Italia condannata da Strasburgo per pregiudizi sulle donne

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Ci pensiamo tanto progressisti, in Italia. Lottiamo contro il politicamente corretto, in Italia. Crediamo alla minima fake news purché sostenga la nostra tesi, in Italia. Scriviamo titoli click bait o che non c’entrano nulla con la notizia creando solo allarmismo, in Italia. E adesso siamo stati puniti e umiliati perché è quel che ci meritiamo. E ad umiliarci non è stato un giornale, un politico, bensì la Corte europea, in relazione a una sentenza di stupro del 2015 in cui gli stupratori erano stati assolti in secondo grado.

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Fonte: Pinterest

Sono più che sicura che ne avrete sentito parlare in questi giorni, è una «sentenza importantissima, quella emessa stamattina dalla Corte europea dei diritti umani, perché stigmatizza la delegittimazione delle vittime di stupro, ritenute corresponsabili delle violenze subite in base a valutazioni legate alla loro vita privata, che continuano a essere usate per motivare sentenze condiscendenti verso gli autori delle violenze, nonostante ciò sia vietato da norme interne e internazionali», ha detto Antonella Veltri, presidente dell’associazione contro la violenza sulle donne D.i.Re.

E sapete perché è una sentenza importantissima? Perché è uno schiaffo in faccia a tutti i giornali e i commentatori seriali che si permettono di fare victim blaming davanti a uno stupro. Se una ragazza subisce uno stupro o viene uccisa, al pubblico deve importante che un uomo ha stuprato una donna, non che lui aveva la faccia pulita, che era un bravo ragazzo o, ancora, che lei lo aveva tradito. Tantomeno ci importa che la ragazza indossasse una minigonna, un burqa o un jeans. Nel 2021 dovremmo comprendere che la colpa di uno stupro, è dello stupratore, e che la colpa di un omicidio/femminicidio è dell’assassino.

Se vogliamo dimostrare di essere “avanti” come cerchiamo di far credere quando critichiamo il politically correct perché ormai non si può dire più niente, allora smettiamola di incolpare le vittime. Che siano vittime di femminicidi, di stupro, di violenza domestica, di omofobia o di razzismo. La colpa di una violenza è sempre e solo di chi utilizza la violenza. Ci siamo tanto indignati per la satira francese, ma poi siamo i primi ad attaccare le donne italiane, solo che se lo fanno dall’estero non va bene, ma se lo fa Karen mamma pancina, invece sì.

Per questo motivo io sono felice. Sono felice delle parole della Corte Europea che ha accusato la Corte d’appello di Firenze di aver violato l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, che stabilisce che «ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza». Sono felice perché la ragazza stuprata ha finalmente ottenuto giustizia, perché ha ottenuto il rispetto che merita e che in Italia non è riuscita ad avere.

Lo stupro nel 2008

Il caso di cui si è occupata la Corte europea è quello del caso dello stupro di una ragazza nel 2015 (lo stupro è però avvenuto nel 2008), in cui sei ragazzi vennero assolti. Era luglio 2008, lei aveva 22 anni e i suoi stupratori fra i 20 e i 25, lei denunciò 4 giorni dopo e i colpevoli rimasero un mese in carcere e due ai domiciliari. Il processo terminò all’inizio del 2013 e condannava sei su sette accusati da 4 a 6 mesi di reclusione, ma poi gli avvocati ricorsero in appello e la corte di Firenze ha rovesciato la condanna poiché «il fatto non sussiste».

I giornali lo chiamavano «lo stupro della Fortezza da Basso», e avevano influenzato il caso con stereotipi sessisti che andavano contro la la ragazza. Infatti, le motivazioni principali con cui gli avvocati hanno convito i giudici a mettere in dubbio la versione della ragazza è un giudizio sulla sua vita privata e sessuale. Forse quello che i giudici dimenticano è che una ragazza, se vuole e se c’è il consenso, può avere rapporti con chi vuole (e allo stesso modo un ragazzo). Ma se manca il consenso, allora diviene uno stupro, anche nel caso lei abbia fatto sesso con 20, 30, 40 ragazzi in tutta la sua vita.

Sono molto commoventi le parole della ragazza in una lettera dopo la sentenza:

«Sono io la ragazza dello stupro della fortezza, sono io. Esisto. Nonostante abbia vissuto anni sotto shock, sia stata imbottita di psicofarmaci, abbia convissuto con attacchi di panico e incubi ricorrenti, abbia tentato il suicidio più e più volte, abbia dovuto ricostruir a stenti briciola dopo briciola, frammento dopo frammento, la mia vita distrutta, maciullata dalla violenza: la violenza che mi é stata arrecata quella notte, la violenza dei mille interrogatori della polizia, la violenza di 19 ore di processo in cui é stata dissezionata la mia vita dal tipo di mutande che porto al perché mi ritengo bisessuale.

