Abbiamo parlato ieri delle assurdità scritte da Jacopo Coghe, portavoce di Provita Onlus, sulla carriera alias, e in particolare delle sue azioni intraprese contro le scuole che hanno deciso di riconoscere i propri studenti transgender o no-binary. Tuttavia, a rispondere ai post e alle diffide, ci ha pensato qualcuno di più competente di noi, e questa persona è il Professore associato di Diritto Pubblico comparato nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Sapienza di Roma, Angelo Schillaci. In più, mentre Coghe si vanta delle scuole che hanno immediatamente tolto la carriera alias, altre rispondono non dando retta alla diffida.
La carriera alias, per chi non lo sapesse, è una procedura che consente agli studenti trans di poter cambiare nome e genere a scuola ancor prima dei 18 anni e di un eventuale compimento del percorso giuridico relativo al cambiamento ufficiale di sesso. Diverse università e scuole d’Italia hanno già attivato questo percorso e anche Rete Lenford ha proposto le proprie linee guida invitando i presidi delle scuole ad adottarlo. Questo chiaramente ha scatenato l’omotransfobia di molti esponenti della destra, prendiamo ad esempio Elena Donazzan, esponente di Fratelli d’Italia conosciuta principalmente per aver cantato fascetta nera e per aver bullizzato con omotransfobia Cloe Bianco, che poi si è suicidata.
Ma perché? Cos’ha di sbagliato la carriera alias? D’altronde, chi non è transgender, continuerà a utilizzare il proprio nome e il proprio cognome, chi è transgender invece avrà la possibilità di farsi chiamare con il nome che coincide con il genere in cui si riconosce. Questo priva qualcuno di qualche diritto? Fa un qualche tipo di propaganda? Manca di rispetto qualcuno? Semplicemente si permette a degli adolescenti di essere felici con se stessi e soprattutto a scuola. E sappiamo che degli studenti felici, studiano meglio. Ma forse l’Italia ci vuole ignoranti. Oppure morti.
«Abbiamo lanciato la più vasta campagna legale contro l’ideologia gender in Italia, notificando circa 150 diffide ad altrettante scuole che hanno approvato la cosiddetta Carriera Alias per “alunni transgender” su pressione del movimento LGBTQIA+, intimandone l’immediato annullamento», ha scritto Jacopo Coghe in un comunicato ufficiale. Il motivo delle difficile è quello di «assegnare un nome diverso a uno studente in base a una mera auto-percezione di genere, per di più priva di una diagnosi di disforia di genere, non solo è una procedura dannosa per la sua sana maturazione psico-fisica, ma è soprattutto in aperto contrasto con le normative vigenti in campo amministrativo, civile e potenzialmente anche penale».
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Coghe ha subito fatto sapere che alcune scuole abbiano già annullato la carriera alias, o fissato Consigli d’Istituto per farlo, e per quello che non l’hanno fatto si chiede l’intervento del ministero dell’Istruzione. Ma intanto alcune scuole che hanno deciso di restare dalla parte degli studenti. U esempio è la preside Laura Scalfi, dell’Istituto G. Veronesi di Rovereto: «Nel nostro istituto abbiamo affrontato il tema nel collegio docenti ottenendo l’approvazione del cv alias all’unanimità, e questo mi riempie di orgoglio perché è la dimostrazione di come al di là delle convinzioni personali, se una scuola lavora per il benessere dei suoi studenti non ci sono steccati».
La stessa onda è dell’Istituto Giulio Cesare e del Liceo scientifico Scacchi di Bari. La preside di quest’ultimo, Chiara Conte, ha dichiarato: «Anche noi abbiamo ricevuto la lettera di diffida e mi riservo di rispondere. Ognuno è libero di esprimersi, nel rispetto della libertà dell’altro. Non contesto le idee. La scuola non fa politica, ha il compito di dare agli studenti però la capacità di lettura della realtà così come l’università: sono luoghi di formazione e insegnano a saper riflettere con la propria testa e lasciare la libertà di scegliere singolarmente». Ma la risposta giuridico-tecnica arriva da un docente universitario.
Il prof. Angelo Schillaci smonta le dichiarazioni di Jacopo Coghe sulla carriera alias
«La diffida si basa su una radicale mistificazione dello scopo e degli effetti delle cd. carriere alias introdotte in sede scolastica», scrive il prof. Schillaci in un post Facebook. «Da tale mistificazione, fa discendere una serie di effetti giuridici la cui sola prospettazione può, in effetti, ingenerare preoccupazione nelle e nei dirigenti scolastici che, in assoluta buona fede e nel pieno rispetto della legge, hanno deliberato assieme ai competenti organi di istituto di introdurre all’interno della comunità scolastica uno strumento», che è quello della carriera alias.
Sottolinea anche che questo strumento «ha l’unico ed esclusivo scopo di contribuire alla creazione e al consolidamento di un ambiente di vita e studio pienamente rispettoso della dignità di ogni persona e, per la persona interessata, privo di qualunque fonte di disagio derivante dal mancato riconoscimento della propria identità nelle relazioni quotidiane». E quindi, già a questo punto, è semplice contestare il primo passaggio della diffida in cui Coghe afferma che la carriera alias viola i diritti degli studenti, ma non si comprende in che modo.
«La diffida mostra di non comprendere – o piuttosto strumentalmente mistifica la reale portata dell’identità alias – che lo strumento in parola ha, anzitutto, natura provvisoria e transitoria: si tratta, cioè, di uno strumento elastico e flessibile, capace di adattarsi alle esigenze della persona che ne richiede l’attivazione; e, in aggiunta, viene attivato, nel caso di minori, di comune accordo con la famiglia, nel pieno rispetto dei principi che regolano il rapporto tra famiglie e istituti scolastici.
Davvero non si comprende come tutto questo possa essere dannoso per la persona istante. Piuttosto, si ripete ancora una volta che la finalità dello strumento in esame è – all’opposto – quella di assicurare alla persona che chieda l’attivazione della identità “alias” uno spazio di vita e relazioni sereno e aperto al riconoscimento delle differenze individuali».
E riguardo gli art. del codice civile e penale citati dal portavoce di Provita Onlus, il professore scrive che « la prospettata violazione di norme discende da una mistificazione della natura e degli effetti dell’identità alias. Infatti, come ben noto, l’attribuzione dell’identità “alias” ha effetti unicamente all’interno dell’istituzione scolastica, mentre tutti gli atti a rilevanza esterna – ivi compresi se del caso i registri – rimangono intestati al nome anagrafico. Tale circostanza è peraltro solitamente ribadita nei regolamenti e/o nelle linee guida con le quali l’istituzione scolastica disciplina l’attribuzione dell’identità alias e i suoi effetti», e quindi «esclude in radice tutte le contestate violazioni di legge».
Il post si conclude affermando che «il riconoscimento del diritto di avvalersi di un nome di elezione a chi ne faccia richiesta rientra a pieno titolo nell’autonomia degli istituti scolastici desumibile dall’articolo 33 della Costituzione e riconosciuta dall’articolo 21 della legge n. 59/1997 nonché dall’articolo 1 del d.P.R. n. 275/1999”». Questo è il post completo:
Qualche giorno fa Fiorenzo Gimelli, Presidente di AGeDO Nazionale, mi ha chiesto di fare qualche riflessione sulla…
Pubblicato da Angelo Schillaci su Giovedì 8 dicembre 2022
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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