Donne transgender alle Olimpiadi di Tokyo: anche l’italiana Valentina Petrillo

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Ormai sono mesi, se non anni, che si parla sempre della stessa cosa: è giusto che le donne transgender gareggino nelle gare sportive con le donne cisgender? Qualche giorno fa abbiamo anche ascoltato la testimonianza di una bambina di 11 anni che, a causa di un’assurda legge, non può essere in un team sportivo con le sue coetanee. Ma per quanto riguarda le adulte? Come funziona? Come è possibile che non ci siano delle regole per far partecipare una donna trasngeder a delle competizioni femminile? Semplicemente perché non è vero, le regole esistono e sono stringenti.

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Fonte: Twitter

Due mesi fa vi abbiamo parlato di una situazione analoga in Florida, dove i repubblicani della Camera dei Rappresentanti della Florida hanno approvato un DDL che vieta alle atlete transgender di giocare in squadre femminili. La legge, soprannominata Fairness in Women’s Sports Act, è stata approvata con 77 voti contro 40, con tutti i democratici che hanno votato a sfavore, escluso uno, e consente a una scuola  o a un concorrente di denunciare un’atleta transgender che compete in una competizione femminile. Se quindi c’è il dubbio che l’atleta non sia nata donna, dovrà dimostrare il sesso della nascita con un test genetico o facendosi analizzare l’anatomia dei genitali da un medico professionista. Insomma, barbarie di altri mondi.

In Italia non esiste una vera e propria legge, per fortuna e al momento, tuttavia i soliti transfobici si divertono a sminuire le donne transgender non facendole sentire donne e volendo sottolineare che non è giusta che «un trans partecipi con delle donne perché è un uomo», quando no, non è così. In primis perché esistono da anni delle regole molto stringenti sulle occasioni in cui una donna transgender può partecipare a una gara sportiva con una donna cisgender, ma in secondo luogo anche perché le donne transgender sono donne, non sono uomini.

In questo articolo, però, vogliamo presentarvi le nove donne transgender che parteciperanno alle prossime Olimpiadi, e saranno le prime atlete transgender (Caitlyn Jenner aveva partecipato e vinto nel 1976, ma il suo coming out è arrivato dopo la vittoria) a poter partecipare dopo che, nel 2015, il Comitato Olimpico Internazionale, il CIO, ha modificato le linee guida per far partecipare le donne transgender alle olimpiadi, che prevede alcune regole.

Gli uomini transgender ftm possono gareggiare senza restrizione, mentre le donne mtf dovranno rispettare dei requisiti, come dichiarare di riconoscersi nel genere femminile e questa dichiarazione non può cambiare per almeno 4 anni e, in più, devono anche dimostrare di avere livelli di testosterone sotto di 10 nanomoli per litro. Conosciamo adesso le atlete.

Le 9 donne transgender che parteciperanno alle Olimpiadi di Tokyo

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Iniziamo con Laurel Hubbard, un’atleta neozelandese qualificata nel sollevamento pesi. Sarà la prima atleta dichiaratamente transgender a partecipare alle Olimpiadi. Insieme a lei anche Robyn Lambird, australiana, che cercherà di qualificarsi alle paraolimpiadi. Contro di lei ci saranno anche Tiffany Abreu (Brasile, pallavolo), Ness Murby (Canada, para-atletica) e Quinn (Canada, calcio). Ma, il Paese con più atletete transgender, sono gli Stati Uniti.

Lo schieramento degli Stati Uniti sarà portato in alto da tre atlete: Chelsea Wolfe per le gare con biciletta BMX, e Nikki Hiltz e CeCè Telfer per l’atletica leggera. Quest’ultima ha affermato al New York Times: «È importante per me farlo per questi ragazzi. È importante per me farlo per la mia gente – che si tratti di donne, persone di colore, persone transgender, persone L.G.B.T.Q. – chiunque sia scrutinato e oppresso».

Eppure, il fatto che siano propri gli Stati Uniti a presentare più atlete transgender, ci stupisce, proprio per la triste situazione che stanno vivendo anche in questo momento, soprattutto per le storie che vi abbiamo già raccontato, in cui le atletete mtf vengono umiliate e sminuite, oltre che discriminate. Interessante a riguardo è un documentario su Hulu, Changing the Game, in cui si raccontano le storie di tre giovani atleti transgender e degli ostacoli che hanno dovuto salvare per arrivare dove si trovano.

E, parlando di discriminazioni, riportiamo anche la testimonianza-sfogo di una spettatrice ad una gara di atletica che ha avuto da ridire sulla vittoria id Andraya Yearwood, 20 anni e donne transgender: «Per decenni le donne hanno lottato per avere uguali diritti. Per poi essere buttati da regole folli che sono discriminatorie contro le donne! Gli altri hanno paura di parlare perché temono di essere accusati di discriminazione. Non sono discriminatori. Sta ridicolizzando lo sport femminile. Sta ridicolizzando i diritti delle donne».

Idea non condivisa dalla madre dell’atleta: «Non m’importa se qualcuno pensa che Andraya ha un vantaggio. È molto più di questo per lei. È importante. Voglio dire, stiamo parlando di vita o di morte. Mi spaventano le statistiche e i numeri che sono contro di lei. Se l’atletica leggera dà a questi ragazzi un’opportunità di essere e vivere quello che sono veramente, che diritto abbiamo di togliergliela? Significherebbe essere ingiusti. Anzi, molto più di ingiusti. Significherebbe essere crudeli».

In ogni caso, tornando all’argomento principale, alle prossime olimpiadi ci sarà anche Valentina Petrillo, napoletana e transgender: «Il mio sogno nasce da bambina, ed è quello di potermi esprimere nello sport che amo. È un sogno che ho sin da piccola, dalle Olimpiadi dell’ ’80, quando vidi Mennea correre la finale dei 200 metri». La ragazza ha ottenuto successi prima nella categoria maschile e poi in quella femminile, in quest’ultima per la prima volta nel 2020, nella categoria paralimpica T12, avendo avuto una malattia degenerativa che colpisce la parte centrale della retina, provocando la perdita del campo visivo e la distorsione delle immagini.

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Quello dello sport femminile per le donne transgender è un argomento delicato cui spesso neanche le persone più aperte di mente riescono a esprimere una propria opinione, poiché da una parte ci sembra una discriminazione per le donne cisgender, dall’altra per le donne transgender. Bisogna ricordare che se ci sono delle regole, e queste regole ci sono, non c’è motivo per non far partecipare una donna a una competizione solamente perché trans, ma allo stesso tempo bisognerebbe anche vedere altri punti di vista, senza sfruttare questa situazione per essere transfobici. E voi cosa ne pensate?

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