Quando Sarah Scazzi è scomparsa avevo 11 anni, quasi 12, ma ricordo chiaramente ancora tutta la vicenda. Ricordo come se ne parlava in qualsiasi programma, come ogni pagina dei giornali fosse dedicata alla scomparsa della ragazza… O meglio alla sua vita e a quella dei suoi familiari. Ricordo come persino a scuola se ne parlava, nonostante fossimo praticamente dei bambini. Sarà che Avetrana non è poi così lontana dalla città in cui sono cresciuta, ma vedere la serie Qui non è Hollywood non mi ha fatto ripercorrere quel periodo. Perché il vero protagonista della serie non è Sarah Scazzi, né Sabrina Misseri, bensì il mostruoso giornalismo che spettacolarizza la scomparsa e la morte di un’adolescente.
Il 26 agosto 2010, la madre di Sarah Scazzi denunciò la scomparsa della figlia quindicenne, una studentessa al secondo anno di scuola alberghiera. Quel giorno, Sarah era uscita di casa intorno alle 14:30 per raggiungere la cugina Sabrina, la cui abitazione distava circa 500 metri. Le due ragazze, insieme a un’amica, avevano programmato di andare al mare. Da quel momento, il volto di Sarah e la sua storia finirono su tutti i media, trasformando la sua scomparsa in un caso che catalizzò l’attenzione nazionale, come fosse un episodio di una serie tv di cui si attendeva ogni nuovo sviluppo.
All’inizio, l’ipotesi di un rapimento non era presa in seria considerazione, nonostante la famiglia – compresa Sabrina, la cugina – insistesse su questa possibilità. I media descrivevano Sarah come una quindicenne ribelle e immatura, sempre alla ricerca di attenzioni e con frequenti discussioni con la madre. Si speculava quindi su una fuga volontaria per inseguire un sogno di indipendenza o addirittura la notorietà, oppure su un possibile adescamento da parte di un ragazzo più grande conosciuto online.
La situazione subì una svolta il 29 settembre, quando fu ritrovato il cellulare di Sarah, parzialmente bruciato. A scoprirlo fu lo zio Michele, il che sollevò i primi sospetti su di lui. Dopo lunghe ore di interrogatorio, una settimana dopo, Michele Misseri confessò l’omicidio della nipote, dichiarando di aver tentato di abusare di lei prima di ucciderla. Indicò anche il luogo in cui era nascosto il corpo della ragazza, un punto conosciuto solo da chi frequentava bene la zona. Tuttavia, questa versione dei fatti fu solo la prima di sei che Michele fornì nel tempo.
Il ritrovamento del corpo di Sarah e la notizia furono comunicati alla madre durante una diretta del programma Chi l’ha visto?, che stava proprio in quel momento trasmettendo un servizio sulla scomparsa della giovane. Oggi, questa storia è al centro di Qui non è Hollywood, miniserie diretta da Pippo Mezzapesa, che ne ha scritto anche la sceneggiatura insieme ad Antonella W. Gaeta e Davide Serino con la collaborazione di Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni, mentre sarà prodotta da Groenlandia e trasmessa da Disney Plus. La storia sarà incentrata sul libro “Sarah: la ragazza di Avetrana”, scritto da Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni ed edito da Fandango Libri.
Qui non è Hollywood: la docuserie su Sarah Scazzi che critica il giornalismo
Nonostante nel nome originale ci fosse la città originaria di Sarah Scazzi, Avetrana, e nonostante sembri apparentemente che la vita giri intorno alla giovane ragazzina, in realtà il vero protagonista della serie è il giornalismo italiano che è stato capace di spettacolizzare il rapimento e l’omicidio di un’adolescente. Sin dalla prima scena, infatti, si vede il pulmino colmo di turisti che fanno foto e partecipano a un tour guidato sulle strade in cui Sarah è vissuta e poi morta per omicidio. È infatti evidente come la serie non giri intorno all’omicidio – tanto che la scena non si vede neanche – quanto più intorno ai giornalisti che inseguivano la notizia.
Con delle interpretazioni davvero magistrali di tutti gli attori protagonisti che sono riusciti a immedesimarsi nella psicologia di ogni persona coinvolta nella vicenda, da Sarah Scazzi a tutti i membri della famiglia Misseri, Qui non è Hollywood coinvolge le persone coinvolte in questo circo mediatico: dalle interviste rilasciate, ai tentativi di scappare da queste interviste, dai giornalisti appostati di fronte casa alle stesse famiglie che facevano delle ipotesi sull’accaduto, come se Sarah non fosse una persona in carne e ossa, realmente vissuta e che ha davvero camminato in quelle strade, ma un qualsiasi personaggio di una sitcom, di un giallo con un mistero da risolvere.
L’episodio nel garage – in cui Sarah viene strangolata – non viene rappresentato in modo esplicito: non si chiarisce se sia stato Michele o Sabrina (con l’eventuale coinvolgimento di Cosima) a commettere il crimine, proprio perché la serie non parla della scomparsa e dell’omicidio della giovane ragazza. Ciò che appare evidente è come il dramma personale della famiglia Misseri venga offerto alla curiosità morbosa di tutta Italia. Vediamo quindi i Misseri esposti al giudizio pubblico: Sabrina, combattuta tra forza e vulnerabilità, trascinata nel vortice mediatico che la consuma; Michele, gravato dalla paura del giudizio divino; Cosima, che affronta tutto con un’apparente fermezza.
Credo che la scena più forte di Qui non è Hollywood sia proprio quella finale: quando la polizia giunge ad arrestare Cosima Misseri, l’ultima colpevole di questa vicenda, si vede Sarah Scazzi camminare per le strade di Avetrana, ma nessuno la nota. I giornalisti corrono, alla ricerca della foto perfetta, di qualche parola rilasciata, di un articolo che possa portarli in prima pagina. Parlano dei colpevoli, parlano di tutte le bugie, di tutti gli intrugli che ci sono stati dietro la scomparsa di un’adolescente… ma si dimenticano della vittima. Si dimenticano di Sarah. E questo succede ancora oggi.
Sono passati ormai 14 anni da quando Sarah Scazzi è stata uccisa, eppure quando Michele Misseri, non accusato del suo omicidio bensì di occultamente di cadavere, è uscito da prigione, non è potuto tornare a casa sua perché era accerchiata dai giornalisti, ancora alla ricerca dello scoop più succoso. Ancora cercando di dare un palco a una persona che ha nascosto il cadavere della propria nipote e che ancora oggi si proclama come unico colpevole dell’omicidio. Qui non è Hollywood non racconta della scomparsa e dell’omicidio di Sarah Scazzi, ma di come i giornalisti abbiano contribuito a creare un palcoscenico, contornato dalla disumanità degli abitanti della città, intorno agli assassini di Sarah Scazzi.
La narrazione asciutta e pulita degli atti processuali, senza sconti ne moralismi. Cast straordinario, sicuramente è tra le serie italiane che trattano un caso di cronaca tra le migliori e più riuscite, dovrebbero vederla tutti.
— Davi De (@davided81) November 3, 2024
Regia e colonna sonora perfetti.#QuiNonEHollywood pic.twitter.com/hzXSMuJDLp
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull’italiano standard e neostandard, “paladina delle cause perse” e studentessa di Didattica dell’Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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