Storia del giornalismo sportivo italiano: dal fascismo alle grandi penne della F1

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Oggi parliamo di giornalismo sportivo. Lungi da me è l’intenzione di sfruttare con così tanta indecenza il programma d’esame di storia contemporanea. Ma no, in verità è proprio quello che andrò a fare.

Se i primi fogli sportivi iniziarono ad avere un discreto successo già negli anni ’80 dell’Ottocento, bisogna aspettare il Novecento per riscontrare da parte dei lettori uno spiccato interesse per il mondo dello sport.

Non solo, lo sport divenne un veicolo di propaganda facilmente sfruttabile nelle mani di Mussolini, in quanto capace di trasmettere e fomentare il desiderio di vittoria, il gusto per l’azione, e persino il sentimento di antisemitismo che sposava perfettamente le leggi razziali del 1938. Poi, i primi grandi nomi che hanno scritto – meglio, di cui è stato scritto – la storia dello sport in Italia, da Costante Girardengo (il primo “Campionissimo” del ciclismo italiano) a Tazio Nuvolari (il pilota che venne onorato nel 1935 al GP di Germania con ‘O sole mio, perché i tedeschi – troppo amareggiati dalla sconfitta della Mercedes-Benz – non trovarono il disco del nostro inno dell’epoca).

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Fonte: FormulaPassion

Da quel momento le tirature giornaliere aumentarono sempre di più, nonostante le battute d’arresto scatenate dalla crisi del dopoguerra o quella del 2008. Che fosse su carta, in radio, in TV o sulle neonate testate online, lo sport aveva iniziato a permearsi nella vita degli italiani.

Negli anni ’80 del Novecento, l’impennata di vendite riscontrata da parte del giornalismo sportivo aveva portato gli stessi quotidiani di informazione ad ampliare il proprio interesse per lo sport, mentre i tifosi si accanivano in animate discussioni trasmesse via radio o via cavo, presiedute dai primi opinionisti del campo.

Chiedete ad un tifoso calcistico che cosa “salverebbe” del regime fascista: la nazionale maschile di calcio – ovviamente – che nel 1934 e nel 1938 si è portata a casa due titoli mondiali, conquistando anche un titolo olimpico nel 1936.

I primi tre grandi titoli del giornalismo sportivo

La Gazzetta dello Sport

Il Ciclista e La Tripletta vennero fuse nel 1896 nel giornale La Gazzetta dello Sport, stampato inizialmente su carta verde, per poi assumere dal 1899 la colorazione rosa con cui oggi noi tutti lo conosciamo. Attenta a tutti gli sport praticati in Italia, dalla scherma al pugilato, il suo interesse si focalizzava principalmente sul ciclismo, occupandosi così nel 1909 del Giro d’Italia. La definitiva consacrazione avvenne negli anni ’20, grazie alla fama che il calcio stava acquisendo nel nostro Paese.

Negli anni ’50 si affermò la penna di Gianni Brera, che diede il suo contributo alla trasformazione del linguaggio sportivo in Italia. Negli anni ’70 offrì ai suoi lettori un nuovo modo di vivere lo sport: una sorta di “dietro le quinte” della vita dei campioni, tra il brivido della competizione e l’emozione delle loro vittorie.

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Fonte: Getty Images

Nel 1982, anno della vittoria italiana nel Campionato mondiale di calcio in Spagna, il giornale giunse a superare il milione di copie di tiratura. Il 25 maggio 1989, il giorno successivo alla vittoria del Milan nella Coppa dei Campioni di calcio, le tirature sfiorarono addirittura il milione e mezzo di copie. Con la vittoria della nazionale italiana di calcio ai mondiali in Germania del 2006, toccò il milione e 660mila, e fu necessario approntare una ristampa che fece salire la tiratura complessiva a oltre due milioni e 150mila.

Corriere dello Sport-Stadio

Il Corriere dello Sport nasce nel 1924, diventando la principale fonte di concorrenza per La Gazzetta dello Sport. Iniziò a dedicarsi al pugilato, ampliando sempre di più i suoi campi di interesse, dal ciclismo al calcio. Tra i membri del Consiglio di gestione figurava lo stesso Enzo Ferrari. Al momento della caduta di Mussolini, il giornale si trovava sotto la gestione diretta del Partito nazionale fascista, costringendo anche il Corriere ad un periodo di sospensione. Nel 1977, per iniziativa di Francesco Amodei, direttore anche dello Stadio, fu decisa la fusione tra i due giornali in Corriere dello Sport-Stadio, che è stata mantenuta tutt’oggi.

