Perché la figura del mammo è figlia del patriarcato e del sessismo

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Che il giornalismo italiano faccia pena ormai l’abbiamo capito da un pezzo, da quando dedicano un articolo intero a Chiara Ferragni che posta una semplice foto in intimo o a una citazione di Leo, il figlio dei Ferragnez, ovviamente decontestualizzata. O ancora fa schifo quando decide di chiamare “mammo” un semplice padre che si prende cura dei propri figli, e questo dimostra solo come anche gli uomini sono figli del patriarcato e del sessismo e per questo anche loro non dovrebbero avere paura di definirsi femministi. Perché la lotta all’uguaglianza è per entrambi i sessi.

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Fonte: Twitter

Ah, il giornalismo italiano. Quello che descrive un assassino come un ragazzo che ha ucciso la sua fidanzata come un «ragazzo con la pelle pulita», quello che fa victim blaming su fin troppe vittime di stupro o violenza sessuale, quello che scrive che Alessandra Zorzin è morte per un «movente passionale», come se la passione o l’amore in generale possa portarti a uccidere o violentare qualcuno. Non funziona così, cari giornalisti. Urge che si studi e soprattutto che si rispettino le persone. Mammo nel 2021 non può essere un termine da utilizzare.

Tuttavia, non diamo tutta la colpa ai giornalisti. In fin dei conti ci sono le stesse definizioni di Treccani che discriminano i padri che si occupano dei propri figli. Non dovrebbe proprio esserci una definizione di mammo, e questo perché esiste già un termine per descrivere un uomo che si prende cura dei propri figli, e no, non è mammo ma padre. È così difficile pensare che un padre cucini, cambi i pannolini, pulisca la casa? Non siamo più nel 1800, o negli anni ’40. La donna può lavorare, può avere una carriera e persino rinunciare a una famiglia.

Allo stesso modo un uomo può poter volere rinunciare al lavoro per prendersi cura della propria famiglia, o semplicemente può amare tanto sua moglie da volerle dare una mano per non farla stancare troppo. In fin dei conti da nessuna parte c’è scritto che deve essere la donna a rinunciare a qualcosa o a dover pulire o lavare. In fin dei conti un figlio si fa in due, per cui non deve esserci un genitore che fa di più e uno che fa di meno. Il mammo è solo un padre. Non una mamma maschio.

Perché la figura del “mammo” è l’emblema del sessismo

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Fonte: Pexels

«Uomo che, nella cura dei figli e nella gestione della casa, svolge le funzioni che sono state tradizionalmente proprie di una mamma; anche con usi scherz.», leggiamo su Treccani. Davvero? Una delle enciclopedie italiane più importanti della nostra cultura non ha ancora eliminato o almeno modificato questo termine nel suo dizionario? “Funzioni che sono tradizionalmente proprie di una mamma“? Forse parliamo di qualche secolo fa. E no, non fa ridere. Non è scherzoso. È irrispettoso.

D’altronde ci siamo già occupati delle frasi sessiste che vengono dette agli uomini e che al giorno d’oggi sono normalizzate. Infatti, il mammo è figlio del patriarcato e del sessismo. Le donne sono le vittime ma non le uniche, poiché sempre più uomini sono sottoposti a opinioni non richieste e soprattutto offensive ma non se ne rendono neanche conto. Dicono che il femminismo è l’odio delle “d” verso gli uomini, ma in realtà spesso sono proprio gli uomini che insultano e odiano gli uomini.

«I veri uomini non si fanno male», «hai perso contro una ragazza?», «i ragazzi devono per forza fare il primo passo», «l’uomo deve pagare a un appuntamento», «dovresti farti crescere la barba» o ancora «gli uomini non piangono», ma non sottovalutiamo ancora il mammo. Perché il mammo è offensivo per le donne tanto quanti gli uomini. Da una parte si dà per scontato che le donne debbano essere per forza madri, dall’altra invece gli uomini che si occupano dei figli non sono padri ma mammi.

