Bentornati su Una Tazza D’horror la rubrica dove parliamo di casi irrisolti, omicidi , leggende metropolitane e tanto altro. La scorsa volta abbiamo parlato di Dan Schneider, il presunto pedofilo di Nickeleodeon, quest’oggi invece parleremo del misterioso incidente accaduto in Russia precisamente a Djatlov.
Cosa è successo a Djatlov?
L’incidente del passo di Djatlov avvenne la notte del 2 febbraio 1959, quando nove escursionisti accampati nella parte settentrionale dei monti Urali morirono per cause rimaste sconosciute. Il fatto avvenne sul versante orientale del Cholatčachl’, che in mansi significa “montagna dei morti”. Il passo montano della scena dei fatti è stato da allora rinominato “passo di Djatlov”, dal nome del capo della spedizione, Igor Djatlov.
La mancanza di testimonianze oculari ha provocato la nascita di molte congetture in merito alle cause dell’evento. Investigatori sovietici stabilirono che le morti erano state provocate da «una forza della natura». Dopo l’incidente, la zona fu interdetta per tre anni agli sciatori e a chiunque altro intendesse avventurarcisi. Lo svolgimento dei fatti resta tuttora non chiaro anche per l’assenza di sopravvissuti. Gli investigatori all’epoca stabilirono che gli escursionisti avevano lacerato la loro tenda dall’interno, correndo via a piedi nudi nella neve alta e con una temperatura esterna proibitiva, probabilmente attorno ai −30 °C.
Sebbene i corpi non mostrassero segni esteriori di lotta, due delle vittime avevano il cranio fratturato, due avevano le costole rotte e a una mancava la lingua. Sui loro vestiti fu riscontrato un elevato livello di radioattività; altre fonti invece ridimensionano fortemente la contaminazione degli abiti, datandola anteriormente alla spedizione.
Il gruppo, guidato da Igor Djatlov, era composto da otto uomini e due donne; la maggior parte di loro erano studenti e neolaureati dell’Istituto Politecnico degli Urali , oggi Università federale degli Urali. I componenti erano: Igor Alekseevič Djatlov, di anni 23; Zinaida Alekseevna Kolmogorov, di anni 22.
Tornando a quella notte sul versante orientale del monte Cholatachl che nel linguaggio locale Mansi significa “montagna dei morti” come abbiamo già detto, successe qualcosa di imprevisto dopo la mezzanotte, qualcosa che indusse i giovani a tagliare la tenda e uscire nel gelo (-25 gradi), senza indumenti adeguati, scappando verso una foresta che si trovava un chilometro più a valle. Un mese dopo furono ritrovati i loro corpi in parte nella foresta e in parte a metà strada tra la foresta e i resti della tenda.
Secondo l’investigazione compiuta dalle autorità sovietiche, nel 1959 la causa dell’incidente è stata una “forza naturale preponderante”, che però non è stata specificata. La causa di morte prevalente è stata l’ipotermia ma quattro escursionisti avevano serie ferite al torace e al cranio. Tra le ipotesi meno fantasiose che si sono fatte da allora c’è quella di una valanga. Un nuovo studio, che si basa su un sofisticato modello del comportamento della neve simile a quello usato per gli effetti speciali del film “Frozen” della Disney, offre maggiore credibilità a questa ipotesi.
Ci sono molte teorie sulle cause della morte degli escursionisti sul passo di Djatlov. Alcune delle teorie più strampalate includono UFO, meteoriti o il lancio di missili segreti da parte dell’esercito sovietico. Altre teorie includono un test missilistico, un’esplosione nucleare, un uragano, un terremoto negli Urali settentrionali, una valanga e persino una scaramuccia con dei sabotatori stranieri paracadutatisi in Unione Sovietica. Altri sostengono che le morti caotiche e violente avrebbero potuto essere il risultato di una bevanda forte e tossica che il gruppo si era procurato dai cacciatori locali. La bevanda avrebbe potrebbe potuto causare allucinazioni psichedeliche, si crede. Ciò avrebbe giustificato la fuga e il comportamento apparentemente inspiegabile del gruppo.
Tra le ipotesi meno fantasiose che si sono fatte da allora c’è quella di una valanga. Un nuovo studio, che si basa su un sofisticato modello del comportamento della neve simile a quello usato per gli effetti speciali del film “Frozen” della Disney, offre maggiore credibilità a questa ipotesi. Lo hanno pubblicato, su Communications Earth & Enviroment, Johan Gaume, ricercatore in scienze criosferiche al Politecnico di Losanna (l’EPFL), e Alexander Puzrin, docente di ingegneria geotecnica all’ETH di Zurigo.
Dopo l’incidente, la zona fu interdetta per tre anni agli sciatori e a chiunque altro intendesse avventurarcisi. La mancanza di testimonianze oculari ha provocato la nascita di molte congetture in merito alle cause dell’evento. Investigatori sovietici stabilirono che le morti erano state provocate da «una forza della natura». Nel 2019 un pubblico ministero russo riaprì l’investigazione e un nuovo studio a riguardo.