Siamo stupiti dal fatto che un’applicazione cinese, QQ, vieti ai propri utenti di scrivere parole come gay, lesbica e LGBTQ? Assolutamente no. D’altronde parliamo di un magico posto in cui una delle università ha chiesto la lista di tutte le persone omosessuali includendo anche eventuali problemi mentali. Tuttavia, è comunque straziante leggere notizie del genere e soprattutto nel silenzio generale dei media internazionali.
Breve digressione su quel che è successo all’università: un molto popolare college di Shangai avrebbe chiesto a tutti i college di stilare una lista con le persone LGBT insieme a una nota con lo stato mentale di questi studenti. Al momento l’Università di Shangai, fa sapere il The Guardian, non ha né confermato né negato né risposto alle innumerevoli domande che sono state poste in seguito a questa notizia che ha fatto il giro della Cina e del mondo. Tra l’altro Shangai è la città dove fu annullato il Pride, unica manifestazione annuale cinese.
Può sembrare una cosa banale, può sembrare un problema da niente, ma pensate a quando Donald Trump si lamentava per essere censurato dai social. Dalla destra americana a quella italiana, tutti erano indignati perché i social non permettevano al loro presidente di esprimersi. La differenza fra queste due situazioni è che nel primo caso si trattava di proteggere i cittadini dalle fake news e dall’odio, nel caso di QQ, invece, si tratta di provare a eliminare una parte della popolazione.
È un po’ come avviene in Ungheria, in cui qualsiasi simbolo o personaggio LGBT è vietato dalla televisione o nel piccolo schermo, tanto che molte serie tv sono state oscurate a causa di questo divieto, solo che avviene in un’app, QQ, che è una sorta di Snapchat cinese, descritta così proprio dal Wall Street Journal, di proprietà del gigante tecnologico Tencent. È comunque molto popolare in Cina.
Cina: QQ vieta parole legate alla comunità LGBT
Gli utenti della piattaforma QQ si sono resi conto che, ogni volta che provavano a scrivere parole come “gay“, “lesbica” e “LGBT“, ricevevano un messaggio con scritto: «usa internet in modo civile. Dite no alle informazioni dannose», ovvero lo stesso messaggio che compare agli utenti quando cercano dei contenuti espliciti. O l’applicazione ha deciso di sessualizzare l’intera comunità LGBT, o ha deciso di discriminarla come se fossero dei contenuti espliciti e dannosi.
Tra l’altro non appena la notizia è stata resa pubblica, l’azienda di QQ non è riuscita a spiegare il perché quelle parole fossero state bandite, tuttavia hanno rapidamente cambiato. Adesso risulta che non ci sono «risultati trovati», ma non compare alcun messaggio. La situazione ovviamente non è minimamente migliorata. Proprio all’inizio di quest’anno, tra l’altro, anche WeChat come QQ aveva eliminato i profili LGBT, come gli utenti hanno denunciato a Reuters. La scusa era che avevano «violato le norme sulla gestione dei conti che offrono servizio di informazione pubblica su Internet cinese».
Ci auguriamo che le persone cinesi LGBT siano al sicuro e soprattutto riescano a ottenere l’indipendenza e i diritti che meritano. In Cina l’omosessualità è stata depenalizzata nel 1997, ma solo nel 2001 non è stata più considerata come un disturbo psichiatrico. Sei anni fa la China Television Drama Production Industry ha introdotto delle regole che stabilivano che «nessun dramma televisivo deve mostrare relazioni e comportamenti sessuali anormali, come incesto, rapporti tra persone dello stesso sesso, perversioni sessuali, violenza sessuale e così via», tanto che la serie tvAddictedè stata interrotta nonostante le tante visualizzazioni. Un anno dopo anche i contenuti di streaming online con tematiche LGBT sono vietati per legge.
Quindi, in conclusione, in Cina le persone LGBT possono essere omosessuali alla luce del sole, non sono considerati malati e le persone transgender possono cambiare legalmente sesso anche nei documenti una volta superata la maggiore età. Tuttavia non esiste una legge anti-discriminazione sul lavoro o nei vari settori, non c’è il matrimonio egualitario né l’unione civile, non è consentito adottare, non possono far parte delle forze armate e né possono donare il sangue. Tra l’altro non c’è neanche la libertà di espressione poiché non si può parlare di omosessualità online. Per questo non ci stupiamo troppo delle ultime notizie.
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull’italiano standard e neostandard, “paladina delle cause perse” e studentessa di Didattica dell’Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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