Su La Repubblica invece la definizione è «padre che svolge nei confronti dei figli piccoli e della gestione della famiglia le mansioni tradizionalmente assegnate alla mamma», il che fa sembrare la cosa ancora peggiore. Accettiamo che il mammo sia un padre ma allo stesso tempo lo chiamiamo in questo modo perché tanto è la madre che si occupa del figlio, o meglio così avveniva qualche secolo fa quindi va bene anche se sono passati decenni. Vogliamo sottolineare in queste definizioni che «sono offensive e sbagliate»?

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Fonte: Pexels

Laura Sorti, psicoterapeuta e psicoanalista presidente dell’associazione Il Cortile, consultorio di psicoanalisi applicata all’interno della Casa Internazionale delle Donne, ha detto che «la parola mammo riporta indietro di 50 anni la lotta che tante donne hanno fatto. È vero che l’emancipazione ha portato al fatto che anche la donna lavori fuori casa, ma è comunque lei a occuparsi ancora in maniera prevalente delle faccende di casa, dell’organizzazione familiare e della cura di bambini e/o genitori.» E purtroppo è così. Alle donne viene chiesto durante un colloquio se avranno intenzione di avere figli, o se ne hanno, non agli uomini. Questo già descrive la nostra società.

Aggiunge poi «Le donne, dato che è quasi sempre l’uomo ad avere lo stipendio più alto, sono quelle che più spesso si sentono costrette a chiedere il part-time. Questa gestione sbilanciata fa comodo alla società non certo alla donna. La questione ora è ancora più evidente perché con le scuole chiuse per l’emergenza Covid il carico mentale, di lavoro domestico e di gestione dei figli ricade in gran parte sulle spalle delle donne, anche quando si è in due a lavorare in smart-working da casa», e soprattutto parla dello stereotipo che c’è dietro questo termine:

«Dietro questa parola c’è un mondo. Principalmente c’è il perpetrare della divisione del lavoro tra produttivo (uomini) e riproduttivo (donne) contro la quale il femminismo si è battuto da sempre. Le parole ci determinano, ci danno un posto nel mondo. Chiamare “mammo” un papà significa dirgli che non si trova al suo posto. Alcuni uomini si rendono conto della ricchezza che perdono stando fuori casa la maggior parte della giornata quando si separano o quando i due genitori lavorano entrambi su turni. 

Un figlio però è un “progetto” che si fa insieme ed è una grande fatica conciliare tutto. È per questo che il carico mentale non deve ricadere solo sulle spalle della donna/madre. La società dovrebbe essere riorganizzata in modo da lasciare alla persone, uomini e donne, il tempo per la cura e i legami. Quello che siamo riusciti a strappare è che il padre possa prendere il congedo per la nascita dei figli. Ma è chiaro che non basta per raggiungere la parità che spetta di diritto ai padri, prima di tutto».

Laura Sorti in un’intervista con La Repubblica

«Viviamo in un Paese in cui la condivisione non è sostenuta da politiche pubbliche: in Europa siamo quelli con il congedo di paternità più breve. La parola mammo contribuisce a rendere inimmaginabile una paternità diversa», ha invece detto Cecilia D’Elia, promotrice del blog Femministerie e co-autrice del libro “Libere tutte”. Aggiunge poi: «questo modo conferma che tale attività sia un’attitudine di genere. Questo vocabolo fotografa e congela una situazione di disparità nell’accudimento dei figli, a dispetto dei cambiamenti possibili o già in corso».

Insomma, non c’è motivo per cui nel 2021 i giornali, vedendo una Belen che torna a lavoro e un Antonino che si occupa di Luna Marie, descrivano lui come mammo, non credete? La società riuscirà a evolversi solo quando la nostra politica ma soprattutto i media lo faranno, altrimenti le persone continueranno ad ascoltare, leggere e quindi trasmettere dei messaggi sbagliati. Ci auguriamo che questo avvenga al più presto. Più papà, meno mammi.

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