Le calciatrici brasiliane omaggiano Mahsa Amini

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La nazionale brasiliana di calcio femminile, diretta ai Mondiali 2023 in Australia, ha viaggiato fino a Brisbane a bordo di un aereo che ha reso omaggio alla manifestante iraniana per i diritti umani Mahsa Amini, uccisa dal regime iraniano lo scorso anno. Insieme a lei, c’era anche il volto di Amir Nasr-Azadani, anche lui, insieme alla ragazza, volto delle rivoluzioni antigovernative in Iran. I loro volti erano sulla code dell’atterraggio e c’erano anche delle frasi che sostenevano i diritti delle donne e la libertà di parola.

Mahsa Amini, una giovane donna iraniana, è stata tragicamente uccisa a causa del regime oppressivo in Iran. La sua unica colpa era quella di non indossare l’hijab secondo i rigidi standard imposti. Mahsa sognava di vivere una vita libera, ma la sua determinazione per l’autonomia le è costata la vita. È stata soggetta a un brutale pestaggio perché si rifiutava di piegarsi alle ingiustizie del regime. La sua morte ha scosso le donne iraniane, le sue compagne, che hanno cercato di vendicare il suo sacrificio e di creare un futuro in cui le donne possano godere della libertà che è stata loro negata.

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Mahsa Amini

Numerose atlete e attrici hanno sostenuto apertamente questa causa, mettendo a disposizione il loro volto e la loro notorietà. Purtroppo, molte altre donne coraggiose hanno perso la vita o non potranno mai vedere il giorno in cui il sole splenderà sulla loro amata patria, poiché il regime oppressivo disprezza le donne audaci.

Mahsa Amini è stata arrestata per aver indossato un “hijab improprio” ed è morta durante la custodia. Tuttavia, un capo della polizia iraniana ha categoricamente negato tutte le accuse. «Improvvisamente ha avuto un problema cardiaco mentre era in compagnia di altre persone che ricevevano una guida [ed] è stata immediatamente portata in ospedale con la collaborazione dei servizi di emergenza», ha detto la polizia. Il presidente Ebrahim Raisi ha ordinato al ministro dell’Interno di aprire un’inchiesta sul caso. Diversi legislatori hanno affermato che solleveranno il caso in parlamento, mentre la magistratura ha affermato che formerà una task force speciale per indagare.

Anche Amnesty International ha denunciato la situazione: «Le circostanze che hanno portato alla morte sospetta in custodia della giovane donna di 22 anni Mahsa Amini, che includono accuse di tortura e altri maltrattamenti in custodia, devono essere indagate penalmente. La cosiddetta ‘polizia della moralità’ di Teheran l’ha arrestata arbitrariamente tre giorni prima della sua morte mentre applicava le leggi del Paese sul velo forzato abusivo, degradante e discriminatorio. Tutti gli agenti e i funzionari responsabili devono affrontare la giustizia».

Oltre a Mahsa Amini, anche Amir Nasr-Azadani, un importante calciatore iraniano, è stato accusato di coinvolgimento nell’uccisione di tre agenti di sicurezza durante le proteste a Isfahan. È stato accusato di rivolta contro le autorità, un reato che prevede la pena di morte secondo il codice penale iraniano.

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L’omaggio per Mahsa Amini

«Nessuna donna dovrebbe essere costretta a coprirsi la testa» e «Nessun uomo dovrebbe essere impiccato per aver detto questo», leggiamo sui lati dell’aereo dove hanno viaggiato le giocatrici della nazionale brasiliana di calcio femminile, dirette ai Mondiali 2023 in Australia. La Confederazione calcistica brasiliana (CBF) ha chiarito di non essere coinvolta nei messaggi visualizzati sull’aereo, sia mai che gli venga riconosciuto di aver fatto qualcosa di buono e attivista. La CBF ha spiegato di aver noleggiato l’aereo privato e che la responsabilità dei messaggi spettava al proprietario dell’aereo.

Secondo l’emittente australiana SBS, l’aereo charter è di proprietà del produttore cinematografico argentino Enrique Piñeyro. Con questo gesto, ovviamente, viene trasmesso un forte simbolo di solidarietà con i manifestanti iraniani e la loro lotta per i diritti umani. Tra l’altro, recentemente la FIFA ha annunciato che i capitani delle squadre della Coppa del Mondo femminile potranno indossare bracciali che rappresentano varie cause sociali, tra cui l’uguaglianza di genere, l’inclusione e la pace.

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