Da laureata al dipartimento DIRIUM dell’Università degli Studi di Bari meno di un anno fa, personalmente non sono stata minimamente sorpresa quando ho letto (parzialmente, dato che l’articolo è a pagamento) la notizia condivisa da La Repubblica che parlava di insulti, vessazioni e di esami superati da 2 studenti su 30 nella mia ex università, e nel mio ex dipartimento. Probabilmente perché io stessa ci sono passata. Io stessa ho vissuto sulla mia pelle gli insulti dei docenti, assistendo a quelli nei confronti degli altri colleghi. E parlandone con persone laureate anni e anni fa, la questione non è neanche nuova, per cui il fatto che finalmente si cerchi di fare qualcosa mi ha fatto tanto sorridere.
Ti fanno pensare che se non superi un esame è sempre colpa tua. Non importa che tu lo abbia studiato per mesi, che ti sia preparata su quei cinque libri, imparando ogni singola virgola a memoria perché sembra che ai docenti questo importi: che tu sappia la nozione a memoria, che la ricordi per quell’esame e poco interessa se poi la dimenticherai poche ore dopo la fine della prova. Devi sapere rispondere a quell’unica domanda, o a quelle cinque, dieci, trenta domande che ti vengono poste, e devi farlo in modo impeccabile, senza tintinnamenti, senza ansia, senza balbettare minimamente. Anche dopo una giornata intera seduto a terra, con quasi quaranta gradi, a luglio.
La stessa cosa è successa a me quando ho cominciato a raccontare le mie esperienze nei quattro anni e mezzo passati a Bari. Potrei raccontare di come la segreteria Erasmus, dopo avermi assegnato una meta non con il mio codice ISCED (e dove quindi non avrei potuto sostenere esami) e dopo i miei solleciti per fare il cambio meta inviato nei tempi previsti, mi ha risposto con un, e lo ricordo chiaramente, «Signorina, lei ha ragione. Ha fatto il cambio meta e non è stato protocollato». O ancora, quando le graduatorie sono state pubblicate dopo la scadenza della deadline per l’iscrizione alle università estere, e quindi noi studenti personalmente abbiamo dovuto chiedere il favore alle segreterie estere di accettarci comunque.
Quando ho iniziato l’università, ero ingenuamente convinta che non sarei mai stata bocciata. D’altronde, ho sempre studiato. Ho sempre dato il massimo. Ma all’università questo non bastava. La mia prima bocciatura l’ho avuta con una docente che oggi è in pensione. Poi ho riprovato. E ho riprovato ancora. Alla terza bocciatura mi ha detto che le facevo perdere tempo, che era imbarazzante per lei interrogarmi. Ancora oggi, io, non so il perché. So solo che non ho mai più ridato quell’esame con quella docente, e che ho avuto paura di presentarmi a un appello per mesi.
Testimonianza di un esame all’Università di Bari, dipartimento DIRIUM
Purtroppo storie di docenti che vessano i propri studenti non sono per niente rare, solo che se n’è parlato sempre troppo poco. “È una vergogna per me interrogarti” o ancora “Ma gli altri esami come vanno? Male, vero?” o ancora “Chi è il tuo relatore? Io non ti farò laureare mai“. Ci dicono che “è normale“, che “si è sempre fatto così“. Se lo vai a raccontare a un adulto che ha frequentato l’università magari ti racconterà la sua esperienza dicendo che anche lui ci è passato, dando per scontato che se c’è passato lui, devi passarci anche tu. E forse è anche per questo che molti docenti e assistenti sfogano le proprie frustrazioni sugli studenti.
Qualche anno fa, forse persino mesi fa, non si riteneva che uno studente potesse denunciare il proprio docente solo perché severo e solo perché ha bocciato la gran parte degli iscritti all’appello. Ma se c’è qualcosa che questa generazione ci ha insegnato, è che non è più tempo di stare in silenzio e quando si vede un’ingiustizia, quando si assiste a un docente che insulta una collega, non si può stare in silenzio ma bisogna parlare, bisogna urlare, bisogna usare la propria voce per aiutare non solo se stessi, ma anche gli studenti del futuro. Perché uno di loro potrebbe non essere abbastanza pronto psicologicamente a subire vessazioni del genere.
