Ho già detto una volta addio a questa magnifica città, a Zadar. Ho già detto addio mesi alla città che mi ha ospitata per un anno per quest’esperienza, per l’Erasmus. Già una volta ho fatto le valigie, ho preso bus, treni, per tornare a casa mia, in Italia, e già un’altra volta ho lasciato una casa che mi ha ospitata per mesi, un paesaggio che non è poi così diverso da quello italiano, delle persone che mi hanno aiutata a sopravvivere in questo percorso. Tuttavia, adesso è per sempre. Se tornerò a Zadar, sarà per salutarla, sarà per ricordare quei mesi in cui son stata davvero felice.
La prima volta è stata facile dire addio, forse perché non ho avuto accanto a me delle persone con cui ho legato così tanto come questa volta. Se penso di dover dire addio a queste persone, mi viene il magone. Quando ho salutato i primi di loro, mi si sono illuminati gli occhi di lacrime. “Non è un addio“, ci siamo detti, e io lo spero davvero. Poi comunque penso che siamo nel XXI secolo, nel 2022, essere in contatto con persone che abitano dall’altra parte dell’Europa (o anche del mondo, nel caso del Giappone) non è difficile, ma non sarà comunque la stessa cosa di svegliarmi e pensare di poterle vedere quando voglio.
Di andare a mensa con loro, di studiare insieme in biblioteca e anche di vedere un film in cui ci addormenteremo inevitabilmente tutti, di cucinare i piatti tipici o semplicemente di mangiare insieme una pizza, di fare una passeggiata, di impazzire insieme per gli esami e consolarci a vicenda. So che queste persone resteranno per sempre nel mio cuore, e che sicuramente ci rivedremo, magari non così presto come vorrei, ma quello che gli ho dato, e quello che loro hanno dato a me, non è un addio. Spero di aver lasciato a loro quello che loro hanno lasciato a me: tanti sorrisi, degli abbracci e amicizia pura e onesta.
Erasmus: la fine dell’esperienza
Quando parti in Erasmus hai tanta ansia. Non sai cosa aspettarti, devi trovare la casa, devi scegliere se avere o no dei coinquilini e se li vuoi italiani o stranieri, devi cominciare ad ambientarti in una città che non conosci, firmare e compilare tantissimi documenti, poi figurati se non avrete qualche drama. Prima di partire, quasi ti penti di aver deciso di fare quest’esperienza perché non sai cosa aspettarti e quello che non conosciamo ci spaventa. E se non farai amicizie? E se le persone non riusciranno a capire il tuo inglese? E se succede qualcosa di brutto?
Tuttavia, quando parti e conosci delle persone che vengono da tutta Europa e dal mondo, e ti rendi conto che, nonostante siate cresciuti così lontani, siate così affini, tutto inizia a girare nel verso giusto. Ovviamente devi avere la fortuna (perché si tratta solo di fortuna) di trovare delle persone che siano simili a te, delle persone con cui sai che potrai essere sempre te stessa, senza dover fingere che ti piaccia qualcosa per essergli simpatica, o delle persone che hanno i tuoi stessi hobby. Si tende a pensare che chi va in Erasmus sia un festaiolo, e che in Erasmus si faccia solo baldoria, ma devi solo trovare le persone con cui essere felice.
Puoi fare festa, puoi studiare, puoi guardare un film, puoi anche piangere disperatamente, puoi ridere fino all’alba e guardare il tramonto, ma la cosa importante è avere quelle persone giuste accanto, e io l’ho capito solo negli ultimi mesi. Quest’articolo lo dedico a tutte le persone che hanno condiviso quest’esperienza insieme a me, che mi hanno accompagnata nei momenti più tristi e anche in quelli più felici. Ricorderò per sempre la prima serata insieme, la prima risata, il Bizarre e il Zadar Food Festival. Ricorderò per sempre la festa di Halloween, quella in cui abbiamo cantato le canzoni dei One Direction mezze ubriache e poi siamo tornate a casa a piedi, parlando di politica.
Ricorderò per sempre le serate film, con i pop corn, in cui alla fine ci siamo addormentate e il film non l’abbiamo più finito. Non ho ancora visto il finale di quei film, ma lo farò quando sentirò la loro mancanza. Ricorderò per sempre gli appuntamenti alle 12 a mensa, a volte gli unici momenti in cui potevamo vederci perché poi durante il resto del giorno c’erano lezioni, dovevamo studiare o fare esami. Ricorderò le conversazioni infinite, le risate, le figuracce. E ricorderò per sempre anche le ragazze con cui sono stata a lezione, che mi hanno accolta come se mi conoscessero da una vita.
Ricorderò per sempre l’ultimo abbraccio, dato con gli occhi lucidi, ma consapevoli che questo non è un addio.
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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