Polonia: in migliaia protestano contro la legge sull’aborto dopo l’ultima morte di una donna incinta

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Migliaia di persone si sono unite ieri alle proteste contro la legge polacca sull’aborto in dozzine di paesi e città dopo l’ultima morte di una donna incinta in ospedale. La donna si chiamava Dorota ed è stata ricoverata in un ospedale nella città di Nowy Targ il 21 maggio quando le si sono rotte le acque al quinto mese di gravidanza. Secondo i membri della famiglia che hanno parlato con i media, a Dorota è stato detto che la sua gravidanza poteva essere salvata. Tre giorni dopo, il feto è morto. Due ore dopo, a morire è stata Dorota.

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Manifestazioni in Polonia: fonte foto.

Ma facciamo un passo indietro, vi va? L’anno scorso la Polonia ha preso la decisione di rendere ancora più restrittiva la già restrittiva (più di tutta l’Europa) legge sull’aborto. Prima di questa legge si contavano solo 2000 aborti legali ogni anno, e sottolineiamo legali perché chi ne aveva la possibilità andava all’estero oppure, nel XXI secolo come era fatto quando vivevamo in tempi non fatti per le donne, si sottoponevano a interventi illegali che potevano anche mettere in pericolo la propria vita. Le organizzazioni femministe hanno stimato circa 200.000 aborti totali.

«La Corte costituzionale ha presentato una motivazione scritta della sentenza sulla protezione della vita. Conformemente ai requisiti costituzionali, la sentenza è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale», ha annunciato il Governo polacco, senza se e senza ma, vietando quindi ufficialmente l’aborto. Il testo è stato pubblicato a fine gennaio 2021 e, da quel momento, le donne sono scese nuovamente in piazza. La legge infatti vietava l’aborto anche in caso di grave malformazione del feto, che era anche la forma più comune per cui una donna sceglieva di abortire. Vietando questo caso, quindi, l’hanno pressoché reso illegale.

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A queste situazioni, poi, si sono aggiunte anche altre ancora più gravi. Ad esempio, quella di cui abbiamo parlato più volte (Izabela), ma non solo: gli stessi medici sono messi in una situazione critica. Jolanta Budzowska, un avvocato con sede a Cracovia che rappresenta la famiglia della signora Sajbor e altri tre in casi di negligenza relativi alla nuova legge sull’aborto, ha detto al New York Times che «la legge ha un effetto agghiacciante sui medici». Il dottor Kochanowicz, direttore dell’ospedale, ha infatti spiegato che i medici «rischiano non solo di perdere il diritto alla pratica, ma anche la responsabilità penaleTutte le decisioni sono gravate dall’ansia». E la situazione continua a peggiorare.

Un’altra donna è morta a causa di un aborto negato in Polonia

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Manifestazioni in Polonia: fonte foto.

Il 21 maggio, Dorota è stata ricoverata presso un ospedale situato nella città di Nowy Targ. Durante il quinto mese di gravidanza, ha avuto la rottura delle acque. Secondo i membri della famiglia che hanno rilasciato interviste ai media, alla donna è stato detto che c’era la possibilità di salvare la sua gravidanza. Le è stato ordinato di mantenere le gambe sopra la testa per cercare di ripristinare il livello delle acque, e le è stato richiesto di rimanere in quella posizione per diversi giorni. Tuttavia, ha iniziato a manifestare sintomi come mal di testa e vomito, e i test hanno indicato la presenza di un’infiammazione nel suo corpo.

La mattina del 24 maggio, i medici hanno confermato il decesso del feto. Due ore dopo, lo stato di salute di Dorota è peggiorato rapidamente fino a diventare critico, e poco dopo è purtroppo deceduta a causa di uno shock settico. Il marito ha accusato i medici per la mancanza di trasparenza nella cura della moglie. In un’intervista a Gazeta Wyborcza, ha affermato: «Nessuno ci ha informato che la morte del feto era solo una questione di tempo e che la rottura delle acque rappresentava un pericolo per la vita di Dorota. Nessuno ci ha offerto la possibilità di salvare Dorota perché nessuno ci ha avvisato che la sua vita era in pericolo».

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Manifestazioni in Polonia: fonte foto.

Gli attivisti danno la colpa della tragedia al quasi totale divieto di aborto in Polonia, che secondo loro rende i medici timorosi di interrompere le gravidanze anche quando minacciano la vita della madre. Ma le autorità conservatrici affermano che la morte è stata causata da negligenza medica, non dalla legge sull’aborto. È almeno la settima donna nota per essere morta a causa di complicazioni della gravidanza dall’inasprimento della legge sull’aborto ai sensi di una sentenza del Tribunale costituzionale nell’ottobre 2020 che ha vietato le interruzioni nei casi in cui vengono diagnosticate anomalie fetali.

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Il ministro della sanità polacco, Adam Niedzielski, ha annunciato la creazione di un team speciale per aiutare a garantire che le donne incinte ricevano cure mediche adeguate, compreso l’aborto se la loro salute è in pericolo: «Ogni donna la cui vita o salute è minacciata in qualsiasi momento della gravidanza ha il diritto di interromperla», ha affermato in un post su Twitter. Il commissario del governo per i diritti dei pazienti, Bartłomiej Chmielowiec, ha affermato che un’indagine sul caso ha rilevato che si erano verificate una serie di “violazioni” nel trattamento di Dorota e che la sua morte «è un esempio di negligenza medica».

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