Enzo Ferrari, Il Drake, colui che ha fondato la Scuderia Ferrari accompagnandola alla vittoria di 8 titoli mondiali nella categoria regina dell’automobilismo, era stato accusato di pluriomicidio. Scagionato, certo, perché la volante responsabile portava soltanto il suo cognome.
Quando Enzo Ferrari rischiò la galera per un’accusa di omicidio
Si conosce con il nome di “tragedia di Guidizzolo“, l’incidente che colpì la Mille Miglia corsasi sul suolo del Bel Paese, tra Brescia e Roma, nel 1957. Neanche due anni prima l’automobilismo sportivo era stato testimone della catastrofe avvenuta a Le Mans, che aveva visto la morte di 84 persone e 120 feriti.
Questa Mille Miglia era già stata bandita niente meno che da Benito Mussolini nel 1938, quando a Bologna l’ennesimo incidente aveva provocato le cifre di 10 morti e 24 feriti in corrispondenza del Viale Berti. Di quei 10, 7 erano bambini.
In quel 12 maggio 1957, Alfonso de Portago e il copilota Edmund Gurner Nelson stavano sfrecciando verso il traguardo, sul rettilineo che collegava Cerlongo e Guidizzolo – ad una velocità di almeno 250 km/h – sulla strada che connetteva Mantova a Brescia, la meta di arrivo.
L’incidente venne ingiunto dall’improvviso scoppio di uno pneumatico della Ferrari 335 S (numero 531), che portò de Portago a perdere il controllo della vettura, la quale finì in un fossato, ma “rimbalzò” fino all’altro lato della strada, saltando l’intera carreggiata per atterrare dove era stazionata un’importante porzione di folla. 9 spettatori vi trovarono la morte, e neanche i due piloti riuscirono a salvarsi. 5 bambini persero la vita, oltre ai numerosi feriti.
Ovviamente le norme di sicurezza, all’epoca, avevano fatto ciao ciao: in primo luogo, gli spettatori lì non ci dovevano essere. Ma le accuse ricadderò tutte su una figura in particolare, quella di Enzo Ferrari. Sul momento, in realtà, non era importata a nessuno la gravità della faccenda: la gara venne sospesa, ma soltanto tre ore dopo, mentre i piloti ancora in gara furono costretti ad una corsa ad ostacoli con i cadaveri disseminati ancora sull’asfalto. Un’immagine disgustosa, che richiama in tutto e per tutto quella Le Mans del 1955.
Fu soltanto quando vennero celebrati gli ultimi funerali che la polemica esplose: non si possono incolpare i morti – de Portago in quella svolta stretta non era in primis riuscito ad evitare che la macchina sbandasse, entrato in curva a piena velocità – quindi il responsabile doveva essere qualcun altro. Qualcuno che a quella macchina aveva dato il nome, e dedicato tutta la sua vita.
Ferrari viene fermato dalle forze dell’ordine, accusato di omicidio plurimo e trattato come un criminale già condannato. Viene perquisito e requisito del passaporto. Si arriva in tribunale con una perizia tecnica che dimostra l’impensabile: la Rossa numero 531 non avrebbe dovuto correre perchè non sicura. Le gomme non erano apparentemente in grado di resistere alle sollecitazioni dovute all’alta velocità della vettura.
La scandalo dilaga, e nessuno si risparmia nei suoi giudizi, nemmeno la Chiesa, che accusa Ferrari di mandare i suoi piloti in pista a morire. Il Drake rischiava di perdere la faccia, il sogno e la libertà per decenni.
L’assoluzione arrivò grazie all’intervento dell’avvocato Giacomo Cuoghi, che riuscì a dimostrare come la velocità non c’entrasse nulla con lo scoppio del pneumatico, e che la macchina rispettava le norme di sicurezza necessarie. L’incidente era stato causato proprio dalla conformità della strada, e la gomma non aveva retto l’urto.
Nel 1961 Ferrari venne scagionato da ogni accusa, e così a Maranello tornò a splendere il sole.
Tutti i dettagli e ancora di più sono trattati dal libro di Luca Dal Monte, Ferrari. Presunto colpevole, che indaga proprio l’inchiesta che ha macchiato per sempre la storia de Il Drake.
Giulia, Giu per chiunque. 20 anni. Studentessa di lettere e fonte di stress a tempo pieno. Mi diletto nello scrivere di ogni (ma soprattutto di F1) e amo imparare. Instagram: @ xoxgiu