F1, Valtteri Bottas e la salute mentale nello sport: “Non importava se l’aereo si fosse schiantato, in tal caso sarei semplicemente morto”

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Non è la prima volta che ci si interroga su quanto soffra realmente la salute mentale di un atleta, sottoposta a ritmi e aspettative più alte di quanto può essere tollerabile per un semplice essere umano. Ne abbiamo parlato assieme già parecchie volte, oggi però il protagonista è diverso: Valtteri Bottas, pilota di Formula 1, al volante della Mercedes dal 2017.

L’importanza della salute mentale nello sport

Non è la prima volta che discutiamo di quanto si possa arrivare a destabilizzare la salute fisica, ma anche (e soprattutto) mentale di un atleta: ne abbiamo parlato dopo il ritiro di Simone Biles, ginnasta vincitrice di cinque titoli mondiali, dai Giochi olimpici di Tokyo 2020 (“Mi sento come se dovessi sostenere il peso del mondo sulle mie spalle” e “Devo fare ciò che è meglio per me e pensare alla mia salute mentale, perché voglio stare bene e perché c’è una vita oltre la ginnastica“), ma anche dopo le rivelazioni rilasciate da Lando Norris colpito dalla depressione nel suo primo anno in F1 (“Era come se non sapessi cosa fare, sentivo il peso di tutti gli occhi puntati su di me”).

La sensazione di dover sostenere un “peso” talmente ingombrante da sviluppare sensazioni di disagio, disturbi d’ansia e pensieri depressivi, è il fattore comune che lega tutti gli sportivi che hanno deciso di aprirsi a quello stesso mondo che gli pone su un piedistallo e al contempo gli accompagna al bordo di un precipizio.

Si è sempre promossa l’attività sportiva come prevenzione per questi disturbi, elogiando i benefici psicologici dello sport. Ma lo sport a livello agonistico è tutta un’altra storia.

Eppure la salute mentale di un atleta incide fortemente sulla sua prova fisica: l’aspetto psicologico completa quello fisico, tecnico e tattico di una prestazione sportiva. Invece, al giorno d’oggi si dibatte ancora sulla necessità di introdurre in un team la presenza della figura dello psicologo. Non tutti gli enti sportivi dispongono di professionisti nel campo della salute mentale.

Valtteri Bottas è solo l’ennesimo caso che dimostra la gravità di questo problema, ancora profondamente ignorato nel mondo dello sport.

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Fonte: Instagram @ valtteribottas

Valtteri Bottas: “Non importava se l’aereo si fosse schiantato, in tal caso sarei semplicemente morto.

Valtteri Bottas, pilota attivo in Formula 1 con la Williams dal 2013 e successivamente con la Mercedes dal 2017, ha deciso di raccontare la sua provata esperienza al quotidiano tabloid finlandese di Iltalehti, vissuta con la costante ricerca della competitività che è sfociata in un’ossessione della perdita di peso, nel desiderio di abbandonare definitivamente il motorsport, ma soprattutto nella impassibilità di fronte alla prospettiva della propria morte.

Dovevo prendere un aereo e la mia ex moglie mi ha augurato che il volo andasse bene. Io le ho risposto dicendo che non importava se l’aereo si fosse schiantato, in tal caso sarei semplicemente morto. Questo è il tipo di pensieri che ho iniziato ad avere, come se niente avesse avuto più importanza“, così ha rivelato Valtteri.

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Fonte: Instagram @ valtteribottas

Nel 2014 ho portato me stesso in un grave stato di affaticamento, puramente per la mia testardaggine. Allora dovevamo ridurre il nostro peso al minimo, e ho perso completamente il controllo. Dovevo pesarmi ogni mattina e sera, e il peso era sempre minore. Era una bella sensazione, ma ero fissato, delle volte completavo un esercizio di corsa due volte: una con il mio allenatore, l’altro da solo, senza farmi vedere. Pensavo che mi avrebbe fatto bene, ma alla lunga ovviamente non è stato così“.

Prima ho avuto problemi fisici. Mi stancavo molto facilmente e non riuscivo a dormire. Ogni notte mi svegliavo alle 4 del mattino e non riuscivo a riaddormentarmi. Questo ha influito sul mio benessere mentale: quando hai tolto ogni briciolo della tua forma fisica, anche il tuo lato mentale si svuota. A un certo punto Emilia mi ha detto che avrei dovuto cercare un aiuto, perché non ero più me stesso“.

Ero diventato una specie di fantasma e anche la morte di Jules Bianchi è stato un colpo duro: mi ci sono voluti due anni per recuperare. Ho sofferto di aritmia e alcune volte ho pensato che fosse la fine. C’è stato un periodo in cui ho cominciato a sentirmi svuotato. Tutta la mia vita era la F1 e non mi piaceva per niente. Ho pensato a smettere“.

Qualcosa doveva cambiare, ho preso troppe cose troppo sul serio. Mi sono fatto aiutare, ho cominciato a prendere tutto con più leggerezza. E piano piano ho ritrovato la mia forma“.

Fortunatamente, dopo aver seguito il consiglio di Emilia Pikkarainen, la sua ex moglie, Valtteri ha cercato aiuto in un professionista, ritrovando la forza per tornare a vivere.

Bottas dalla prossima stagione correrà al volante dell’Alfa Romeo, al fianco della new entry Zhou Guanyu.

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Fonte: Instagram @ valtteribottas

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