La denuncia degli studenti dell’Università di Bari
«Per un anno non ho provato quell’esame perché c’era lui e avevo l’ansia. Poi ho rischiato di mollare tutto per un esame», racconta una studentessa al sindacato studentesco Link, che poi riporta tutte le testimonianze al Garante degli studenti. Purtroppo, non mi è difficile crederlo. Non so quale sia il docente in questione, ma nel mio ultimo esame online sostenuto all’Università di Bari, il professore urlò contro la studentessa al suo ultimo esame, con tesi pronta e laurea rimandata per un anno, dicendole che non l’avrebbe mai fatta laureare, chiedendole anche chi fosse il suo relatore per accertarsi che davvero non avrebbe mai indossato quella corona d’alloro.
Nel caso raccontato poi su La Repubblica, si parla di dispense stracciate dal prof nel bel mezzo dell’esame orale, e anche questo mi sembra abbastanza fattibile, dato che, invece, al mio primo esame orale (quindi parliamo del lontano 2018), la professoressa buttò a terra il libro di un esaminando invitandolo a raccoglierlo e poi dicendogli che ci aveva messo più impegno a raccogliere il libro che a preparare l’esame. Potete immaginare il segno indelebile che lascia sulla vita universitaria di chi si trova ancora all’inizio, e del perché dopo essermi laureata all’Università di Bari mi sono dovuta rivolgere a una psicologa.
Ancora, si parla di insulti nei confronti di una ragazza considerata non all’altezza solo perché fuoricorso (e ancora, questa retorica del chi si laurea prima è superiore, che non ci scolleremo di dosso finché gli stessi giornali che denunciano queste situazioni poi continuano a pubblicare le storie delle grandi eccellenze), e anche di esami scritti passati da 2 iscritti su 30, un numero che non evidenzia come gli studenti non studino, bensì di come l’esame o è troppo complesso, oppure il docente semplicemente non è stato capace di insegnare bene ai suoi alunni. Quindi, di fare il suo lavoro.
Dopo la denuncia di Link Bari, fortunatamente, il garante degli studenti, ovvero l’ex procuratore Marco Dinapoli, è stato allertato, in quanto, come scrive l’associazione, «la portata della vicenda è abbastanza grave. Le chiediamo pertanto di incontrarla il primo possibile». Il direttore del dipartimento Dirium, Paolo Ponzio, ha detto di essere stato cercando dal garante, «ma ancora non sono riuscito a parlargli. Bisognerà capire come stanno le cose sentendo sia i colleghi sia gli studenti coinvolti. Nessuno dovrebbe subire maltrattamenti, ma attenderei prima di demonizzare qualcuno. Certo, se le segnalazioni arrivano al Garante vuole dire che la situazione è seria».
Il rettore Stefano Bronzini, raggiunto da La Repubblica, ha detto di non saperne ancora nulla, e vorrebbe ricevere una nota dagli studenti. «Se le cose stanno come dicono i ragazzi prenderemo provvedimenti. Sono molto dispiaciuto che non mi abbiano contattato personalmente per una questione così importante». L’università, comunque, «andrà in fondo per accertare eventuali comportamenti sbagliati e qualora dovessero essere accertati prenderà le giuste misure disciplinari». Adesso dobbiamo solo sperare che tutti gli studenti dell’Università di Bari che hanno subito vessazioni e che sono stati trattati senza rispetto dai docenti, si facciano avanti.
Nel 2023 non dovrebbe essere normale sentirsi un fallimento, come non dovrebbe essere normale che un professore insulti un proprio studente. Al contrario, dovrebbe essere prassi poter denunciare il proprio insegnante se ci si rende conto di irregolarità, senza dover temere delle ripercussioni sulla propria carriera universitaria.
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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