I formaggi e i prodotti vegani fanno più paura della guerra

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Nel mondo dell’alimentazione, la definizione delle parole sembra essere diventata un campo di battaglia… Anzi, se fosse una guerra, sicuramente non avrebbe le stesse attenzioni – ma inferiori. Questo è evidente nel caso di un caseificio vegano italiano, che recentemente ha dovuto affrontare una diffida da parte del Ministero dell’Agricoltura. Il motivo? Non potrà più utilizzare il termine “formaggio vegano” per descrivere i suoi prodotti, poiché questi non derivano dal latte animale. Un episodio che evidenzia come, paradossalmente, alcuni prodotti alimentari alternativi sembrano suscitare più timore delle questioni ben più drammatiche che affliggono il mondo, come la guerra in Palestina.

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Non muovono un dito per salvare migliaia di persone bombardate da uno Stato criminale, non fanno neanche un minimo post per fare sapere alla popolazione quello che pensano e come vogliono intervenire, ma si scagliano contro un’attività che semplicemente produce dei prodotti senza alcun tipo di violenza. Queste, le priorità del Governo Meloni, del Ministro Lollobrigida che è arrivato a diffidare il Caseificio Vegano di Barbara Ferrante, che ha poi raccontato la storia su TikTok, cercando supporto dalla popolazione. Ci chiediamo: il ministro se la prenderà anche con il salame al cioccolato?

Dicono che lo si fa per gli anziani, per gli italiani che non leggono le etichette, ma non basterebbe forse semplicemente leggerle? La mia laurea in Lettere Classiche mi costringe a parlare della parola formaggio, che deriva dal grecophormos, ovvero la cesta in cui il prodotto prendeva la sua “forma”, perciò, a livello di termine, non c’è davvero niente che lega la parola formaggio al latte animale, se non la semplice abitudine umana di utilizzare prodotti animali per i propri scopi e per la propria dieta. Perciò, caro Ministro, perché fare una guerra a chi semplicemente produce prodotti alternativi non nascondendo che non derivano dalla violenza e dai maltrattamenti nei confronti degli animali?

La vicenda del caseificio vegano raccontata su TikTok

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Il video pubblicato su TikTok dal Caseificio Vegano ha fatto rapidamente il giro del web, attirando l’attenzione su un problema che sembra a tratti surreale. La proprietaria racconta con amarezza e ironia come l’azienda sia stata costretta a modificare le denominazioni dei suoi prodotti. Formaggi vegani, mozzarelle vegetali, e altre alternative al latte animale non potranno più essere chiamati con nomi tradizionali che richiamano i latticini, nonostante chiunque entri in quel caseificio è cosciente del fatto che non siano prodotti animali, in quanto chiaramente scritto.

La nostra è un’impresa basata sull’etica. Siamo convinti che se le persone prendessero coscienza dell’orrore che si nasconde dietro i prodotti di origine animale il nostro modo di alimentarci cambierebbe. Noi vogliamo essere parte attiva di questa trasformazione e proponiamo a chi desidera affrontare ilcambiamentouna via fatta di sapori nuovi, ma al tempo stesso antichi. È a questofuturosenza violenzache vogliamo dare il nostro contributo.

Caseificio Vegano

Questa restrizione si basa su normative europee e nazionali che proteggono le denominazioni legate ai prodotti di origine animale. Lo scopo dichiarato è evitare confusione nei consumatori, ma molti sostengono che si tratti più di una mossa per tutelare gli interessi dell’industria casearia tradizionale. Questa vicenda apre una riflessione più ampia: perché i prodotti vegani, che rappresentano un piccolo segmento del mercato alimentare, generano una reazione così forte? Forse perché sfidano l’idea tradizionale di cibo e la struttura economica consolidata dietro l’industria animale.

In un periodo storico segnato da guerre, crisi ambientali e disuguaglianze sociali (e potremmo anche parlare di come l’Italia sia l’unico Paese europeo in cui negli ultimi vent’anni gli stipendi non solo non sono aumentati, ma sono addirittura diminuiti mentre, al contrario, affitti e tasse salgono e salgono ancora), è paradossale che le energie vengano impiegate per questioni come la definizione di un formaggio vegano. La paura del cambiamento e dell’innovazione sembra superare la volontà di affrontare i problemi urgenti del pianeta.

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Nonostante le difficoltà, il settore dei prodotti vegetali continua a crescere, spinto dalla crescente consapevolezza dei consumatori riguardo alla sostenibilità ambientale e al benessere animale. Le aziende vegane, sebbene ostacolate da normative restrittive, trovano modi creativi per promuovere i loro prodotti e sensibilizzare il pubblico. Questo episodio potrebbe addirittura trasformarsi in un boomerang per chi cerca di soffocare l’innovazione: la pubblicità generata da queste controversie spesso finisce per rafforzare l’immagine dei marchi vegani, attirando nuovi clienti curiosi di provare alternative più sostenibili.

Un altro aspetto interessante della vicenda è il contrasto tra la rapidità con cui vengono imposte restrizioni a settori emergenti come quello vegano e la lentezza nel rispondere a problematiche di ben altra portata, come la regolamentazione dei grandi inquinatori o la protezione delle risorse naturali. Questo mette in luce una priorità distorta nelle politiche economiche e sociali, che sembrano più orientate a proteggere interessi consolidati che a promuovere innovazione e sostenibilità. Tuttavia, la crescente consapevolezza dei consumatori dimostra che il cambiamento è inevitabile e che ostacolarlo rischia solo di ritardare un processo ormai in atto.

La storia del caseificio vegano è un esempio di come il linguaggio possa diventare un terreno di scontro in una società in evoluzione (e lo abbiamo visto con la presidente, la ministra, la sindaca). Tuttavia, mentre il mondo affronta sfide ben più gravi, come Israele che bombarda la Palestina e il Libano, appare surreale che i nomi dei prodotti vegetali vengano considerati una minaccia. Forse, è tempo di concentrare le energie su ciò che davvero conta: costruire un futuro più equo e sostenibile per tutti.

@caseificio.vegano Il Caseificio Vegano non si ferma! Nonostante la diffida ricevuta dal Ministero dell’Agricoltura per l’utilizzo della parola “formaxxx”, continuiamo a portare avanti la nostra missione di creare prodotti etici e deliziosi. La multa potrebbe arrivare fino a 100mila euro. Per questo, abbiamo ribattezzato i nostri prodotti con il nome “FORME”, un termine radicato nella tradizione dell’Emilia-Romagna, che descrive perfettamente il sapore e la consistenza dei nostri alimenti vegetali. Le nostre FORME sono un omaggio alla tradizione, ma guardano al futuro, rispettando gli animali e l’ambiente. Ringraziamo tutte le persone che in questo momento ci stanno sostenendo e che con i loro messaggi ci stanno dando la forza per andare avanti! GRAZIE DI CUORE A TUTTI E TUTTE VOI! #vegan ♬ suono originale – Caseificio Vegano

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