell’associazione: «“15 Stati Ue sostengono causa contro legge ungherese anti-LGBT, alcuni dei quali con governi di centrodestra, ma il Governo Meloni fa finta di niente. Dobbiamo aspettarci anche in Italia una legge censura in pieno stile Minculpop che vieti di parlare di omosessualità a scuola? L’assenza dell’Italia è imbarazzante, anche perché molte forze politiche di centrodestra in Europa si stanno schierando contro Orban».

Continua poi: «Dopo l’attacco frontale alle famiglie arcobaleno, il tentativo in corso di respingere sistematicamente i migranti Lgbt+ e l’ossessione per la carriera alias nelle scuole, cos’altro dobbiamo vedere? Vietare di parlare di omosessualità e varianza di genere a scuola significa alimentare odio, stigma e ignoranza e censurare l’esistenza di persone in carne ed ossa, alcune delle quali hanno già tentato il suicidio. Questo è quello che ha fatto Orban. Ci dica ora Meloni cosa dobbiamo aspettarci, visto che il suo governo sta difendendo l’indifendibile».

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