Non è la prima volta che ci ritroviamo a discutere dell’importanza della salute mentale nel mondo dello sport, e probabilmente non sarà neanche l’ultima considerando quanta strada c’è ancora da fare per fornirle il riconoscimento che merita.
Il ritiro di Simone Biles alle Olimpiadi di Tokyo 2020 aveva lasciato tutti quanti a bocca aperta, ma le parole della campionessa erano cariche di tutta la stanchezza che soltanto gli atleti a livello agonistico possono capire: “Devo fare ciò che è giusto per me e concentrarmi sulla mia salute mentale e non mettere a repentaglio la mia salute e il mio benessere“, aveva dichiarato una volta che la squadra di ginnastica artistica statunitense aveva perso contro il ROC (Russian Olympic Committee) in sua assenza. “Ho il peso del mondo sulle spalle“, aveva continuato su Instagram.
La confessione di Lando Norris, pilota di Formula 1, sul suo primo anno nella massima categoria attanagliato dal mostro della depressione aveva suscitato non pochi commenti sprezzanti da chi riteneva che la sua intervista al This Morning avesse il solo scopo di alzare l’attenzione sulla sua carriera, non potendo credere che un giovane ragazzo alla guida di una delle monoposto che tutti bambini di sognano sin da piccini, potesse provare quel tipo di sofferenza. Eppure Lando quell’attenzione non la cercava affatto, prima causa della sua condizione: “Era come se non sapessi cosa fare, sentivo il peso di tutti gli occhi puntati su di me“.
Avevamo ripreso in mano l’argomento quando il pilota di F1 Valtteri Bottas aveva confessato quanto fosse stato difficile per lui vivere la sua carriera nella categoria regina dell’automobilismo. La costante ricerca della competitività, infatti, è poi sfociata in un’ossessione per la perdita di peso, nel desiderio di abbandonare definitivamente il motorsport, ma soprattutto nella impassibilità di fronte alla prospettiva della propria morte: “Dovevo prendere un aereo e la mia ex moglie mi ha augurato che il volo andasse bene. Io le ho risposto dicendo che non importava se l’aereo si fosse schiantato, in tal caso sarei semplicemente morto. Questo è il tipo di pensieri che ho iniziato ad avere, come se niente avesse avuto più importanza“.
Ora, invece, è il caso di parlare di Helmut Marko.
La salute mentale in F1: un applauso ad Helmut Marko
Un applauso ad Helmut Marko per aver contribuito ancora una volta a dare alla Formula 1 un ambiente migliore.
Certo, la massima categoria dell’automobilismo a ruote scoperte non può dimostrarsi un connubio di fiori e caramelle, ma sostenere i piloti per permettergli di eccellere nel loro lavoro dovrebbe essere la prerogativa di tutti, senza alcuna forma di discriminazione o di derisione, ancor più ora che si corre sotto il motto di “We Race As One“: inserire un filo di ipocrisia anche qui, insomma.
Yuki Tsunoda, classe 2000, è un pilota attivo in F1 dal 2021 al volante dell’Alpha Tauri (ex Toro Rosso). È nel 2018 che entra a far parte del programma Red Bull Junior Team, costruendo la sua tela di rapporti con la scuderia austriaca e di conseguenza con il loro consulente e talent scout.
L’esordio nella categoria regina per Yuki si è rivelato piuttosto burrascoso: tra errori, incidenti e costi di riparazione, le pesanti ramanzine di Marko non sono mai venute a mancare. Il pilota si è trasferito in Italia proprio per ovviare a tali problemi, sottoponendosi finalmente ad un allenamento più costante che sarebbe servito ad ottenere migliori risultati soprattutto in pista.
Il carattere di Yuki è ormai noto a tutti gli appassionati della F1, grazie anche ai suoi riconoscibili team radio, e le sue prestazioni sono quelle che si possono studiare ogni week-end di gara: questo sarebbe bastato a Marko per additarlo con l’epiteto di “ragazzino problematico” alla vigilia del Gran Premio d’Austria.
“Abbiamo ingaggiato un psicologo per lavorare con lui perché continua a sbraitare in curva e questo ha inficiato le sue prestazioni“, avrebbe rivelato Marko, “Dovremmo tenere sotto controllo le nostre emozioni. Grazie a Dio Max è calmo, mentre il nostro bambino problematico è Tsunoda. Esplode alla radio“.
