“Non siete felici della sentenza di Filippo Turetta?”, “Ha ottenuto quello che si merita“, “Giustizia è stata fatta” e qualcuno che invece avrebbe preferito la pena di morte. Questi sono i commenti generali sotto i post e gli articoli che raccontano della sentenza del ragazzo che ha ucciso Giulia Cecchettin più di un anno fa, con 75 coltellate e a cui è stata data l’aggravante di premeditazione, sequestro di persona e occultamento di cadavere, ma non quelle di crudeltà e stalking. Ma non siamo felici: non possiamo essere felici se dal femminicidio di Giulia altre donne sono state uccise; non possiamo essere soddisfatte finché non si cercheranno modi per prevenire e salvare le donne prima che vengano uccise.
Non possiamo esserlo finché il governo italiano non riconoscerà l’esistenza del patriarcato e la sua responsabilità nella mentalità di ogni femminicida. «La visione ideologica vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato. Ma come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia la famiglia fondata sulla eguaglianza», ha affermato il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. Nello stesso intervento, dà la colpa dei femminicidi agli immigrati. Ma Filippo Turetta è italiano. Ma Alessandro Impagnatiello è italiano. Ma Giulio Camilli è italiano. Ma Vincenzo Carnicelli, Christian Sodano, Gianluca Molinaro, Stefano Del Re e tanti altri, sono italiani. Con che coraggio, ministro? Con che coraggio.
Dice bene Gino Cecchettin: «La mia sensazione è che abbiamo perso tutti come società. Non sono né più sollevato né più triste rispetto a ieri o domani. È una sensazione strana, pensavo di rimanere impassibile. È stata fatta giustizia la rispetto, ma dovremmo fare di più come esseri umani. La violenza di genere va combattuta con la prevenzione, con concetti forse un po’ troppo lontani. Come essere umano mi sento sconfitto». E come esseri umani dovremmo accettare l’esistenza e combattere di conseguenza il problema del patriarcato, per poter prevenire la violenza di genere. Per fare comprendere alle ragazzine che non è normale.
Perché è facile scrivere articoli, post, news, messaggi con messaggi come: Donne, non andate all’ultimo appuntamento.Donne, non bevete. Donne, non indossate gonne troppo corte o maglie troppo scollate.Donne, denunciate.Donne, chiedete aiuto. Ma mai che qualcuno dica:Uomini, non uccidete. Uomini, educatevi. Perché solo con l’educazione al rispetto e ai sentimenti possiamo salvare le donne, giovani, adulte, anziane; ma finché si continueranno a sognare relazioni alla 365 giorni o alla After, finché si cercherà la gelosia ossessiva, finché non ci renderemo conto che non è normale che ci venga chiesto un messaggio ogni 30 secondi o la condivisione della nostra posizione per sapere dove ci troviamo costantemente, il problema persisterà. E altre figlie, sorelle, madri, amiche, verranno uccise.
Giulia Cecchettin non avrà giustizia finché i Filippo Turetta cammineranno per le strade
È facile dire: ma io non lo farei mai, io sono un bravo ragazzo, io rispetto tutte le persone. È altrettanto facile, a quanto pare, indignarsi sotto un post in cui si parla di un ennesimo femminicidio dicendo che anche le donne uccidono. È persino facile scrivere che la colpa è degli immigrati o quel “sì ma di che nazionalità è???“, come se il problema fosse la nazionalità e non che l’ennesimo uomo ha ucciso una l’ennesima donna. Ma è così difficile comprendere che il problema di fondo sta nell’educazione e nella prevenzione? Basta fare un giro nei social per capire che viviamo in una società che si rifiuta di comprendere che alla base di ogni femminicidio c’è il patriarcato.
Non commenterò le persone che difendono Filippo Turetta, che ci fanno meme sopra o che addirittura lo compatiscono perché era un ragazzo innamorato che soffriva; sono persone che non hanno mai amato, persone pericolose e che avrebbero bisogno di quella famosa educazione sentimentale. Purtroppo Twitter/X è un social che da un po’ di tempo è colmo di individui che vogliono, forse sperano persino, che ogni assassino sia malato, sia pazzo, li chiamano mostri, li chiamano disumani, e negano anche l’esistenza del patriarcato fra le colpe che li spingono a uccidere una propria compagna o ex compagna. Ma sono uomini. Sono ragazzi. Sono le persone che ci camminano accanto e che chiamiamo bravi ragazzi, finché non uccidono.
Quando Giulia Cecchettin era solo scomparsa, si parlava dei fidanzatini, della fuga romantica, dei bravi ragazzi, ci prendevano in giro perché “noi sapevamo già” come sarebbe andata a finire, e quand’è andata esattamente come temevamo, non hanno avuto neanche la dignità di tacere ma hanno continuato a cercare scuse su scuse. Giulia Cecchettin non avrà giustizia finché ogni singolo di questi individui non sarà educato. Finché una ragazza sarà tormentata dal proprio fidanzato o dal proprio ex, finché ci saranno uomini che pretenderanno una foto ogni ora, un messaggio ogni tot per controllarle, finché pretenderanno di essere gli unici per la propria fidanzata, Giulia non avrà giustizia.
Finché si pretenderanno le scuse da Filippo Turetta (scuse che, sì, non servirebbero a nulla ma che lui comunque non ha dato) ma non si proverà minimamente ad andare nelle scuole e nelle università per far comprendere che certi comportamenti non sono normali, Giulia Cecchettin e tutte le vittime di femminicidio, non avranno giustizia. Finché non si dirà che non è normale che un fidanzato decida per te le tue amicizie, decida come tu debba vestirti, decida se devi lavorare o no e che lavoro devi fare, decida di venire a tutti i tuoi impegni, anche in quelli in cui non c’entra nulla, non ci sarà giustizia.
Finché ci saranno commenti come “Filippo Turetta non esiste” o che empatizzano con gli assassini, non ci sarà giustizia. Non è normale che voglia leggere i vostri messaggi sul vostro cellulare, non è normale che dica che si ucciderebbe se voi lo lasciaste, non è normale che non voglia parlare dei problemi della relazione, non è normale che minimizzi le vostre emozioni dicendovi che siete esagerate, non è normale che insista per avere dei rapporti sessuali con lui e se vi rifiutate vi fa pressione psicologica (il consenso, ricordate, deve essere volontario). E non è normale che vi faccia sentire in colpa se volete andare avanti e volete vivere.
Questo, caro Ministro dell’Istruzione e del Merito, dovrebbe essere insegnato alla scuole. Dovrebbe essere insegnato il rispetto e l’amore, perché spesso sui social e nelle famiglie si vede tutto il contrario e quindi si fa passare per normalità l’ossessione e la violenza, e chi osteggia l’educazione all’affettività sono spesso quelle persone che ancora vivono in un contesto patriarcale e ne ottengono solo vantaggi per se stessi. Facciamo minuti di silenzio, e minuti di rumore, ma solo educando possiamo realmente cambiare la situazione. Caro Ministro, anzi, cari e care Ministri e Ministre, cara Presidente Meloni, siamo stanche dei discorsi strappalacrime dopo che una donna viene uccisa. Vogliamo giustizia. E vogliamo vivere.
Nulla mi toglie dalla testa che a Turetta dell’ergastolo non importi nulla, a lui basta che Giulia non possa dare il suo cuore a nessun altro.
— ✈️🚀 (@stefanogv79) December 3, 2024
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull’italiano standard e neostandard, “paladina delle cause perse” e studentessa di Didattica dell’Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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