Viviamo in un mondo in cui le persone dei social spesso si fermano a un titolo, senza leggere l’articolo. Non lo diciamo solo noi che vediamo quelle notizie con il titolo click bait adatto giusto a far indignare qualche lettore che, tuttavia, potrebbe semplicemente aprire l’articolo e leggerlo per potersi non indignare, ma lo stabilisce uno studio della Columbia University secondo cui 6 persone su 10 non legge ciò che condivide sui social o invia ai propri contatti. In altre parole, si fermano sul titolo, senza leggerne il contenuto.
Questo ci porta bene o male nel discorso delle fake news. Perché? Principalmente perché è come leggere un contenuto e dare per scontato che sia vero, senza controllare le fonti. Insomma, è un po’ come diceva Baudrillard nel suo discorso sui simulacri: noi sappiamo le cose perché ce le dice qualche canale, ma non lo verifichiamo in prima persona. E in Italia, in particolare dal 2020, la situazione è divenuta persino peggiore. D’altronde, con il Covid-19, ne leggiamo di tutti i colori (addirittura che lo stesso Covid-19 non esiste).
Nel 2023, tuttavia, avremmo dovuto imparare che bisogna affidarsi a delle fonti certe, che non sono i politici, che non sono i social network. Pensiamo semplicemente alla storia di genitore 1 e genitore 2, nata da una fake news creata dalla destra (La verità su genitore 1 e genitore 2: ennesimo fail della destra), che è una delle fake news che più hanno preso piede negli ultimi tempi. Poi c’è il caso Biancaneve e politically correct: come i media italiani hanno rigirato l’articolo, anche in questo caso si trattava di una mezza verità. Insomma, i media e la politica italiana sono i migliori per quanto riguarda le notizie false.
E vogliamo parlare anche della foto selfie di Samantha Cristoforetti nello spazio, condivisa da Leggo, Il Mattino, La Gazzetta del Sud e Il Gazzettino, ma che in realtà è «un vecchio fotomontaggio che risale ad almeno un anno e mezzo fa ed è stato pescato dal Web, a quanto pare senza effettuare il minimo controllo»? Questo dimostra quanto facilmente le persone condividano le notizie online, senza minimamente informarsi o, addirittura, leggere.
Le persone non leggono ciò che condividono sui social: lo studio
Iniziamo da un articolo del Science Post, intitolato “Il 70% degli utenti Facebook legge solo il titolo degli articoli scientifici prima di commentare“. Lo stesso articolo è stato condiviso da migliaia di persone… Che evidentemente non lo hanno letto in quanto, oltre al titolo e alla prima frase che viene copiata e incollata due volte, poi il titolo era un semplice lore ipsum, ovvero un testo tipografico totalmente scollegato e privo di significato, che non dava alcun dettaglio sullo studio.
L’Università del Texas, poi, ha spiegato tramite uno studio che «miliardi di persone in tutto il mondo utilizzano i social media per acquisire e condividere informazioni. Un grande e crescente corpo di ricerca esamina come il consumo di contenuti online influisce su ciò che la gente sa». L’obiettivo della ricerca è quello di dimostrare «la condivisione di informazioni sui social media possa indurre le persone a credere di essere così informati come i loro post li fanno apparire».
«Esaminiamo questa possibilità nel contesto della “condivisione senza lettura”, un fenomeno che ci permette di isolare l’effetto della condivisione sulla conoscenza soggettiva da qualsiasi influenza della lettura o della conoscenza oggettiva. Sei studi forniscono prove di correlazione (studio 1) e causale (studi 2, 2a) che la condivisione, anche senza lettura, aumenta la conoscenza soggettiva e verifica il meccanismo di internalizzazione variando il grado in cui la condivisione pubblica impegna il partecipante a un’identità di esperto (studi 3-5). Un settimo studio indaga le potenziali conseguenze della condivisione di conoscenze soggettive gonfiate sul comportamento a valle nel campo del processo decisionale finanziario».
Un’ulteriore studio poi parla di come oggi qualsiasi testata online condivida sui social i propri articoli, in modo che le persone che li utilizzano leggano, o condividano a loro volta, i contenuti. Tuttavia, molti di loro condividono anche senza condividere. Secondo i dati dello studio, «le proprietà dei clic hanno un impatto su molteplici aspetti della diffusione delle informazioni, tutti precedentemente sconosciuti».
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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