Altro che miglioramenti, in Iran è stato impiccato un manifestante e le donne vengono sparate a seno e genitali

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Ci hanno fatto credere che andasse meglio, che la polizia morale fosse stata abolita o fosse in procinto di esserlo… Ma in realtà in Iran va meglio proprio un cavolo! Il 23enne Mohsen Shekari era stato arrestato per aver partecipato alle proteste anti governative che da quasi tre mesi incendiano le strade dell’Iran, e adesso è stato ufficialmente ucciso per impiccagione. Intanto, gli agenti cercano di reprimere le manifestazioni sparando a distanza ravvicinata le donne colpendole al volto, al seno e ai genitali. E l’Occidente, l’Italia, gli Stati Uniti, l’Unione Europea, cosa fanno per aiutare queste persone? Davvero ci importa delle guerre solo se le vittime sono bianche, bionde e con gli occhi azzurri?

Torniamo indietro di qualche mese: le accuse nei confronti della polizia molare iraniana sono quelle di aver picchiato a morte Mahsa Amini, arrestata per aver indossato un “hijab improprio” e morta durante la custodia. Tuttavia, un capo della polizia iraniana ha categoricamente negato tutte le accuse. Intervenendo a una conferenza stampa lunedì, il capo della polizia di Teheran, il generale di brigata Hossein Rahimi, ha affermato che le affermazioni che Mahsa Amini  è stata picchiata o in qualche modo maltrattata sono “completamente false”.

«Improvvisamente ha avuto un problema cardiaco mentre era in compagnia di altre persone che ricevevano una guida [ed] è stata immediatamente portata in ospedale con la collaborazione dei servizi di emergenza», ha detto la polizia. Il presidente Ebrahim Raisi ha ordinato al ministro dell’Interno di aprire un’inchiesta sul caso. Diversi legislatori hanno affermato che solleveranno il caso in parlamento, mentre la magistratura ha affermato che formerà una task force speciale per indagare.

Amnesty International intanto ha denunciato la situazione: «Le circostanze che hanno portato alla morte sospetta in custodia della giovane donna di 22 anni Mahsa Amini, che includono accuse di tortura e altri maltrattamenti in custodia, devono essere indagate penalmente. La cosiddetta ‘polizia della moralità’ di Teheran l’ha arrestata arbitrariamente tre giorni prima della sua morte mentre applicava le leggi del Paese sul velo forzato abusivo, degradante e discriminatorio. Tutti gli agenti e i funzionari responsabili devono affrontare la giustizia».

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In più, è stata uccisa anche un’altra ragazza: Hadith Najafi, «uccisa da 6 proiettili nella città di Karaj». A ciò si aggiunge anche che il ministro degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani, citato dai media statali, ha dichiarato: «Minimizzando la gravità di una serie di blocchi imposti nelle comunicazioni nel Paese, gli Stati Uniti stanno cercando di portare avanti i loro obiettivi contro l’Iran», facendo riferimento a come Elon Musk, con il sostegno del governo USA, ha attivato il servizio Internet satellitarie Starlink, in quanto il governo dell’Iran aveva bloccato l’accesso a internet in tutto il Paese.

Ma non solo Mahsa Amini e Hadith Najafi, anche Mahak Hashemi, 16enne uccisa in Iran perché indossava un cappello invece del velo durante le manifestazioni per i diritti delle donne iraniane. Per riavere il suo cadavere, i genitori della ragazza avrebbero dovuto pagare un riscatto per ottenere il corpo indietro. Non solo, è stato anche vietato di essere in grado di dare un ultimo addio attraverso un funerale o altri tipi di ricordi organizzati pubblicamente.

Qualche giorno fa, poi, un alto funzionario iraniano ha detto che l’Iran ha abolito la polizia morale, dicendo che è stata abolita dalle stesse autorità che l’hanno installata». Tuttavia, quando è stato chiesto a riguardo al ministro degli esteri iraniano, Hossein Amir Abdollahian, non ha negato, ma ha detto: «In Iran, tutto sta andando avanti bene nel quadro della democrazia e della libertà». Montazeri in più ha detto che la magistratura applicherà ancora restrizioni al «comportamento sociale». Gli attivisti intanto negano che le forze siano state ritirate dalle strade.

Le ultime novità dall’Iran

Gli spari sulle donne

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Secondo interviste con medici in tutto il paese, le forze di sicurezza iraniane stanno prendendo di mira le donne durante le proteste contro il regime con colpi di arma da fuoco sui loro volti, seni e genitali. Il The Guardian fa sapere che i medici e gli infermieri (che ovviamente aiutano i manifestanti in segreto per evitare di essere loro stessi arrestati) hanno affermato di aver osservato la pratica per primi dopo aver notato che le donne spesso arrivavano con ferite diverse rispetto agli uomini, che più comunemente avevano pallini di fucile nelle gambe, nelle natiche e nella schiena.

