Non possiamo non parlare del delitto d’Arce, in cui è stata uccisa una 18enne che ha avuto il coraggio di denunciare delle ingiustizie, per la rubrica di Una tazza d’horror. Cosa c’è di più spaventoso della storia di Serena Mollicone? Cosa può spaventare di più di una storia di ingiustizie, della storia di una ragazza che ha avuto il coraggio di denunciare per avere un futuro migliore per se stessa e per i suoi coetanei, ma che si è trovata a essere la protagonista di uno dei casi più macabri e tristi della storia d’Italia?
Qualche giorno fa è stato annunciato che i cinque imputati nel caso d’omicidio di Serena Mollicone erano stati considerati innocenti. Come la gran parte dei casi in cui sono coinvolte delle forze dell’ordine, la giustizia tarda ad arrivare, e talvolta non arriva. Abbiamo visto la storia di Carlo Giuliani, abbiamo visto quella di Federico Aldrovandi, e ovviamente anche quella più conosciuta di Stefano Cucchi, Proprio la sorella di quest’ultimo condivide con il padre della giovanissima donna uccisa 21 anni fa la lotta contro la giustizia, la lotta per ottenere la verità sulla morte dei propri cari.
«A coloro che stanno cercando la verità sull’assassinio di Serena dico con tutto il cuore: non mollate mai e non smettete mai di credere nella Giustizia anche se il prezzo che state pagando sarà altissimo, ma già lo sapete. Non so se augurarvi di fare la mia vita ma non si può dimenticare ciò che è stato fatto alla vostra bellissima ragazza. Siamo tutti condannati. Tutti noi», ha detto Ilaria Cucchi alle persone che ancora oggi lottano per ottenere la verità su quel che è successo a Serena Mollicone.
La storia di Serena Mollicone
Serena Mollicone aveva 18 anni, frequentava l’ultimo anno di liceo socio-psico-pedagogico “Vincenzo Gioberti” di Sora. Era una ragazza molto studiosa, tanto che all’inizio di giugno aveva già tutta la tesina pronta e, nel giorno in cui è scomparsa, l’avrebbe dovuta stampare in un paese vicino. Viveva insieme al padre (la madre è morta quando aveva solo 6 anni, mentre la sorella si era trasferita per insegnare a Como), con cui era molto legata e che ha combattuto per ottenere la verità su quel che è successo alla figlia fino al 2020, anno in cui è morto a causa di un infarto.
Il suo cadavere è stato trovato la mattina del 3 giugno 2001, dopo che il padre aveva denunciato la scomparsa il primo giugno 2001. Il due giugno tutto il paese ha cercato la ragazza, setacciando anche la statale, dove poi il suo corpo è stato ritrovato con mani e piedi legati con nastro adesivo, e un sacchetto di plastica sulla testa. L’autopsia poi stabilirà che Serena è morta per asfissia, sebbene fosse stata stordita con una botta alla nuca. Questa è la ricostruzione dell’ultima giornata della giovane ragazza:
Il giorno della scomparsa Serena non si era recata a scuola, per recarsi all’ospedale di Isola del Liri – 10 chilometri da Arce – dove ha effettuato una radiografia ai denti. Terminata la visita medica alle 9:30 la ragazza si è recata in una panetteria, e ha acquistato 4 porzioni di pizza e 4 cornetti, forse per dividere il cibo con altre persone. Poi probabilmente ha preso il pullman per ritornare ad Arce. Alle 13:15 sarebbe stata vista nella piazza principale del paese. Serena quel pomeriggio alle 14 doveva raggiungere il fidanzato a Sora, presso uno studio dentistico. Ma a quell’appuntamento la ragazza non si è presentata.
Chi l’ha visto? su Serena Mollicone
Cosa c’è che non va in questo caso? Perché fa tanto scandalo? In primis, la polizia di Arce non ha mai davvero indagato. Sarà perché i primi sospetti erano loro stessi? Pensate addirittura che il padre di Serena, dopo averla chiamata per tutta la giornata e aver cercato il suo cellulare in casa, poi lo avrebbe trovato una settimana dopo, nel cassetto della scrivania dove aveva già cercato. Come ci era finito lì? Ovviamente ce lo aveva messo qualcuno.
