La Statua della Libertà con il volto di Putin, a Milano

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I milanesi o chiunque viva o si sia trovato a viaggiare a Milano negli ultimi giorni, avrà visto comparire al centro di Largo La Foppa una statua misteriosa, o meglio, una Statua della Libertà un po’ diversa da quella che però si trova a New York: vediamo in fatti non il volto della Dea Ragione, bensì il volto di Putin, e, invece della fiaccola simbolo del fuoco eterno della libertà, c’è una pistola puntata verso il cielo. L’opera è rivendicata dell’artista pop art Dicò, che insieme all’opera ha scritto sul suo profilo: «It always seems impossible until it’s done. Freedom is not a gun», ovvero: “Sembra sempre impossibile finché non viene fatto. La libertà non è una pistola“.

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L’opera è apparsa in largo La Foppa, nella zona Moscova, centro di Milano, è alta 2 metri e mezzo, colore fucsia, con macchie di vernice lungo la tunica e poi il volto di Vladimir Putin, il dittatore russo che da qualche mese ha fatto intraprendere una guerra contro l’Ucraina ma che in realtà da anni rende difficile la vita dei suoi cittadini che non sono dalla sua parte: pensiamo ad esempio a Alexei Navalny, o alla giornalista Marina Ovsyannikova, o ancora alle Pussy Riot. Potremmo anche parlare di Olga Misik o di tutte le persone che vengono discriminate o arrestate semplicemente per essere contro Putin.

Alexei Navalny è un avvocato leader dell’opposizione contro Vladimir Putin (che potrebbe restare alla presidenza fino al 2036) e anche un attivista anti-corruzione che il Wall Street Journal descrive come «l’uomo che Vladimir Putin teme di più». Non ha mai avuto paura di esporsi e di dire la sua opinione, che potesse o che non potesse piacere a Vladimir Putin, tanto che è il leader e fondatore del Partito Democratico del Progresso – Russia del futuro e che è anche uno dei pochi a criticare Vladimir Putin.

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Marina Ovsyannikova è invece la giornalista del canale televisivo Russia 1 che fu arrestata per aver esposto un cartello in diretta per protestare contro l’invasione dell’Ucraina. Sul cartello c’era scritto “No alla guerra, non credete alla propaganda, vi stanno mentendo, russi contro la guerra”e avrebbe anche urlato “fermate la guerra! No alla guerra“, in relazione all’”operazione speciale” (così la chiama Putin) che ha coinvolto la Russia in Ucraina. Oltre a questo, la donna ha anche pubblicato un video criticando il regime, spiegando le ragione della sua protesta.

Infine, le Pussy Riot sono l’incubo di Putin dal 2011. In 11 anni, con i loro vestiti eccentrici e colorati, hanno davvero provato arivoluzionarela Russia con i loro messaggi femministi e lgbt-friendly. Dalla preghiera punk ai baci ai poliziotti di pattuglia, le ragazze non hanno paura di nulla, neanche di tutto ciò che la Russia nega. Il loro nome, tra l’altro, significa propriorivolta delle vagine, pussy infatti significa micia ma anche vagina. Ma fuori dalla Russia, Putin ha diversi oppositori, e tra questi c’è Dicò.

Dicò e la Statua della Libertà con il volto di Putin a Milano

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La scultura nella zona Moscova è firmata da DICò, artista della pop art internazionale, ed è un messaggio di denuncia sociale. L’opera infatti sarà trasferita all’interno della galleria temporanea dell’artista che si trova nella stessa zona e che ha aperto qualche giorno fa al pubblico, per cui se vi trovate in quelle zone cercate di farci un salto. Sulla scultura, invece della fiaccola, c’è una pistola puntata verso il cielo, e su Instagram ha scritto una citazione di Nelson Mandela: «It always seems impossibile until It’s done», ovvero “sempre possibile, finché non viene fatto“. Ed è evidente a cosa faccia riferimento (una guerra così vicina all’Occidente).

La seconda citazione è dell’artista stesso, ed è quello che dà il titolo all’opera: “Freedom is not a gun”, ovvero “La libertà non è un’arma” che evidenzia come troppo spesso la libertà sia utilizzata come mezzo e giustificazione per avviare una guerra, e questo è un riferimento a come Putin abbia iniziato questa “operazione speciale” per “liberare” gli Ucraini. L’opera è molto piaciuta sia a livello nazionale che mondiale, e in molti l’hanno condivisa sui propri profili social.

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