Lando Norris festeggia la sua prima vittoria in carriera, ma con lui c’è Donald Trump al Gran Premio di Miami 2024. Menomale che la Formula 1 aveva rinnegato la politica, oppure questa posizione vale solo in presenza della difesa dei diritti umani.
La F1 rinnega la politica, ma Donald Trump gira per il box McLaren
La categoria regina non vuole proprio smetterla di stupirci. Sicuramente non in positivo, questa volta.
Il Gran Premio di Miami 2024 ha visto Lando Norris conquistare la sua prima vittoria in carriera con la scuderia McLaren. Un grande sogno che il pilota coltivava da anni ormai, amareggiato dall’assenza di condizioni favorevoli a questo importantissimo traguardo. Finalmente l’occasione si è presentata, grazie anche ad una buona dose di fortuna, ma pur sempre riconoscendo le capacità eccezionali di Norris alla guida.
Un’immagine gioiosa di un team trionfante, rovinata soltanto da una persona che gode altrettanto di questo successo: Donald Trump, uno dei personaggi più controversi e agghiaccianti dello scenario politico dei nostri giorni. Uno scenario che la F1 aveva professato escluso dalle sue fila.
Una campagna pubblicitaria che non ci saremmo aspettati di veder sfilare a Miami, una pista che più che tifosi ha ospitato influencer, artisti del mondo dello spettacolo (Only Fans compreso), e ora anche l’ex Presidente degli Stati Uniti d’America, con un curriculum e una fedina penale alle spalle che non ha bisogno di menzioni.
Un Gran Premio che anno dopo anno ricalca sempre di più una tenda da circo che frutta fin troppi soldi, insomma. Ma questo 2024 ha voluto riservarci anche la presenza di dubbia moralità di Trump niente di meno, sorridente mentre stringe la mano al CEO della McLaren Zak Brown e si congratula con il vincitore.
“Make America Great Again“, il suo famoso motto, che leggiamo a caratteri cubitali dal suo cappellino a visiera. Un messaggio che richiama alla luce eventi spiacevoli che gettano un’ombra di ipocrisia sulla massima categoria, ma anche sulla scuderia di Woking.
Quando la FIA ha deciso di vietare ai piloti della categoria regina di sensibilizzare e promuovere attività o messaggi di stampo politico, Zak Brawn si trovava in prima fila nel sostenere questa posizione: “Alcune battaglie sono davvero valide, altre controverse e polarizzanti. Noi in linea generale vogliamo essere uno sport che fa del bene ed è necessario trovare un equilibrio, per fare in modo che ogni gara non sia una piattaforma per un programma politico per qualcuno. Trovo che possa sminuire il motivo per il quale tutti sono sintonizzati, ovvero quello di assistere a un Gran Premio“.
“Sono contento che la FIA abbia lasciato la porta aperta a piloti e team, se c’è una questione che vogliono discutere. Non era un generico ‘non potete farlo’, ma piuttosto ‘non potete farlo senza il nostro permesso‘. A tutti è concessa la libertà di parola, ma a volte la situazione è andata fuori controllo con tutti quei messaggi. I piloti possono fare queste cose nel loro tempo libero, quindi è diritto di F1 e FIA imporre un codice etico durante i weekend di gara. Penso che stiamo cercando di evitare di trasformare la F1 in uno sport politico“.
Parole forti, mirate in particolare a due piloti che hanno scritto la storia di questo sport. Lewis Hamilton, con i suoi sette titoli mondiali, si è guadagnato un peso non indifferente all’interno del Circus e ha sempre cercato di sfruttare la sua influenza sui tifosi per difendere le sue battaglie. Lo abbiamo visto in molte vesti, e le critiche verso le sue iniziative in difesa dei diritti umani non sono mai mancate.
L’altro nome che figura come conseguenza è quello del quattro volte campione del mondo Sebastian Vettel, ormai lontano dalla griglia della F1 – anche se tornerà in pista ad Imola in ricordo della leggenda di Ayrton Senna – minacciato addirittura di squalifica (arrivata lo stesso, ma per un’infrazione al regolamento della monoposto) in Ungheria nel 2021, per aver indossato una maglietta arcobaleno.
La Formula 1 non sarebbe quindi destinato ad essere uno sport politico. La stessa McLaren si è sentita in dovere di sottolineare la sua caratteristica non politica, nonostante si sia sentita onorata di essere stata scelta per ospitare l’ex Presidente. Tale decisione è stata approvata innanzitutto dalla FIA, dal CEO di Liberty Media e dalla categoria medesima.
Quel “We Race As One” pare ormai un lontano ricordo, sempre che sia mai stato davvero rispettato. Tutto questo mentre Trump riceve un’altra multa per aver violato l’ordine che gli vieta di promulgare commenti sulle persone coinvolte nel processo penale a fronte del presunto pagamento illecito alla pornoattrice Stormy Daniels.
A soli sei mesi dall’elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America cresce l’ala di sostenitori di Donald Trump. La sua visita al GP di Miami sembrerebbe l’ennesima astuzia da campagna elettorale per accalappiare i voti dei più facilmente influenzabili, un’altra volta, proprio sotto gli occhi del pinnacolo dell’automobilismo sportivo.
Giulia, Giu per chiunque. 20 anni. Studentessa di lettere e fonte di stress a tempo pieno. Mi diletto nello scrivere di ogni (ma soprattutto di F1) e amo imparare. Instagram: @ xoxgiu