«Il telefono cellulare è stato portato in casa sicuramente durante la veglia notturna dall’assassino, che conosce le nostre abitudini», disse il padre di Serena Mollicone, Guglielmo. Addirittura, poi, il padre stesso fu indagato per l’omicidio della figlia. «Non ho mai avuto avvisi di reato e ho dato le impronte digitali spontaneamente», disse. «Se fossi stato io, accidentalmente, l’avrei detto subito, senza mettere in atto questa messinscena». Un padre che già aveva perso la figlia, che viene persino accusato del suo omicidio…
I primi sospetti vanno a persone incognite, in quanto Serena Mollicone aveva preso diversi pezzi di pizza al taglio; peccato che fossero per gli animali del quartiere che lei era solita sfamare. Due ragazze che lavorano in un bar a duo passi dalla frazione Anitrella, dissero ai carabinieri di aver visto Serena sul ciglio della strada, come se stesse aspettando qualcuno, finché non è salita su un’auto con un uomo che l’avrebbe prima strattonata. Ma in seguito a diverse ricerche e interrogatori, questa pista fu subito abbandonata.
L’unica persona che è andata in carcere (da innocente, tra l’altro) per l’omicidio di Serena Mollicone è il carrozziere Carmine Belli, che secondo il contenuto di un bigliettino, il giorno in cui la ragazza è scomparsa si sarebbe dovuta incontrare con l’uomo. Nel 2004 comunque Belli venne prosciolto da ogni accusa. La svolta nelle indagini avviene con la figura di Santino Tuzi, un carabiniere di Arce, che ad aprile del 2008 ha fatto delle dichiarazioni interessanti sul caso.
Il brigadiere aveva dichiarato agli inquirenti che intorno alle 11:00 del 1º giugno 2001, nella caserma di Arce, era entrata una ragazza dalla descrizione compatibile con quella di Serena e che fino a quando era rimasto in caserma, ovvero fino alle 14:30, la stessa non era uscita da lì. Serena Mollicone sarebbe entrata in caserma per denunciare Marco Mottola, spacciatore e anche figlio del maresciallo Franco Mottola. Tuzi si sarebbe suicidato lo stesso aprile 2008. Suicidato, sì.
Nel giugno del 2011 vengono ufficialmente scritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere l’ex maresciallo Franco Mottola, sua moglie e suo figlio Marco. Nel 2016 il cadavere di Serena fu riesumato per effettuare nuovi esami. L’anno successivo il medico legale Cristina Cattaneo ha concluso la seconda autopsia depositando una perizia di 250 pagina, e qui venne scoperta la sparizione degli organi genitali e dell’ano di Serena, che secondo il padre Guglielmo Mollicone fu operata per far sparire tracce biologiche compromettenti.
Il padre di Serena poi chiese che venissero effettuati dei rilievi nell’ex caserma di Arce, dove ritenne fosse stato nascosto il cadavere della figlia. Nel 2018 venne rivelato che gli accertamenti tecnici effettuati dal Reparto investigazioni scientifiche (RIS) dei Carabinieri sulla salma di Serena e sul nastro adesivo con cui era stata legata e imbavagliata, confermavano che l’omicidio era avvenuto nella caserma di Arce. Nel 2019 si chiudono le indagini, con la richiesta di rinvio a giudizio di 5 persone tra cui 3 carabinieri:
- il maresciallo Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco vennero accusati di omicidio aggravato;
- il sottufficiale Vincenzo Quatrale venne imputato per concorso in omicidio e per istigazione al suicidio di Tuzi;
- il carabiniere Francesco Suprano per favoreggiamento.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, a colpirla sarebbe stato il figlio di Mottola, Marco, probabilmente facendo sbattere la testa di Serena contro una porta all’interno della caserma. Anche le Iene si sono interessate nel caso di Serena Morricone in uno speciale del novembre del 2021, mettendo in mezzo anche un possibile intreccio tra le autorità del paese, quali Carabinieri, sindaco e parroco, che frequentavano il boss scissionista Marino, il quale dimorava in una villa nei dintorni di Arce. Il boss si era anche presentato alla veglia per Serena.
Il 16 luglio 2022 la corte d’Assise del tribunale di Cassino ha emesso la sentenza di assoluzione per i cinque imputati. Ma la storia non finisce e non può finire qui. Serena Mollicone, come tutte le vittime delle forze dell’ordine, come tutte le persone scomparse e mai più ritrovate (come ad esempio Denise Pipitone), meritano giustizia, meritano verità, meritano anche vendetta. E non c’è vendetta migliore che sbattere in carcere a vita i colpevoli.
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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