Torniamo con la nostra rubrica “Una Tazza D’horror” per raccontarvi alcune delle più tragiche storie di piloti morti mentre inseguivano il loro sogno più grande: correre in Formula 1. Facciamo allora una sgommata nel passato, in quella che era la categoria regina dagli anni ’50 agli anni ’80.
Per altri incidenti da brivido vi lascio il rimando alla tragedia di Le Mans del 1955 (qui) e ad alcune delle esperienze più drammatiche della F1, da Ayrton Senna a Niki Lauda (qui).
I piloti morti su una pista di F1
Alan Stacey e Chris Bristow
Quella domenica la Formula 1 non perse soltanto due vite. Il Circuito di Spa-Franchorchamps si porta con sé un’inquietantissima lista di morti, e non si può scongiurare che la storia non andrà a ripetersi. Nel 1960 a trovarvi la morte sono stati Alan Stacey e Chris Bristow, il primo alla guida di una Lotus e il secondo di una Cooper.
Il week-end si era aperto già in tragedia: Stirling Moss quell’anno era il favorito per il titolo mondiale (alla fine mai conquistato), ma durante le prove libere le sospensioni della sua monoposto cedono e perde una ruota. Al volante di una macchina che non rispondeva ai suoi comandi, Moss si prepara all’impatto, finendo fuori dall’abitacolo e ritrovato dai soccorsi incosciente. Quel giorno si ruppe entrambe le gambe.
Le prove non vennero interrotte, e anche Mike Taylor subì un incidente che lo costrinse ad abbandonare la sua carriera automobilistica, impossibilitato da una momentanea (ma lunga) paralisi.
Bristow aveva solo 22 anni il giorno della sua morte. Il Gran Premio del Belgio gli dice addio dopo un errore di valutazione in pista, che lo porta ad affrontare una curva a velocità troppo alta: il pilota viene sbalzato fuori dalla monoposto, finendo decapitato da una recinzione. Il resto del corpo giace inerme e zampillante di sangue ancora entro le barriere del circuito.
La gara prosegue imperterrita, mentre il cadavere di Bristow viene trascinato esanime da un commissario. A breve lo seguirà Alan Stacey, si presume a causa di una collisione con un uccello: il colpo alla testa lo lascia privo di sensi, in un veicolo che a distanza di poco sarebbe finito contro le barriere, lanciandolo fuori dall’abitacolo ormai in fiamme. Aveva soltanto 27 anni.
Jim Clark aveva esordito quell’anno nella massima categoria, ma si portò dietro per la vita il trauma delle macchie di sangue fresco sulla pista, nonostante i due titoli mondiali che avrebbe conquistato negli anni successivi.
Stuart Lewis-Evans
Lo sapevate che fino al 1958 la F1 correva ciò che veniva chiamato “Gran Premio del Marocco”? Siamo a Casablanca, quando viene disputata l’ultima edizione sul Circuito di Ain-Diab, e quando Stuart Lewis-Evans passò a miglior vita.
In realtà questa gara è ancora celebre, ma perchè a salire sul gradino più alto del podio è stato lo stesso Moss. Ne parlarono tutti i quotidiani sportivi, glassando sull’incidente che avrebbe strappato una quarta vittima quella stagione. In realtà Evans non morì davvero in pista, ma le sue speranze di sopravvivere sfumarono quando la sua vettura venne avvolta dalle fiamme.
Evans (Lewis era solo uno pseudonimo) sembrava poter promettere grandi cose alla categoria regina, ma un guasto meccanico lo portò a perdere il controllo della monoposto – una Vanwall – e a scontrarsi con le barriere. I soccorritori lo strapparono dalle macerie e dal fuoco, ma ormai era troppo tardi. Trasportato d’urgenza in un ospedale del Regno Unito, morì 6 giorni dopo a causa delle gravissime ustioni riportate. Aveva 28 anni.
Riccardo Paletti
Gran Premio del Canada, 1982. L’ultima gara di Riccardo Paletti, quella che si porterà via anche i suoi ultimi respiri.
Quel giorno la Ferrari di Didier Pironi scattava dalla prima piazzola, o meglio, sarebbe dovuta scattare: per un problema con il motore, la monoposto non partì, ma la procedura di partenza era già stata avviata e non ci fu modo di avvisare gli altri piloti dell’inconveniente. Roberto GuerreroeRaul Boesel urtarono di striscio la vettura, mentre Paletti non riuscì ad evitare lo scontro. Con la visuale ostruita dai suoi avversari – Paletti partiva dall’ultima fila – sarebbe stato impossibile accorgersene.
La centina dell’abitacolo si accartocciò, e il pilota ne rimase intrappolato in stato di incoscienza. A nulla servì la prontezza di Pironi e dei commissari, dopo pochi secondi la benzina fuoriuscita dal serbatoio prese fuoco, raggiungendo la vettura, ormai avvolta dalle fiamme. I mezzi antincendio arrivarono sul posto troppo tardi, e ci vollero più di venti minuti per estrarre il corpo malconcio di Paletti, ancora vivo.
Fatali furono le ferite riportate nell’area toracica e l’inalazione delle sostanze estinguenti. Aveva 23 anni. Sua madre quel giorno lo vide morire sotto i suoi occhi: doveva essere una sorpresa, Riccardo non era a conoscenza della sua presenza nel circuito.
Solo poche settimane primaGilles Villeneuveaveva trovato la morte inseguito ad un incidente che ha segnato per sempre la storia della F1. Ma questa è un’altra storia.
Giulia, Giu per chiunque. 20 anni. Studentessa di lettere e fonte di stress a tempo pieno. Mi diletto nello scrivere di ogni (ma soprattutto di F1) e amo imparare. Instagram: @ xoxgiu