Video dello stupro di Palermo: il Garante della Privacy ne vieta la condivisione

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Forse dovrebbe essere una cosa scontata. In un mondo civile, almeno. Eppure il Garante della Privacy ha dovuto pubblicare un comunicato in cui sottolinea che è vietata la «diffusione e condivisione dei dati personali della vittima dello stupro di Palermo e dell’eventuale video realizzato». Perché davanti a una vicenda del genere gli italiani si sono divisi in tre categorie: la feccia che cerca e chiede il video dello stupro sui canali di Telegram; i maniaci di protagonismo che chiedono il nome della vittima e la contattano per “supportarla” come se avesse chiesto tutta questa popolarità; e infine quelli che si rendono conto che devono stare al proprio posto e lasciare la vittima in pace. Indovinate quale categoria è in minoranza?

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Nelle ultime ore ho assistito a una distopia. Non solo lo stupro di una ragazza di diciannove anni da parte di sette ragazzi, di cui un minorenne. Non solo una madre di uno degli stupratori che dà la colpa alla vittima perché è una “poco di buono“. Non solo delle persone che davanti a una ragazza che chiede aiuto, continuano a camminare.

Non solo un barman che non si preoccupa a sentire la frase “tu falla bere, poi ci pensiamo noi“. Non solo delle chat agghiaccianti, non solo degli amici che invece di far notare che erano davanti a uno stupro, si preoccupano solo che la vittima possa denunciare e che gli rovini la vita. Non solo delle persone incapaci di distinguere una notizia vera da una falsa.

Ma addirittura delle persone che cercano volontariamente il nome di una vittima e poi lo condividono tranquillamente. Delle persone che non si preoccupano che il nome della vittima di uno stupro venga fuori, dicendolo a qualsiasi sconosciuto senza minimamente pensare che forse quella persona potrebbe infliggere ulteriore dolore alla ragazza. Mi è capitato un video su TikTok in cui una pagina di notizie condivideva il video della ragazza con viso non coperto, un video in cui lei era in costume da bagno e faceva un ballo provocante, con tanto di hashtag con il suo nome. I commenti erano tutti di supporto, ma, ahimè, ho letto anche insulti verso la vittima.

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Ed ecco l’ultima cosa a cui ho assistito: un branco di uomini e di donne che insultano una vittima di stupro. Però anche tu, che video posti. Avevano ragione i ragazzi. Eh già, non ti hanno resistito. Vedendo i video che fai forse hanno fatto bene. Ma amo come ti trucchi. Te la sei cercata. Però ‘ste ragazze di oggi che a ‘sti uomini li provocano! Non capiscono che anche se fanno ‘sti video per gioco, per teste malate non è un gioco.

Fa ridere vedere i commenti di condoglianze su video così, non giustifico però siate realisti. Oddio ho preso paura che faccia che hai!!! Com’è stato? Se fai ‘sti video ci credo che fanno ‘ste cose quei ragazzi. Che ti aspetti mettendo questi video? Ah ora capisco perché l’hanno fatto. Ora si è capito tutto. Adesso dobbiamo sperare che il Garante della Privacy mantenga la sua parola.

Garante della privacy sullo stupro di Palermo

«Il Garante privacy mette in guardia sulle conseguenze, anche di natura penale, della diffusione e condivisione dei dati personali della vittima dello stupro di Palermo e dell’eventuale video realizzato», scrive il Garante della privacy in un comunicato pubblicato nella data di ieri. L’intervento è stato necessario in seguito alle «numerose notizie stampa su una “caccia alle immagini” scatenatasi nelle chat», in particolare su Telegram dove esistono diversi canali in cui si promette il video dello stupro, ma anche diversi gruppi in cui lo si chiede. Sono gli stessi gruppi che fanno revenge porn e degradano le donne quotidianamente.

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L’autorità, quindi, «ha rivolto un avvertimento a Telegram e alla generalità degli utenti della piattaforma, affinché venga garantita la necessaria riservatezza della vittima, evitando alla stessa un ulteriore pregiudizio connesso alla possibile diffusione di dati idonei a identificarla, anche indirettamente, in contrasto, peraltro, con le esigenze di tutela della dignità della ragazza». Ma noi che da anni facciamo articoli contro quei gruppi e canali, sappiamo che Telegram e tutti gli utenti disadattati che frequentano quei gruppi e canali, potranno rispondere solo con una pernacchia.

Nonostante ciò, il «Garante ricorda che la diffusione e la condivisione del video costituiscono una violazione della normativa privacy, con conseguenze anche di carattere sanzionatorio, ed evidenzia i risvolti penali della diffusione dei dati personali delle persone vittime di reati sessuali (art. 734 bis del codice penale)». Tra l’altro, proprio sul sito del Garante della Privacy vengono date delle informazioni su come proteggersi dal Revenge Porn, su come segnalarlo ma anche sulla normativa vigente, ovvero l’art. 144-bis.

  1. Le segnalazioni di cui all’art. 144-bis del Codice, corredate delle registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito, a sostegno delle stesse, sono presentate al Garante esclusivamente attraverso il modello, compilabile on-line, pubblicato nell’apposita sezione del sito web istituzionale. Il modello è approvato con determinazione del Segretario generale.
  2. Il dipartimento, servizio o altra unità organizzativa competente, verificata la compatibilità della richiesta alla previsione di cui all’art. 144-bis del Codice, entro 48 ore dal ricevimento della segnalazione, salva l’esigenza di acquisire un’integrazione delle informazioni fornite dal segnalante ai fini della predetta verifica, predispone il provvedimento volto ad impedire l’eventuale diffusione del materiale oggetto di segnalazione. Il provvedimento è adottato in via d’urgenza dal dirigente della medesima unità organizzativa e sottoposto a ratifica nella prima adunanza utile del Garante. In caso di mancata ratifica, il provvedimento decade.
  3. Il provvedimento di cui al comma precedente è trasmesso ai gestori delle piattaforme digitali, corredato del materiale oggetto di segnalazione o dalla relativa impronta hash.
  4. Nei casi in cui la segnalazione non soddisfi i requisiti richiesti dall’art. 144-bis del, Codice e dalla presente disposizione, il dipartimento, servizio o altra unità organizzativa competente procede nei modi di cui all’art. 8, comma 2, o, laddove ciò non risulti possibile, archivia la pratica fornendone tempestiva informazione all’interessato.

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