Eurovision 2026: Israele confermato, l’Europa divisa tra partecipazioni e ritiri

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L’European Broadcasting Union (EBU) ha ufficialmente confermato che Israele potrà partecipare all’Eurovision Song Contest 2026. La decisione arriva dopo settimane di dibattito acceso tra le emittenti europee, che hanno valutato se escludere il paese a causa delle controversie politiche e delle accuse legate alla guerra in Gaza e a presunti tentativi di influenzare il televoto. La conferma della partecipazione israeliana ha immediatamente generato forti reazioni: alcuni paesi hanno annunciato che valuteranno di ritirarsi dal concorso, mentre altri confermano la propria presenza ma criticano apertamente la scelta dell’EBU.

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Eden Golan of Israel enters the arena during the flag parade before the Grand Final of the Eurovision Song Contest in Malmo, Sweden, Saturday, May 11, 2024. (AP Photo/Martin Meissner)

Perché alcuni paesi hanno chiesto l’esclusione di Israele

Negli ultimi mesi, numerose emittenti europee hanno espresso forti dubbi sull’opportunità di permettere a Israele di competere, minacciando perfino il boicottaggio. Oggi le emittenti europee si preparano a votare su un’eventuale esclusione di Israele dall’Eurovision 2026, e le posizioni sono profondamente divise. L’emittente olandese AVROTROS, insieme ad altre tv pubbliche, spinge con forza per il boicottaggio, motivando la propria scelta con ragioni morali e umanitarie legate alla guerra in Gaza. Dello stesso paese la Spagna e l’Irlanda.

Allo stesso tempo, altri paesi, come la Germania e l’Austria, mostrano un atteggiamento più prudente e critico nei confronti di una possibile esclusione, sostenendo che bandire Israele trasformerebbe il concorso in una piattaforma politica anziché culturale. In questo contesto, la votazione odierna rappresenta un momento cruciale per il futuro del festival, anche se molti ritengono improbabile che porti a una decisione drastica: l’atmosfera resta tesa, ma il rischio concreto di un’esclusione formale appare contenuto.

Le operazioni militari a Gaza

Molti osservatori e organizzazioni per i diritti umani accusano il governo israeliano di aver condotto operazioni che hanno provocato gravi conseguenze umanitarie, tra cui un genocidio in Palestina. Secondo una parte dell’opinione pubblica europea, permettere a Israele di partecipare a un evento celebrato come simbolo di pace e unità sarebbe incoerente con la situazione sul terreno. Per lo stesso motivo è stata esclusa la Russia anni fa.

Le accuse di interferenze nel televoto

Durante l’ultima edizione dell’Eurovision sono circolate accuse secondo cui Israele avrebbe utilizzato campagne organizzate dallo stesso governo israeliano per influenzare massicciamente il televoto. Questo ha riacceso il dibattito sulla trasparenza del sistema di voto e sulla necessità di proteggerlo da pressioni esterne.

La dimensione etica e simbolica

Per molti artisti europei, produttori e attivisti, la partecipazione israeliana sarebbe percepita come una forma di legittimazione internazionale delle sue politiche genocide. Alcuni vincitori e concorrenti recenti hanno dichiarato apertamente di preferire un Eurovision “senza Israele”, per salvaguardare l’integrità morale del concorso.

La posizione dell’EBU e dei sostenitori di Israele

L’EBU, insieme ad alcuni paesi membri, sostiene che l’Eurovision debba rimanere un evento culturale separato dalla politica. Secondo questa visione, squalificare un paese per ragioni geopolitiche significherebbe aprire la porta all’uso del concorso come strumento di pressione diplomatica. Eppure, la Russia è stata esclusa dall’Eurovision e dagli eventi sportivi, nonostante le vittime siano nettamente minori a quelle fatte da Israele nella Palestina – e sia chiaro che non si intende giustificare la Russia in alcun modo.

Questa posizione tra l’altro è sempre più difficile da difendere: il mondo dello spettacolo e quello politico sono ormai intrecciati, e il pubblico europeo chiede coerenza tra i valori dichiarati e le decisioni organizzative. La vicenda Israele mette in luce una contraddizione storica dell’Eurovision: nonostante si proclami apolitico, non può sottrarsi all’impatto della politica.

  • Il precedente della Russia, esclusa dopo l’invasione dell’Ucraina, è ancora vivo nella memoria del pubblico europeo.
  • Le tensioni interne all’EBU mostrano una platea divisa tra neutralità culturale e responsabilità morale.
  • Il rischio di boicottaggi potrebbe ridurre drasticamente il numero dei partecipanti e compromettere l’intera edizione 2026.

Il voto decisivo e le conseguenze della decisione

L’EBU ha confermato che Israele potrà partecipare all’Eurovision Song Contest 2026, suscitando immediate reazioni nel mondo delle emittenti e dei concorrenti. Subito dopo l’annuncio, alcune nazioni hanno fatto sapere che valuteranno di ritirarsi dal concorso in segno di protesta, mentre altre confermano la propria partecipazione.

La partecipazione israeliana e i primi ritiri (come quello della Spagna e dell’Olanda) creano uno scenario complesso e delicato. Se alcuni paesi dovessero effettivamente ritirarsi, l’Eurovision 2026 rischia di perdere parte della sua rappresentatività e della sua tradizione di inclusione. Al contempo, la scelta dell’EBU rappresenta un test di equilibrio tra neutralità culturale e responsabilità morale, in un contesto geopolitico sempre più teso.

In ogni caso, l’edizione 2026 si prospetta come una delle più controverse e dibattute nella storia del festival, ponendo l’Europa davanti a interrogativi su musica, etica e diplomazia internazionale.

Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull'italiano standard e neostandard, "paladina delle cause perse" e insegnante di Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Instagram: @murderskitty

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