Voto ai fuorisede bocciato per le elezioni politiche

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Il diritto di voto non può essere limitato“, recita una parte dell’art.48 della nostra Costituzione. Continua: “se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge“, e aggiungiamoci: e se sei un fuorisede. Perché i fuorisede non hanno il diritto di votare dalla città in cui vivono, e spesso sono costretti ad astenersi in quanto i biglietti di treni, aerei o bus sono davvero troppo costosi. Per non parlare per chi si sposta dal nord/centro verso il sud e quindi oltre allo spreco di soldi, deve contare anche lo spreco di tempo in quanto spesso tornare a casa è letteralmente un’Odissea.

Durante le elezioni politiche del 25 settembre, si è verificata una correlazione tra le regioni con la più bassa affluenza elettorale e quelle da cui proviene la maggioranza dei fuorisede. È importante ricordare che solamente il 63,9% dei più di 46 milioni di aventi diritto ha effettivamente votato, il dato più basso nella storia repubblicana. A differenza di altri paesi nel mondo, in Italia i fuorisede sono tenuti a far ritorno al proprio comune di residenza per poter esercitare il diritto di voto, salvo alcune eccezioni. Questa situazione comporta notevoli ostacoli economici e logistici che limitano la loro partecipazione al processo elettorale.

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L’associazione no-profit The Good Lobby, impegnata per una società più democratica ed equa, ha messo in luce il legame tra l’alto tasso di astensionismo registrato nelle recenti elezioni politiche e la maggiore concentrazione dei fuorisede in alcune regioni. Questa correlazione può essere evidenziata confrontando i dati sull’affluenza elettorale con quelli sull’incidenza dei fuorisede tra coloro che hanno il diritto di voto. In particolare, la regione con il tasso di partecipazione più basso è risultata essere la Calabria (50,8% di affluenza), seguita dalla Sardegna (53,2%), dalla Campania (53,3%), dal Molise (56,6%), dalla Puglia (56,6%), dalla Sicilia (57,3%) e dalla Basilicata (58,8%).

In Italia, da anni si combatte per garantire il diritto di voto ai fuorisede, e ciò è stato possibile anche grazie a un progetto di legge promosso dal Comitato Voto dove vivo, con la prima firma della deputata del Partito Democratico, Marianna Madia. Questo progetto di legge è riuscito ad avanzare fino alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, dove è stato preso in considerazione come testo base per l’ulteriore processo legislativo. Tuttavia, si sono verificate delle ostilità da parte della Lega e, in particolare, di Igor Iezzi. Per avere altre info: La maggioranza non vuole proprio far votare i fuorisede.

I fuorisede possono votare referendum ed europee, ma non politiche

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I ragazzi dell’Unione degli Universitari manifestano per il voto ai fuorisede

Un piccolo passo avanti possiamo dire che è stato fatto: la Camera ha approvato inizialmente la proposta di legge che delega il governo a preparare le norme necessarie per consentire il voto dei fuorisede. La delega stabilisce che l’esecutivo debba intervenire entro 18 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento e, di conseguenza, entro un periodo massimo di un anno e mezzo, il governo sarà tenuto a emanare i decreti legislativi necessari. Il voto dei fuorisede è quindi previsto per le elezioni europee (tuttavia difficilmente la delega sarà legge per il 2024) e per i referendum. No alle elezioni politiche.

Adesso la proposta di legge dovrà passare al Senato, ma è evidente che dalla bozza presentata ci son state fin troppe modifiche che l’hanno stravolta durante l’esame in commissione, scatenando diverse critiche da parte dell’opposizione. Marianna Madia (PD), afferma: «Abbiamo di fronte una maggioranza sorda, che stravolge una proposta di legge in quota opposizione sul voto ai fuori sede, che già c’è in tutte le democrazie avanzate, attraverso una delega che dilata tutti i tempi e che così va ben oltre le prossime elezioni europee, ma soprattutto toglie la possibilità a milioni di persone, spesso giovani studenti o lavoratori, di votare alle elezioni politiche».

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Quello a cui si riferisce è che la proposta di legge fatta in primis dall’opposizione viene trasformata in una delega in bianco dal governo, e quindi ci sarebbe «un problema di merito: quello di togliere di mezzo le elezioni politiche, ovvero quelle più importanti, cuore dell’introduzione nel nostro ordinamento di questo diritto di voto per i fuori sede. È allora del tutto evidente che governo e maggioranza hanno un problema serio con le nuove generazioni del nostro Paese».

Anche Silvio Lai, sempre del PD, è d’accordo, ritenendo che il testo iniziale «avrebbe consentito di favorire il diritto di voto fin da subito», mentre adesso è «solo una legge delega dove peraltro viene stralciata la possibilità di prevedere che la nuova norma possa riguardare anche le elezioni politiche». «È evidente che destra e governo si muovono in senso contrario rispetto alla necessità di favorire la partecipazione alle competizioni elettorali. Un ulteriore segno che destra e democrazia fanno fatica a convivere sotto lo stesso tetto», conclude.

Dalla maggioranza di destra, invece, si festeggia. Guerino Testa (FdI), dichiara: «Oggi scriviamo una bella pagina per la democrazia: il via libera alla legge che introduce il voto in un Comune diverso da quello di residenza, in caso di impedimenti per motivi di studio, lavoro o cura fissa un principio di civiltà. È un ulteriore passo nel percorso di riavvicinamento nel rapporto tra cittadini e Istituzioni che la cattiva politica aveva minato. Spiace per l’atteggiamento dell’opposizione, incapace di cogliere la portata di uno strumento moderno e innovativo».

Un dispiacere che la maggioranza sembri aver paura di far votare le generazioni più giovani, e soprattutto che gli stessi che ordino a noi nuove generazioni di far figli in modo da non far morire l’Italia, non facciano niente per noi. No al salario minimo, no al voto per i fuorisede. Perché dobbiamo procreare se non abbiamo degli stipendi decenti nella regione da cui proveniamo e quindi siamo costretti a spostarci molto probabilmente nel nord Italia o addirittura fuori Paese, perdendo di fatto il diritto di voto? Prima veniteci incontro, poi pensiamo a non far morire un Paese che però pensa solo alle generazioni più anziane.

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