Il The Guardian ha parlato con 10 professionisti medici che hanno avvertito della gravità delle ferite che potrebbero lasciare centinaia di giovani iraniani con danni permanenti. I colpi agli occhi di donne, uomini e bambini erano particolarmente comuni. Un medico della provincia centrale di Isfahan ha affermato di ritenere che le autorità stessero prendendo di mira uomini e donne in modi diversi «perché volevano distruggere la bellezza di queste donne».

«Ho curato una donna sui vent’anni, che è stata colpita ai genitali da due pallottole. Altri dieci pallini erano conficcati nella parte interna della coscia. Questi 10 pallini sono stati facilmente rimossi, ma quei due pallini erano una sfida, perché erano incastrati tra la sua uretra e l’apertura vaginale. C’era un serio rischio di infezione vaginale, quindi le ho chiesto di andare da un ginecologo di fiducia. Ha detto che stava protestando quando un gruppo di circa 10 agenti di sicurezza le ha fatto il giro e le ha sparato ai genitali e alle cosce», ha spiegato il medico.

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Un’immagine a raggi X fornita da un medico iraniano di un teschio che mostra i pallini di un colpo di fucile
Fonte: The Guardian

Alcuni degli altri professionisti medici hanno accusato le forze di sicurezza, inclusa la temuta milizia filo-regime Basij, di ignorare le pratiche antisommossa, come sparare con armi ai piedi e alle gambe per evitare di danneggiare organi vitali. Un medico di Karaj, una città vicino a Teheran, ha affermato che le forze di sicurezza «sparano ai volti e alle parti intime del corpo delle donne perché hanno un complesso di inferiorità. E vogliono liberarsi dei loro complessi sessuali facendo del male a questi giovani». Il ministero degli affari esteri è stato contattato dal The Guardian per commentare le accuse fatte dai medici, ma non ha ancora risposto.

Il manifestante ucciso per condanna a morte

Mohsen Shekari, di 23 anni, era stato arrestato per aver partecipato alle proteste anti governative che scuotono l’Iran da quasi tre mesi. La sua colpa era «l’inimicizia contro Dio», per «aver bloccato una strada, aver estratto un’arma con l’intenzione di uccidere e avere ferito intenzionalmente un ufficiale durante il servizio». È stato arrestato a fine settembre, a pochi giorni dall’inizio delle proteste per l’omicidio di Mahsa Amini. I suoi familiari avevano presentato appello contro la sentenza di morte, e hanno saputo che invece era stata già eseguita. Il corpo non è stato neanche consegnato ai parenti.

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Alì Mozami, un giovane manifestante di 20 anni condannato a morte

La sua è la prima esecuzione di un manifestante di cui si è avuta notizia, anche se alcuni attivisti ritengono che ve ne siano già state altre e che altre 11 persone sono state condannate a morte. Inizialmente fra queste c’era Fahimeh Karimi, allenatrice di pallavolo e madre di tre bambini piccoli (della sua storia si è parlato particolarmente in quanto compagna di cella della nostra Alessia Piperno mentre era incarcerata in Iran), ma Il Corriere fa sapere che la notizia è stata smentita.

Tuttavia, la magistratura iraniana ha confermato nei giorni scorsi la pena capitale per cinque persone, per avere per aver ucciso a pugnalate un membro delle forze paramilitari Basij il 3 novembre a Karaj, durante duri scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore della ong Iran Human Rights con sede ad Oslo ha detto che «corriamo il rischio di avere esecuzioni di manifestanti ogni giorno», chiedendo di intervenire a livello internazionale. Amnesty International ha lanciato un ulteriore appello affinché le autorità iraniane pongano «immediatamente fine alle esecuzioni previste e smettano di utilizzare la pena di morte come uno strumento per la repressione politica contro i manifestanti».

Se si deve agire, lo si deve però fare subito. Vi ricordiamo che fra i condannati a morte, come segnala Iran Rights Watch, tre sono minorenni, tre ragazzi di 17 anni arrestati a Karaj per avere ucciso, in una rissa, il basij (è il nome della milizia paramilitare) Ruhollah Ajamian, il cui nome nei comunicati della magistratura è ora preceduto dall’epiteto di «martire». La condanna a morte tra l’altro è anche illecita secondo il diritto internazionale e Convenzione sui diritti dell’Infanza, che lo stesso Iran ha ratificato. Insieme a loro, sono in pericolo anche Mohammad Ghobadlu, che avrebbe investito un’auto della polizia uccidendo un agente e Sahand Nour Mohammadzadeh, che avrebbe dato fuoco a un edificio pubblico.

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