Parler: il social per i trumpiani a cui si è iscritto anche Matteo Salvini

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Quando si dice che se raggiungi il fondo puoi solo risalire, in realtà non è sempre vero. Quando tocchi il fondo, puoi anche cominciare a scavare per andare ancora più in basso. È il caso di Matteo Salvini, che è passato da cheerleader di Donald Trump a sostenitore della pace contro la rivolta di Trump a nuovamente sostenitore dell’ex Presidente iscrivendosi a Parler, la piattaforma del sovranismo per eccellenza.

Partiamo dal principio. Come abbiamo già scritto in altri articoli, Donald Trump è stato bannato da tutti i social a causa dei post che hanno istigato una rivolta che ha portato i suoi sostenitori a fare irruzione a Capitol Hill, in cui sono morte cinque persone. I social hanno quindi deciso di censurare Trump, chi in modo definitivo come Twitter e chi fino alla fine del suo mandato, come Facebook.

Matteo Salvini, che nei mesi scorsi girava con la mascherina TRUMP 2020, qualche giorno fa si era arreso, affermando che la violenza non è mai la scelta giusta e che «in democrazia chi vince ha sempre ragione». Tuttavia, quando Trump è stato bannato, i suoi sostenitori hanno iniziato una sorta di rivolta contro i social che hanno voluto censurare il loro idolo, così in molti si sono trasferiti su Parler.

In questo articolo vedremo cos’è Parler, come funziona i social, cosa ha dovuto subire da quando i trumpiani sono approdati e, infine, l’adesione di Matteo Salvini.

Cos’è Parler?

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Parler è un social network analogo a Twitter ma che è nel cuore di tutti i conservatori americani e non. Sebbene esista dal 2018, è divenuto molto popolare soprattutto negli ultimi giorni, poiché è basato sulla libertà di parola, per cui anche se sei un omofobo razzista e misogino, Parler ti permette di esprimere la tua opinione. Insomma, è il social adatto a tutti i trumpiani che vogliono fare una rivolta e riprendersi quel che, secondo loro, gli appartiene.

Parler è amato perché non ci sono regole, o meglio ci sono delle regole che piacciono ai militanti dell’estrema destra e ai conservatori che non vogliono trovarsi alcuna censura sui loro post in cui discriminano le altre persone. Tuttavia, ormai dovrebbero imparare la lezione, online non c’è più posto per odio, omofobia, razzismo e misoginia.

Parler offline

Non appena tutti i sostenitori di Trump, incluso Matteo Salvini, sono migrati su Parler, Amazon, Apple e Google le hanno dichiarato ufficialmente guerra. Potrete infatti constatarlo da soli: l’app Parler non è più disponibile né sul PlayStore né sull’AppStore. A spiegare il motivo è un portavoce della Apple che, a TechCruch, ha affermato: «sulla nostra piattaforma non c’è post per minacce di violenza e attività illegali».

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Amazon, invece, ieri ha disattiva i server sul cloudhosting del social per incitamento alla violenza e ha segnato, nelle ultime settimane, al social network un centinaio di «post che chiaramente incoraggiano ed incitano alla violenza» (sembrerebbe che l’attacco a Capitol Hill sarebbe stato proprio organizzato su questo social), così ha tolto al social che i trumpiani hanno fatto proprio il server, facendo andare offline tutta l’applicazione.

Il fondatore, John Matze, ha dichiarato che Parler potrebbe restare offline per una settimana circa, questo perché devono riuscire a trovare un nuovo server che possa ospitarli.

Matteo Salvini su Parler

Anche Matteo Salvini ha deciso di universi al social trumpiano, poco prima che venisse buttato giù da chi non sostiene la violenza (anche Matteo Salvini aveva scritto di non sostenere la violenza, solo che ha proprio deciso di iscriversi a questo social in cui la violenza non si condanna): «Amici, da oggi anche su Parler. Happy to be on Parler, love from Italy», ha scritto sul suo profilo che in poche ore ha raggiunto 8mila followers.

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Su Parler, già da tempo, c’erano già i profili di Alberto Bagnai, un senatore della Lega, e dei giornalisti Daniele Capezzone e Maria Giovanna Maglie.

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