È davvero assurdo che nel 2022 dobbiamo scrivere dello stupore di vedere una terna arbitrale completamente al femminile al campionato calcistico più importante di sempre, ovvero la Coppa del Mondo, detta più comunemente Mondiali. Parliamo di Stephanie Frappart, Neuza Back e Karen Diaz. La prima trentottenne francese che è stata anche la prima donna arbitro in Francia, e anche la prima in Europa, le seconde, sue assistenti, sono messicane. Tuttavia, che abbiamo dovuto aspettare il 2022 per vedere le donne arrivare ad arbitrare dei campionati sempre dominati da uomini, è davvero scandaloso.
Parlare in positivo dei Mondiali in Qatar è davvero impossibile. L’ultima è stata che l’omosessualità è un “danno mentale“, e a dirlo è stato l’ambasciatore dei Mondiali di Calcio 2022 in Qatar, Khalid Salman, ex calciatore della nazionale. Esattamente, durante un’intervista alla tv tedesca Zdf, ha anche affermato che «durante i mondiali di calcio arriveranno molte cose nel nostro Paese. Parliamo dei gay». «La cosa più importante è la seguente: tutti accetteranno che vengano nel nostro Paese. Ma loro dovranno accettare le nostre regole». Ma non è proprio così che funziona: dovrebbero essere loro ad accettare l’esistenza delle persone LGBT, in quanto esseri umani.
Pensiamo al report di SVT Sport, insieme a NKR e DR, in cui hanno affermato di aver contattato i 69 hotel consigliati dal sito FIFA per pernottare in Qatar durante il mondiale di calcio, e non tutti sembrano essere disposti a ospitare persone queer. Molti si sono rifiutati di avere delle persone LGBT nel proprio hotel, altri invece hanno avvertito che rischiano di essere arrestati. Per questo motivo Josh Cavallo ha voluto denunciare ancora una volta questa situazione.
Lo sportivo, lo scorso anno ha detto di essere «orgoglioso di annunciare pubblicamente che sono gay», ha raccontato di aver «combattuto la mia sessualità per oltre sei anni ormai, ma ora sono felice di potermene finalmente liberare. Tutto quello che voglio fare è giocare a calcio ed essere trattato allo stesso modo». Ha raccontato della realtà di cosa si prova a essere un calciatore professionista omosessuale, e del suo percorso per accettarsi e per amarsi, per trovare il coraggio di parlarne pubblicamente.
Perché «nel calcio, hai una piccola finestra per raggiungere la grandezza, e fare coming out pubblicamente potrebbe avere un impatto negativo sulla tua carriera. Come calciatore gay, so che ci sono altri calciatore che vivono nel silenzio. Voglio aiutare a cambiare questo, a mostrare che tutti sono i benvenuti nel mondo del calcio, e che c’è il diritti di essere autentici», ha scritto. Delle parole forti, importanti e di grande impatto che speriamo possano arrivare al cuore di chiunque, non solo delle persone LGBT ma soprattutto degli omofobi, per far sì che si rendano conto di sbagliare. Tuttavia… Almeno abbiamo una terna arbitrale femminile (che però non dipende dal Qatar).
La storia della prima terna arbitrale femminile ai Mondiali
Ai Mondiali del Qatar del 2022 sono presenti tre arbitre donne fra i 36 arbitri selezionati (insieme alla Frappart, anche la giapponese Yamashita Yoshimi e la ruandese Salima Mukansanga), mentre altre tre donne Neuza Back, Karen Diaz Medina e l’americana Kathryn Nesbitt sono fra i 69 assistenti arbitrali. «Quando arbitri le nazionali, l’unica differenza è che il livello è più alto, perché sono i migliori giocatori del paese», ha detto Stephanie Frappart, la prima donna arbitro della Francia, dell’Europa e anche dei Mondiali.
Sottolinea poi che il gioco maschile e femminile è sempre lo stesso, in quanto «il calcio femminile sta diventando sempre più veloce». Cos’è che cambia? «L’approccio tattico. Ma è proprio come ci sono diversi stili di gioco tra Europa, Africa e Sud America». Racconta anche della sorpresa quando le è arrivato l’annuncio: «è una sorpresa, non ci credi e dopo due o tre minuti ti rendi conto che stai andando ai Mondiali». Aggiunge a The Athletic: «no stata la prima donna arbitro in Francia, la prima in Europa, ogni volta la prima. Ormai so come affrontarlo».
La sua passione per il calcio inizia quando ancora era un’adolescente, mentre ha iniziato ad arbitrare a 13 anni: «Giocavo a calcio il sabato e arbitravo la domenica». E da lì ha iniziato la sua ascesa: è stata la prima arbitra nella seconda divisione francese, poi è arrivata alla Ligue 1 maschile, alla Supercoppa Europea, in Champions League e alla finale della Coupe de France. Adesso, giovedì scorso, è stata anche la prima donna ad arbitrare i Mondiali. «Dovrò concentrarmi sul campo. Lo stadio sarà sicuramente pieno e ci saranno tante aspettative. Dovremo prendere buone decisioni. Fai una buona prestazione quando ti concentri sull’obiettivo essenziale, il campo», disse.
Pierluigi Collina, capo degli arbitri della FIFA premiato da France Football con il Pallone d’oro per i direttori di gara, ha fatto i suoi complimenti all’arbitra: «Questa designazione prova che la qualità conta, non il genere. Spero che la nomina di arbitri donne d’élite per importanti competizioni maschili presto non sia più sensazionale ma una cosa ovvia».
Anche Mahboobeh Razavi, 36enne iraniana che vive in Qatar da due anni dove arbitra, commenta la scelta della Fifa: «è una porta che si apre per le arbitre, e in generale per tutte le donne, per costruire la strada verso una maggiore inclusione nei più importanti eventi sportivi mondiali. Spalla a spalla con gli uomini. È la prova che possiamo pensare in grande. Quando ho visto Frappart entrare in campo mi sono sentita orgogliosa. Come donna, mi ha dato ancora più fiducia nella nostra forza».
«Sono felice che questo sia accaduto in Qatar. Perché questi sono fatti che possono influenzare la cultura. Ancora oggi c’è chi non vuole che la propria figlia giochi a pallone, o che faccia sport in generale. Vedere in tv che a dirigere una partita della Coppa del Mondo c’era un’arbitra, fa capire che invece avere una donna allenatrice o arbitra ai più alti livelli del calcio mondiale è una cosa normale. Può aiutare le donne che ancora si scontrano con queste difficoltà. Può aprire la strada per una maggiore inclusione. Per le donne in Qatar, ma non solo. Perché è una questione che riguarda molti Paesi del Medio Oriente, dell’Africa».
Mahboobeh Razavi
Aggiunge poi che, venendo dall’Iran, paese dove ha avuto «molte difficoltà a diventare ciò che desideravo essere», ha sempre dovuto lottare, sia per giocare che per lottare per i diritti delle donne: «gli investimenti economici, le strutture, fino agli orari degli allenamenti». Trasferitasi in Qatar, ha completato gli studi in Scienze Motorie, e adesso ha nel cuore il sogno di «partecipare ad un Mondiale di calcio femminile come arbitra o come allenatrice. Purtroppo i limiti di età imposti per gli arbitri sono molto stringenti. Ma come allenatrice ci proverò. Perché anche questo era nel mio sogno. E, se si resta seduti a guardare, nulla accade: quindi io ci proverò».
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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