L’App Immuni non va bene, ma per l’App IO Cashback nessun dubbio

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Ricordate tutti il drama sulla privacy quando è stata pubblicata per la prima volta l’app Immuni, giusto? Nessuno voleva installarla perché non volevano vendere i propri dati allo Stato, sebbene in molti abbiamo compreso che non corressero alcun pericolo e che, considerando tutti i social network su cui sono i scritti e condividono i propri dati, Immuni era l’ultimo dei problemi. Eppure, non ci hanno pensato due volte prima di scaricare l’App IO Cashback.

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Che l’applicazione di cui tanto si è parlato sia stata creata male e che in realtà funzioni poco e niente è un dato che, purtroppo, ormai è stato assodato, ma non abbiamo intenzione di discutere su questo. Quello su cui vogliamo puntare i riflettori oggi è come gli italiani siano terribilmente menefreghisti riguardo la propria privacy se in mezzo ci sono dei soldi. Insomma, sembrerebbe che sarebbero disposti a vendere persino se stessi pur di guadagnare qualcosa.

Una testimonianza è stato anche solo il fatto che l’app IO Cashback sia andata in tilt non appena uscita a causa dei troppi download, circa 6 mila al minuto e che, sebbene sia nei vari store da decisamente meno tempo della prima, conta più download di quest’ultima. Giustamente una non ti pagava in alcun modo e dovevi letteralmente utilizzare solo il tuo bluetooth per farla funzionare, molto più pericolosa.

Ma vediamo meglio la situazione, vediamo come un cashback valga molto più della nostra salute perché, ricordiamolo, l’app più criticata ci avrebbe dovuto segnalare se siamo stati in contatto con una persona positiva al Covid-19 e, chissà, magari se avesse funzionato per bene e se tutti l’avessero installata come richiesto, oggi saremmo riusciti, in qualche modo, a tornare alla tanto ambita normalità.

Come l’app IO cashback vale più dell’app Immuni

Partiamo dal principio, conosciamo le due applicazioni. «Immuni è un’app creata per aiutarci a combattere l’epidemia di COVID-19. L’app utilizza la tecnologia per avvertire gli utenti che hanno avuto un’esposizione a rischio, anche se sono asintomatici», leggiamo sul sito ufficiale dell’applicazione. Io, invece, nasce nel 2018 ed è «un unico punto di accesso per interagire in modo semplice e sicuro con i servizi pubblici locali e nazionali, direttamente dal tuo smartphone».

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Passiamo ora al punto fondamentale, la privacy. Tra le FAQ di Immuni, ovviamente, troviamo la domanda sulla privacy: come viene tutelata la mia privacy? Ed ecco come rispondono gli sviluppatori:

«Nello sviluppo di Immuni è stata dedicata grande attenzione alla tutela della privacy. Molte misure sono state adottate per proteggerla, eccone alcune:

• L’app non raccoglie dati che permettono di risalire alla tua identità. Non chiede, né è in grado di ottenere, il tuo nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono o e-mail.

• I tuoi spostamenti non sono tracciati né tracciabili in alcun modo.

• I codici casuali che gli smartphone si scambiano tramite Bluetooth non contengono né informazioni sul tuo dispositivo, né tanto meno su di te.

• Per maggior tutela della tua privacy questi codici casuali cambiano numerose volte ogni ora.

• I dati salvati sul tuo smartphone e le connessioni tra l’app e il server sono cifrati.

• Tutti i dati salvati sul dispositivo o sul server saranno cancellati quando non più necessari e in ogni caso prima del 31 dicembre 2020.

• I tuoi dati sono raccolti dal Ministero della Salute e verranno usati solo per contenere l’epidemia del Covid-19 o ai fini della ricerca scientifica.

• I dati sono salvati su server in Italia e gestiti da soggetti pubblici.»

Quindi nessun dato rubato, ma solo l’utilizzo del Bluetooth come dispositivo passivo in ascolto, che non faceva alcun danno se non, forse, contribuire a farti scaricare più velocemente la batteria. Leggiamo invece la risposta alla stessa domanda sull’applicazione IO:

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«IO è stato concepito e sviluppato secondo i principi e le regole imposte dalla normativa sulla protezione dei dati personali, ovvero il nuovo Regolamento (UE) 2016/679 (cosiddetto “GDPR”) e il Codice privacy italiano (d. lgs. 196/2003, come recentemente emendato); esso è quindi uno strumento sicuro che protegge le tue informazioni e i tuoi diritti.

IO però rappresenta solo uno canale che le Pubbliche Amministrazioni utilizzano per interfacciarsi con i cittadini, quindi queste ultime restano titolari dei tuoi dati personali necessari per svolgere il loro mandato istituzionale, esattamente come avviene oggi.

Il team di sviluppo di IO dialoga costantemente con il Garante per la protezione dei dati personali per rendere IO uno strumento che migliori l’esperienza del cittadino anche sotto il profilo di accessibilità e trasparenza delle informazioni relative alla sua privacy.»

Tuttavia, dovete sapere che l’app IO, quella che lo stomaco degli italiani ha installato senza farsi troppe domande, richiede l’autorizzazione all’accesso sul vostro smartphone a file in lettura, scrittura, cancellazione, connessione WiFi, al calendario in lettura e scrittura, alla fotocamera, alla galleria, utilizzo di internet, modificare i settaggi audio, controllo del NFC, controllo della vibration. Però IO vi paga e va bene, Immuni invece vi ruba i dati.

Tra l’altro sull’app più anziana non bisogna inserire alcun dato. Dovete scaricarla e vi viene affidato una sorta di codice, mentre l’applicazione con più di 6000 download al minuti vi chiede di inserire dati personali, CF/SPID, IBAN e carta di credito. Qual è, esattamente, la differenza? Se non scaricate Immuni perché ci tenete alla vostra privacy, ma scaricate IO senza neanche leggere la privacy policy, significa che vi importa della vostra privacy solo se non ottenete soldi indietro?

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