Tuttosport

Il Tuttosport nacque nel 1945, con sede a Torino. Anche grazie alla stagione fortunata delle due squadre di calcio Torino e Juventus conobbe in quegli anni una notevole crescita delle vendite. Spicca tra i giornalisti – e poi direttore dal 1974 al 1979 – Gianpaolo Ormezzano, ma anche Giglio Panza (riconosciuto da Ormezzano come suo maestro, entrambi tifosi del Torino) contraddistinto dal suo giudizio sempre oggettivo, e Xavier Giacobelli, direttore del giornale fino all’anno scorso. Oltre al calcio, spazia solitamente tra tennis e F1.

Le penne (e voci) della Formula 1

Siamo nel 1953 quando Piero Casucci iniziò a commentare le gare per il pubblico della Rai, per la quale aveva già curato alcune rubriche di automobilismo sportivo. Casucci era un giornalista degno della sua fama, prima autore per la rivista L’Automobile, poi per Quattroruote. Dalla metà degli anni ‘60 lo affiancò nelle telecronache Mario Poltronieri: se Casucci era stato il primo telecronista a commentare una diretta parziale del GP d’Italia, Poltronieri è ancora un ricordo caro nel cuore dei tifosi italiani.

Contraddistinto da uno stile pacato, Poltronieri rimase alla Rai fino al 1994, conducendo anche trasmissioni e telegiornali a carattere sportivo. Nelle sue mani il Motorsport iniziava ad acquisire l’attenzione che meritava, aiutato da Giancarlo Falletti, Enrico Benzing e Sergio Noseda.

In quegli anni fanno il loro esordio nel mondo della televisione anche Ezio Zermiani, Gianfranco Palazzoli e lui, Clay Regazzoni, il primo pilota di Formula 1 a stringere tra le dita il microfono nella posizione di commentatore tecnico. Regazzoni al tempo ricoprì anche il ruolo di promotore dell’inserimento dei disabili nello sport, memore dal terribile incidente che nel 1980, al GP degli Stati Uniti d’America-Ovest, lo costrinse poi alla sedia a rotelle.

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Fonte: Getty Images

Negli anni ’90, con l’avvento della Mediaset, il monopolio della Rai vacilla: la Mediaset nel 1996 acquistò l’esclusiva per trasmettere il Campionato mondiale di F1. In cabina di commento troviamo Guido Schittone e Andrea De Adamich (anche lui ex pilota della categoria regina). Dal 1997, però, la F1 passò al canale via satellite Tele+, con le voci di Paolo Leopizzi, Cesare Fiorio, Mauro Forghieri e Gabriele Tarquini. E Ivan Capelli, ovviamente.

Ivan Capelli lo ritroveremo alla Rai, insieme a Gianfranco Mazzoni, dal 1998 al 2017, testimoni della grande leggenda del sette volte campione del mondo Michael Schumacher alla Ferrari. Con Mazzoni, però, il pubblico italiano aveva già incontrato Giorgio Piola (giornalista per Autosprint e La Gazzetta dello Sport), Giancarlo Bruno (ingegnere con un passato in F1 e con le vetture turismo), e René Arnoux (sicuramente uno dei piloti più celebri della massima categoria).

Arrivò poi nel 2007 chi con la F1 ancora ci ha a che fare: Sky iniziò a trasmettere le prime gare in diretta con la voce di Leopizzi, accompagnato da – ma tu guarda – Carlo Vanzini, oggi però nel ruolo di prima voce, in compagnia di Marc Gené, Roberto Chinchero, Federica Masolin, Mara Sangiorgio e Davide Valsecchi (ex pilota come lo stesso Gené). Nei primi anni Vanzini venne affiancato da due note figure del Motorsport: Gabriele Tarquini e Gian Carlo Minardi.

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Fonte: LiveGP

Solo nel 2012 Sky riuscì ad acquisire l’esclusiva dei diritti televisivi della Formula 1 e delle sue categorie minori, mentre alla Rai restarono un paio di Gran Premi da poter trasmettere in chiaro (e così gli altri in differita).

Chi manca ancora da nominare? Beh, nominare magari no, ma sicuramente non posso disertare da una piccola nota di merito: Leo Turrini – sì, quello con cui vi ho rotto le scatole in una decina di articoli precedenti – è considerato tutt’oggi uno dei maggiori esperti italiani della categoria regina, da sempre vicino al Cavallino rampante e al mito del tre volte campione del mondo Ayrton Senna.

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Fonte: FormulaPassion

Lo rivedrete presto a Race Anatomy in qualità di opinionista per Sky Sport, ma anche dietro le pagelline dei piloti rilasciate dalla pagina Instagram del canale (vi auguro, invece, di trovarlo sulla copertina del prossimo libro che vi capiterà a tiro, quei post non rendono giustizia alla passione di quest’uomo per l’ambiente dei motori).

In realtà la lista potrebbe non finire mai, ma per il momento sventoliamo la bandiera a scacchi.

Fonte malamente seviziata come trampolino per parlare per l’ennesima volta di F1: Mauro Forno, autore di Informazione e Potere: Storia del giornalismo italiano.

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