Vi abbiamo più volte parlato della situazione dei diritti umani e civili in Polonia. Abbiamo seguito la tragica situazione delle zone LGBT Free, con alcune regioni che hanno deciso di fare un passo indietro e altre invece che stanno tenendo duro. Abbiamo gioito quando l’UE, dopo diversi tweet (inutili) ha finalmente deciso di intervenire e ha dato una sorta di ultimatum al paese più omofobo d’Europa: o rispettate i diritti di tutte le persone a prescindere dall’orientamento sessuale, o non avrete il Recovery Fund. Eppure, nonostante tutto, la Polonia continua con l’omofobia e siamo quasi arrivati alla Polexit.
Partiamo dal principio. Il problema omofobo in Polonia non è da sottovalutare e non lo è ormai da mesi, da più di un anno da quando è stata introdotta la Carta della Famiglia polacca che però prendeva in considerazione solo la famiglia eterosessuale. Si sono aggiunte poi tante situazioni, come, ad esempio, i vescovi che volevano guarire gli omosessuali tramite delle cliniche create ad hoc. Il colmo lo si è però raggiunto con le LGBT-Free zones.
Cosa sono le LGBT-Free zones? Sono delle città o addirittura comuni conservatori che hanno firmato delle dichiarazioni negli ultimi tre anni affermando di essere «liberi dall’ideologia LGBT» oppure semplicemente sostenendo il «matrimonio tradizionale», insomma, in altre parole, essendo degli omofobi. A riguardo si è anche espressa a marzo scorso Ursula von der Leyen, Presidente della commissione europea, che in un tweet ha scritto «Essere noi stessi non è un’ideologia. È un’identità. Nessuno può portarcelo via», allegando la bandiera LGBT.
In seguito a ciò, l’Unione Europea ha scelto di intervenire. «L’uguaglianza e il rispetto della dignità e dei diritti umani sono valori fondamentali dell’Ue, sanciti dall’articolo 2 del trattato dell’Unione europea. La Commissione utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione per difendere questi valori», ha scritto l’esecutivo europeo annunciando l’avvio della procedura d’infrazione. «La Commissione sta avviando procedure di infrazione contro l’Ungheria e la Polonia in relazione all’uguaglianza e alla tutela dei diritti fondamentali», hanno scritto ancora.
Ma la situazione non è poi così migliorata. Jan Duda, presidente dell’assemblea regionale di Małopolska, ad esempio ha un’idea molto chiara sul non da farsi: «Alcuni barbari vogliono spogliarci dei fondi che sono cruciali per le nostre famiglie per vivere bene, ma questi sono soldi che ci meritiamo, non è una sorta di carità», ha detto il padre del Presidente, sostenuto anche dall’arcivescovo Marek Jędraszewski (è colui che in passato paragonò l’omosessualità alla peste nera). Altre regioni invece si sono arrese, come quelle di Swietokrzyskie, Podkarpacki, Lublin, Małopolskie. Ma ora la situazione è di nuovo degenerata.
Polonia contro le norme Ue, verso il Polexit?
Immagina essere la Polonia, uno stato non poi così ricco, e voler seguire i passi della Gran Bretagna, uno stato molto più ricco ma che si trova comunque con l’acqua alla gola dopo aver lasciato l’Unione Europea, sebbene tutti ancora la lodino. Abbiamo già visto (Brexit: nel Regno Unito mancano birra e manodopera) quali sono state molte delle conseguenze, per cui come mai la Polonia non si rende conto che c’è un problema? Che loro non ce la farebbero? Forse è masochismo? Davvero il loro desiderio di essere omofobi e discriminare è superiore rispetto a quello di volere i soldi?
Il Commissario europea alla Giustizia, Didier Reynders, ha affermato di aver «ricevuto alcune informazioni durante la riunione ed è troppo presto per reagire, ma siamo preoccupati per questa situazione perché la nostra posizione è quella di difendere la supremazia del diritto europeo». Rassicura comunque dicendo che «continueremo a usare tutti gli strumenti a nostra disposizione per difendere tale principio». Quello a cui si riferisce è la decisione di Varsavia che porta alla Commissione europea di appellarsi all’articolo 7.
Il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione europea e previa approvazione del Parlamento europeo può constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2, dopo aver invitato tale Stato membro a presentare osservazioni.
Qualora sia stata effettuata la constatazione di cui al paragrafo 2, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio.
Art.7
In realtà ricordiamo anche che per arrivare a espellere uno stato dall’Unione Europea serve il voto all’unanimità, e sappiamo benissimo che l’Ungheria di Viktor Orbán va a braccetto con la Polonia di Andrzej Duda, per cui si coprono le spalle a vicenda. Solo che la Commissione Europea questa volta non ha intenzione di non intervenire e potrebbe davvero sospendere tutti i finanziamenti europei. Cosa ha portato però a questa situazione? Cosa ha deciso la Polonia?
La Corte guidata dalla giudice Julia Przylebska (è la stessa che ha reso illegale l’aborto), ha stabilito che alcuni regolamenti dell’Ue non sono compatibili con la Carta dello stato polacco. «Dichiarando che i trattati dell’Ue non sono compatibili con la legge polacca, il Tribunale Costituzionale illegittimo della Polonia ha messo il Paese sulla strada della Polexit», ha affermato Jeroen Lenaes, portavoce per la Giustizia del gruppo del Ppe nel Parlamento Europeo.
«A maggior ragione dato che ha pronunciato il suo verdetto su richiesta del primo ministro Mateusz Morawiecki. È difficile credere alle autorità polacche e al Pis quando sostengono che non vogliono mettere fine all’appartenenza della Polonia all’Ue», ha aggiunto. Didier Reynders, invece sottolinea che «la nostra posizione è chiara. La legge dell’Ue ha il primato su quella nazionale. Le decisioni della Corte di giustizia dell’Ue sono vincolanti. La Corte di giustizia è l’unica che può stabilire. Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione per proteggere».
David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, invece ha scritto su Twitter: «La sentenza di oggi in Polonia non può restare senza conseguenze. Il primato del diritto Ue deve essere indiscusso. Violarlo significa sfidare uno dei principi fondanti della nostra Unione. Chiediamo alla Commissione europea di intraprendere l’azione necessaria». Ma la situazione è tragica anche in Ungheria, dove la ministra della Giustizia Judit Varga continua a paragonare la violenza sui minori con l’omosessualità. Che amarezza questo 2021. Non ci resta che sperare l’Unione Europea riesca a prevalere su Polonia e Ungheria.
La Corte Costituzionale in #Polonia dice che vi sono incompatibilità fra i trattati dell'#UE e la costituzione polacca, (nodo centrale: supremazia diritto ue) quando la stessa corte di Varsavia è ad uso e consumo del Governo, alla faccia della separazione dei poteri.
— Marco (@marcusoloc) October 7, 2021
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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