Elliot Page ti chiediamo scusa per il giornalismo italiano

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Siamo nel 2021 ed Elliot Page, che lo scorso anno ha fatto coming out come persona transgender, chiedendo di usare i pronomi he/they per rivolgersi a lui, è ancora chiamato con “Ellen” (qualcuno scrive Ellen/Elliot), gli viene dato del femminile e lo si invalida come uomo. Qualcuno afferma addirittura che è la «morte di una donna». Ti chiediamo scusa, Elliot Page, perché anche se ci crediamo tanto superiori, anche se pensiamo di essere woke, anche se ci riteniamo tanto politically uncorrect, ancora non abbiamo imparato il rispetto per le persone e per la loro vita.

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Fonte: Elliot Page su Instagram

In effetti, una situazione del genere non è nuova in Italia. Ancora ricordo i titoli e sottotitoli quando Maria Paola fu uccisa dal fratello solo perché fidanzata con un ragazzo transgender. Quest’ultimo, per i giornali, era una lei. Erano fidanzatine. Erano lesbiche. Per alcuni, invece, due amiche. In quell’occasione sottolineammo che, sebbene non fosse la prima volta che una coppia di ragazze fosse chiamata amiche, in realtà Maria Paola e il fidanzato non lo erano: erano una coppia di fidanzati, un uomo e una donna. Non fidanzate, non lesbiche, non amiche.

E davvero nel 2021, con infinite fonti su internet, c’è bisogno di spiegare che non è come dice Pillon: una persona non si sveglia un giorno e diventa donna, avendo diritto a quote rosa o a iscriversi con lo sconto all’Università di Bari. Per fare una transizione, per essere riconosciuta come donna (o come uomo), ci vuole un percorso lungo anni. In questo percorso va di mezzo anche un giudice, che deve assicurarsi che tu davvero ti senta donna, che tu davvero non sia un uomo (e pensate quanto debba essere umiliante per una persona transgender dover provare di sentirsi in un certo modo).

I transgender non sono la morte di una donna, ma la rinascita di un uomo (e viceversa). Si chiama Elliot Page, non Ellen, e non ci importa del suo deadname o se su Wikipedia ci sono ancora le sue foto al femminile. Si chiama Elliot Page ed è un uomo, quanto lo è qualsiasi uomo cisgender. Si chiama Elliot Page e tu devi rispettarlo, come persona, come transgender e come uomo.

Ho letto su una rivista online che «liberarsi dei propri organi sessuali e riproduttivi è diventata una proclamazione di libertà» e, sebbene quell’articolo non lo vedesse in modo positivo, è proprio così: quando un transgender fa la transizione, è finalmente una persona libera, libera da tutto ciò che non era.

Elliot Page: il declino del giornalismo italiano

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Che il giornalismo italiano cerchi solo di fare click, visualizzazioni, cercando sempre di accontentare il potente, ormai lo abbiamo compreso. Lo abbiamo capito quando non si sono neanche sforzati di andare a leggere l’articolo originale su Biancaneve, lo abbiamo compreso quando continuavano a parlare delle bombe dei palestinesi ma non di tutti i morti palestinesi, e lo abbiamo capito anche quando hanno cominciato a dare le notizie a metà. Il problema è che se lo fa un utente qualsiasi, possiamo dargli giusto una strigliata. Ma un giornale non può permetterselo.

Allo stesso modo di come si cerchi di andare contro il politically correct giusto per aizzare le masse, per fare condivisioni da parte dei fan di alcuni politici, i giornali decidono di utilizzare il nome di Elliot Page (solo che in genere tendono a chiamarlo con il suo deadname) per fare qualche visualizzazione, per far indignare qualche utente. Dopo che lui, molto fiero, ha pubblicato una foto con un costume maschile, ho davvero letto lo schifo umano, ho davvero letto l’odio e la transfobia, magari dagli stessi giornali che il 17 maggio hanno parlato dell’odio omotransfobico.

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Fonte: Elliot Page su Instagram

«Ellen Page può eliminare il seno, può ingerire testosterone, può indossare il frac, ma la percezione di essere Elliot è un autoinganno perché era e rimane una donna, a prescindere dalla mutilazione, dall’abito, dal ruolo sociale e dall’orientamento sessuale», leggo su una testata online. «Una donna che perde le tette per una malattia non smette di essere donna. Ma se, Ellen, non vuoi essere una donna e ti togli le tette è quello che trasmetti a chi ti osserva e magari ti segue pure», scrive un’altra che conclude con «è la morte delle donne. Senza spargere sangue ma con meno violenza». Ma di cosa stiamo parlando?

Se una persona, che sia Elliot Page o il tuo vicino di casa, non si sente a proprio agio nel corpo e nell’identità in cui è nato, è liberissimo di cambiarsi per essere felice. Rinnegare il cambiamento di sesso, o addirittura l’orientamento sessuale, significa negare la felicità a queste persone. In più, cosa importa a voi giornalisti di come una persona si identifica? Per caso vi ferisce, vi uccide, vi fa del male? No, al massimo il contrario, perché con la vostra ignoranza e maleducazione, siete voi a ferire le persone transgender.

Il secondo pezzo, scritto da una donna, è davvero incommentabile. Come si può pensare di paragonare una transizione da donna a uomo all’esportazione di un tumore? Una donna che perde le tette per una malattia non smette di essere donna, è vero, peccato però che vi siate persi il passaggio in cui l’identità di genere di quella donna è femminile, mentre quella di Elliot Page è maschile. E in che modo la transizione sarebbe la morte delle donne? Per caso Elliot Page ha ucciso qualcuno?

Perché quello che ho notato è che trattate meglio i fidanzatini con il volto pulito che hanno ucciso la fidanzata, gli uomini feriti dal tradimento che hanno ucciso la propria moglie, o tutti gli uomini (italiani, ovviamente, altrimenti diventano colpevoli a prescindere) che hanno fatto del male alle proprie donne, rispetto a Elliot Page che, semplicemente, ha modificato il proprio corpo (il suo, non il vostro) in base a come si sente, a come si identifica. Magari la prossima volta proviamo a rileggere quello che scriviamo e domandiamoci: «potrei ferire qualcuno?».

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