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Fonte: Pinterest

Come potete immaginare che io mi senta adesso? Non riesco a descriverlo nemmeno io. La cosa più amara e dolorosa di questa vicenda é vedere come ogni volta che cerco con le mani e i denti di recuperare la mia vita, di reagire, di andare avanti, c’é sempre qualcosa che ritorna a ricordarmi che sì, sono stata stuprata e non sarò mai più la stessa. […]

Che poi quanti sforzi ho fatto per ritornare ad avere una vita normale, ricominciare a studiare, laurearmi, cercare un lavoro, vivere relazioni, uscire, sentirsi a proprio agio nel proprio corpo, nella propria città. E quante volte sono stata invece redarguita dal mio legale, per avere una “ripresa”. Per sembrare andare avanti, e non sconfitta, finita. “La vittima deve essere credibile”. Forse se quella volta avessi inghiottito più pasticche e fossi morta sarei stata più credibile? Forse non li avrebbero assolti?

Che poi quanti sforzi ho fatto per ritornare ad avere una vita normale, ricominciare a studiare, laurearmi, cercare un lavoro, vivere relazioni, uscire, sentirsi a proprio agio nel proprio corpo, nella propria città. E quante volte sono stata invece redarguita dal mio legale, per avere una “ripresa”. Per sembrare andare avanti, e non sconfitta, finita. “La vittima deve essere credibile”. Forse se quella volta avessi inghiottito più pasticche e fossi morta sarei stata più credibile? Forse non li avrebbero assolti? […]

Mi é stato detto, é stato scritto, che ho una condotta sregolata, una vita non lineare, una sessualità “confusa”, che sono un soggetto provocatorio, esibizionista, eccessivo, borderline. C’é chi ha detto addirittura che non ero che una escort, una donna a pagamento che non pagata o non pagata abbastanza, ha voluto rivalersi con una denuncia. […]

Sono stata offesa non solo come donna, per ciò che sappiamo essere accaduto. Ma come amica, dal momento in cui il capetto del gruppo era una persona che consideravo amica, e mi ha ingannato. Sono stata offesa dagli avvocati avversari e dai giudici come bisessuale e soggetto lgbt, che hanno sbeffeggiato le mie scelte affettive e le hanno viste come “spregiudicate”.

Sono stata offesa come femminista e attivista lgbt quando la mia adesione a una manifestazione contro la violenza sulle donne é stata vista come “eccessiva” e non idonea a una persona vittima di violenza, essendomi mostrata troppo “forte”. Sono stata offesa dalla corte e dagli avvocati avversari per essere un’artista e un’attrice (o per provarci, ad ogni modo), un manipolo di individui gretti che non vedono oltre il loro naso e che equiparavano qualsiasi genere di nudità o di rappresentazione che vada contro la “norma” (per es. scrivere uno spettacolo sulla prostituzione) alla pornografia. […]»

L’hashtag di solidarietà

Ai tempi, nel 2015, #NessunaScusa era twittato da tantissime persone su Twitter, le stesse che, ancora oggi, nel 2021, sono felici perché si riconosce come la ragazza sia stata discriminata per il proprio modo di vivere, perché le scelte (e non scelte, visto che non si sceglie il proprio orientamento sessuale) di vita di una persona non sono una scusa per commettere uno stupro.

Le parole della Corte europea

Il ricorso contro la sentenza di Firenze sullo stupro della ragazza, tra l’altro scritto da tre giudici di cui due donne, è stato presentato dalla vittima stessa, seguita dalle avvocate Sara Menichetti e Titti Carrano di D.i.Re. Queste ultime sottolineano che la decisione ai tempi fu presa «sulla base della presunta non credibilità della vittima a causa di una valutazione moralistica della sua vita privata», ed è stata accolta dalla Corte europea.

Secondo la Corte, infatti, «le autorità nazionali non hanno tutelato la ricorrente dalla vittimizzazione secondaria durante tutto il procedimento, di cui la redazione della sentenza è parte integrante» e, in più, «linguaggio e argomenti della Corte d’appello veicolano pregiudizi esistenti nella società italiana» mentre è «essenziale che le autorità giudiziarie evitino di riprodurre stereotipi sessisti nelle loro decisioni, di minimizzare le violenze di genere ed esporre le donne a una vittimizzazione secondaria usando argomenti colpevolizzanti e moralizzanti che possono scoraggiare la fiducia delle vittime nella giustizia».

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L’avvocata Titti Carrano ha affermato che «la sentenza di Strasburgo rende giustizia a tutte le donne che quando denunciano, devono affrontare un percorso giudiziario in cui subiscono vittimizzazione secondaria, con l’effetto di scoraggiarle dal presentare denuncia. La Corte di Strasburgo ritiene deplorevole e irrilevante il riferimento nella sentenza di assoluzione della Corte d’Appello di Firenze alla vita personale, alle attività artistiche culturali, all’abbigliamento e all’orientamento sessuale che sono poste alla base dell’attendibilità della testimonianza della donna, con una grave ingerenza nella sua vita privata».

Chissà se adesso, dopo che lo ha detto persino la Corte europea, anche i giornali smetteranno di provare a dare la colpa alla vittima. Perché anche solo dire che lui era un bravo ragazzo o che lei lo tradiva, è vittimizzare. Siamo nel 2021, se tu, donna, uomo, non-binary, uccidi o picchi qualcuno sei colpevole. Non siamo nel Medioevo, né al secolo scorso quando esisteva il delitto d’onore. Lo stupro deve essere punito con il carcere, che lei indossasse uno slip rosso o i mutandoni della nonna.

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