Caltanissetta: 33enne si suicida perché l’ex che ha denunciato continua a perseguitarla

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Eh, ma non aveva denunciato!”, “Perché non denunciate se vi maltrattano“, leggiamo sotto i vari articoli di femminicidio. La polizia quando fa i vari report o va a parlare nelle scuole o in qualsiasi associazione, invita a denunciare. Ma poi? Cosa succede dopo la denuncia? Dopo la denuncia comunque veniamo uccise. L’ultimo caso è una 33enne che viveva a Caltanissetta, che aveva denunciato il 28 giugno l’ex fidanzato che già era stato condannato a 11 anni per violenza sessuale, lesioni e minacce di morte. Due giorni dopo la denuncia, lei si è tolta la vita, perché, riporta l’Ansa, non si sentiva al sicuro.

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Al 15 giugno, i femminicidi nel 2023 erano 43. Le donne uccise 54. Alcuni sono stati più sotto i riflettori di altri, come quello di Giulia Tramontano, uccisa a 29 anni dal suo compagno con trentasette coltellate. E per questo la ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella, il ministro dell’interno Matteo Piantedosi e il ministro della giustizia Carlo Nordio, hanno proposto un provvedimento per «velocizzare le valutazioni preventive sui rischi; rendere più efficaci le azioni di protezione preventiva; rafforzare le misure contro la reiterazione dei reati a danno delle donne e la recidiva; migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza».

Quello che però non si comprende, è che c’è bisogno di educare. Bisogna educare ragazzi e uomini al rispetto per le donne e basta farsi un giro sul web per comprendere come al momento questo manchi. Lo stesso presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, Fabio Roia ha affermato che nella norma proposta dai ministri si può agire solo con le prove, e quindi «vengono lasciate scoperte situazioni dove la prova dell’avvenuta violazione o violenza si basa sul racconto della donna o, per esempio, su una certificazione medica».

Simona Lanzoni, vicepresidente di Fondazione Pangea Onlus, è critica: «Perché questo ddl viene ritenuto una risposta ai femminicidi? Di fatto è una risposta a un reato quando è già stato commesso. Non ci sono novità ma solo allargamenti di misure già esistenti come il braccialetto elettronico, di cui tra l’altro si fatica addirittura a trovare disponibilità perché non ce ne sono a sufficienza». «Si fa presto a parlare di accorciare i tempi per le indagini e di adeguare le misure cautelari ma se non ci sono le risorse chi ne monitora l’applicazione? Se pensiamo al caso di Giulia, ad esempio, le misure previste dal ddl non le sarebbero servite perché non aveva denunciato».

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La donna di Caltanissetta, però, aveva denunciato. Si era resa conto dei rischi, aveva avuto paura per la sua vita, e aveva denunciato. Secondo un report del 2021, di 116 donne uccise, il 12% di loro aveva denunciato, che è comunque un numero abbastanza basso e allarmante che ci va domandare: perché le donne non denunciano? In realtà noi questa domanda ce la siamo già posta (ci dicono di denunciare ma non ci proteggono), e siamo giunti alla soluzione che semplicemente molte non denunciano perché sono consapevoli che non cambierebbe molto, e la testimonianza è quel 12% che è stata comunque uccisa.

Il suicidio della 33enne di Caltanissetta è un femminicidio

Denunci il tuo compagno ma comunque ti suicidi perché continua a minacciarti e a perseguitarti, nonostante sia condannato e agli arresti domiciliari perché era già stato denunciato. È quello che è successo a una donna di 33 anni di Caltanissetta, che si è tolta la vita per la paura del suo ex compagno. Si è tolta la vita nonostante il Procuratore Generale di Caltanissetta Fabiola Furnari abbia immediatamente chiesto e ottenuto in tempi record l’aggravamento della misura cautelare, facendo finire l’uomo in carcere. Ma ormai la donna era arrivata al limite di sopportazione.

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La 33enne che si è suicidata a causa del suo ex

Il 30 giugno scorso, la donna di 33 anni si è suicidata a causa della paura di subire nuove violenze da parte dell’uomo. Nonostante quindi l’intervento per limitare le azioni dello stalker sia stato tempestivo, purtroppo non è stato sufficiente ad evitare la tragedia. La donna era già stata vittima in passato di un lungo periodo di violenze, che aveva portato a numerose denunce e ad un processo conclusosi ad aprile con la condanna in appello dell’uomo a 11 anni di prigione per ripetute violenze sessuali, lesioni e minacce di morte.

Nel corso del 2020, i due hanno avuto una relazione sentimentale per alcuni mesi, ma ben presto si è rivelato un uomo violento. Dopo aver subito molteplici abusi, la donna lo ha denunciato e alla fine è stata ottenuta una condanna iniziale di 11 anni, successivamente confermata in appello. Nel frattempo, l’uomo è stato posto agli arresti domiciliari, ma come recentemente denunciato dalla donna, ha ricominciato a perseguitarla terrorizzandola e portandola a togliersi la vita a causa della paura.

In seguito all’ennesima denuncia (che comunque non si sarebbe dovuta presentare visto che l’uomo sarebbe dovuto essere ai domiciliari), la Procura ha richiesto un’aggravante per l’imputato, ma ormai per lei era troppo tardi, poiché non si sentiva più al sicuro e probabilmente niente l’avrebbe più fatta sentire bene. Attualmente, la stessa Procura sta indagando sul caso per capire cosa abbia causato un evidente fallimento nei controlli sull’uomo, che chiaramente non ha rispettato le restrizioni imposte durante gli arresti domiciliari e ha potuto continuare a perseguitare la sua ex compagna, portandola alla morte.

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