La dichiarazione lascia perplessi non per i motivi che Helmut si aspetterebbe: la figura della psicologo ancora oggi viene stigmatizzata al punto da essere utilizzata come una beffa ai danni del paziente, che prima di essere tale è un umano come tutti gli altri.
Lascia perplessi e infastiditi, perché Marko non era nella posizione di poter rivelare un’informazione così personale ai media (c’è un motivo se lo psicologo non ci saluta per primo se ci incontra per strada in allegra compagnia, e quel motivo richiama alla privacy, al segreto professionale, alla possibilità di rendere partecipi del nostro percorso solo chi desideriamo).
Lascia perplessi e ancora più infastiditi che questa informazione sia stata utilizzata per illustrare la condizione di chi è stato definito come “ragazzino problematico“, contribuendo a condannare l’importanza della salute mentale nel mondo dello sport.
Se queste parole provengono poi da un personaggio celebre per le sue uscite più razziste che ironiche, siamo alla frutta: “Max è un po’ più rilassato al riguardo. Perez è un po’ spaventato. Però vivere a Città del Messico non è molto più sicuro“.
La citazione contestualizzata richiama al GP d’Arabia Saudita 2021, quando un attacco proveniente dai ribelli Huthi dello Yemen aveva colpito la struttura del colosso petrolifero Aramco, situata a poca distanza dal circuito. L’infelice battuta era stata seguita dal commento di Toto Wolff, team principal della Mercedes, altrettanto mal giudicato dalla popolazione saudita: “Per noi è accettabile correre a dieci miglia da dove c’è un razzo drone che viene sparato contro un impianto petrolifero? Certamente no. Ma qui, all’interno della loro cultura, queste sono cose che succedono“.
Il terribile approccio al declassamento di Pierre Gasly in Alpha Tauri (“Gasly ha problemi nel traffico. Perde posizioni e fa fatica a superare. Quindi abbiamo dovuto reagire e dare ad Albon una possibilità fino alla fine della stagione“) e la ramanzina toccata a Jaime Alguersuari (“Tutto questo è inammissibile“) in occasione delle prove libere del Gran Premio di Corea 2011, che per anni è stato giudicato come la pubblica ammissione del licenziamento del ex pilota della Toro Rosso, sono solo altri esempi della malsana presenza di Helmut Marko nella scuderia.
La psicologia dello sport non è una burla
Lo psicologo dello sport esiste, e non è un turlupinatore. L’ha spiegato Ambra Nagliati, psicologa dello sport di Orangogo, per le penne della Gazzetta dello Sport: “Lo psicologo dello sport si occupa della preparazione mentale e della preparazione alla gara di atleti e/o squadre, lavorando con loro sull’allenamento di numerose abilità mentali come, ad esempio, l’attenzione, la gestione delle emozioni, la comunicazione. In altre parole, sviluppa e applica tecniche che permettano di massimizzare le risorse dell’atleta e/o della squadra e la loro probabilità di raggiungere gli obiettivi“.
“Promuove inoltre il benessere psicofisico di qualsiasi atleta, che sia un bambino, un ragazzo o un adulto. Lo psicologo dello sport si occupa della preparazione mentale e della preparazione alla gara di atleti e/o squadre, lavorando con loro sull’allenamento di numerose abilità mentali come, ad esempio, l’attenzione, la gestione delle emozioni, la comunicazione. In altre parole, sviluppa e applica tecniche che permettano di massimizzare le risorse dell’atleta e/o della squadra e la loro probabilità di raggiungere gli obiettivi. Promuove inoltre il benessere psicofisico di qualsiasi atleta, che sia un bambino, un ragazzo o un adulto“.
La Formula 1 dovrebbe aver imparato che con la salute mentale dei propri beniamini non si dovrebbe scherzare, eppure casi come quelli di Marko sembrano all’ordine del giorno, dall’interno del paddock così come dagli stessi tifosi.
E noi siamo al corrente di una piccolissima parte dei problemi che si possono riscontrare lavorando in un ambiente dalle aspettative così alte e dalla competizione ancora più aspra come quello dello sport a livello agonistico, dove il motorsport non fa eccezioni.
Proprio di questi giorni è il post pubblicato su Instagram da Michael Italiano, personal trainer del pilota della McLaren Daniel Ricciardo, che vuole ancora una volta porre l’accento sul rispetto della salute fisica, così come di quella mentale:
Giulia, Giu per chiunque. 20 anni. Studentessa di lettere e fonte di stress a tempo pieno. Mi diletto nello scrivere di ogni (ma soprattutto di F1) e amo imparare. Instagram: @ xoxgiu