ChatGPT: il Garante della Privacy dà l’ultimatum sul blocco

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Ci sono novità sul fronte ChatGPT. Il Garante della Privacy che lo ha bloccato alla fine dello scorso mese ha fatto sapere che l’azienda ha tempo fino al 30 aprile per mettersi in regola e poter tornare a operare sul territorio italiano. Tutto è iniziato il 31 marzo quando il Garante italiano ha affermato di aver rilevato «la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma» ChatGPT e quindi «stop a ChatGPT finché non rispetterà la disciplina privacy».

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Cos’è la chatGPT? È l’abbreviazione di Chat Generative Pre-trained Transformer ed è un modello di chat robot basato su intelligenza artificiale e machine learning sviluppato da OpenAi. Qualunque cosa tu chieda alla Chat, che sia scrivere un testo storico, immaginare una conversazione tra due persone o creare il codice per un’app, lo fa, motivo per cui ormai da settimane è un fenomeno del momento. Ma qualcosa non è andato, e in Italia è stato bloccato.

Infatti, il 20 marzo scorso, ChatGPT, il più noto software di intelligenza artificiale relazionale capace di simulare ed elaborare conversazioni umane, ha subito una perdita di dati (data breach) riguardante le conversazioni degli utenti e le informazioni relative al pagamento degli abbonati al servizio a pagamento. Il Garante della Privacy ha affermato in una nota: «Stop a ChatGPT finché non rispetterà la disciplina privacy. Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma. L’Autorità ha contestualmente aperto un’istruttoria».

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Scrive ancora di aver rilevato «la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma», e a dimostrarlo sono le informazioni fornite da ChatGPT non sempre corrispondono alla realtà, provocando un trattamento inesatto di dati personali.

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L’ultimatum del Garante della Privacy su ChatGPT

Nella serata di ieri il Garante della Privacy ha pubblicato una nota in cui spiega che «OpenAI avrà tempo fino al 30 aprile per adempiere alle prescrizioni imposte dal Garante per la protezione dei dati personali riguardo a informativa, diritti degli interessati, utenti e non utenti, base giuridica del trattamento dei dati personali per l’addestramento degli algoritmi con i dati degli utenti». A quel punto, se OpenAI si renderà disponibile a fare questi cambiamenti, l’Autorità potrà sospendere il provvedimento provvisorio e quindi in Italia sarà di nuovo possibile utilizzare ChatGPT.

Questo è quello che il Garante della Privacy chiede all’Azienda:

  1. OpenAI dovrà predisporre e rendere disponibile sul proprio sito un’informativa trasparente, in cui siano illustrate modalità e logica alla base del trattamento dei dati necessari al funzionamento di ChatGPT nonché i diritti attribuiti agli utenti e agli interessati non utenti. L’informativa dovrà essere facilmente accessibile e collocata in una posizione che ne consenta la lettura prima di procedere all’eventuale registrazione al servizio.
  2. Per gli utenti che si collegano dall’Italia, l’informativa dovrà essere presentata prima del completamento della registrazione e, sempre prima del completamento della registrazione dovrà essere loro richiesto di dichiarare di essere maggiorenni.
  3. Agli utenti già registrati, l’informativa dovrà essere presentata al momento del primo accesso successivo alla riattivazione del servizio e, nella stessa occasione, dovrà essere loro richiesto di superare un age gate che escluda, sulla base dell’età dichiarata, gli utenti minorenni.

«Quanto alla base giuridica del trattamento dei dati personali degli utenti per l’addestramento degli algoritmi, il Garante privacy ha ordinato a OpenAI di eliminare ogni riferimento all’esecuzione di un contratto e di indicare, invece, in base al principio di accountability, il consenso o il legittimo interesse quale presupposto per utilizzare tali dati, fermo restando l’esercizio dei propri poteri di verifica e accertamento successivi a tale scelta», aggiungono nella nota.

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Si chiede poi di mettere a disposizione degli «strumenti utili per permettere agli interessati, anche non utenti, di chiedere la rettifica dei dati personali che li riguardano generati in modo inesatto dal servizio o la cancellazione degli stessi, nel caso la rettifica non fosse tecnicamente possibile», e ancora OpenAI «dovrà consentire agli interessati non utenti di esercitare, in modo semplice e accessibile, il diritto di opposizione rispetto al trattamento dei loro dati personali utilizzati per l’esercizio degli algoritmi e riconoscere analogo diritto agli utenti, qualora individui il legittimo interesse quale base giuridica del trattamento».

Per i minori, «oltre all’immediata implementazione di un sistema di richiesta dell’età ai fini della registrazione al servizio, l’Autorità ha ordinato a OpenAI di sottoporle entro il 31 maggio un piano di azione che preveda, al più tardi entro il 30 settembre 2023, l’implementazione di un sistema di age verification, in grado di escludere l’accesso agli utenti infratredicenni e ai minorenni per i quali manchi il consenso dei genitori».

Ovviamente «l’Autorità proseguirà nell’accertamento delle violazioni della disciplina vigente eventualmente poste in essere dalla società e si riserva l’adozione di ogni ulteriore o diversa misura che si rendesse necessaria a conclusione della formale istruttoria tuttora in corso». Ora non ci resta che incrociare le dita.

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