Rachele Mussolini: «mio nonno, anche se pochi, di errori ne ha commessi», condanna le leggi razziali

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È tutto partito da quando Emanuele Filiberto di Savoia ha chiesto scusa alla comunità ebraica per le leggi raziali a cui suo nonno, re Vittorio Emanuele III, aveva acconsentito, condannando la vita di tantissime persone. Dopo questa lettera pubblicata giusto qualche giorno prima della Giornata della Memoria, anche Rachele Mussolini, nipote di quel Mussolini, si è espressa a riguardo: «mio nonno fece cose buonissime, inattaccabili, ma anche errori, ripeto, e quello delle leggi razziali è da condannare senza scusanti».

La lettera di Emanuele Filiberto di Savoia

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Fonte: adkronos

Prima di parlare delle dichiarazioni di Rachele Mussolini, sorellastra di Alessandra, nipote di Benito e figlia di Romano, voglio che leggiamo tutti insieme le parole di Emanuele Filiberto di Savoia, la cui casa è stata silente per più di 80 anni. Vedremo poi la risposta della comunità ebrea e, solo alla fine, ci dedicheremo a Rachele Mussolini. Tra l’altro, sapevate che anche lei viene censurata sui social?

«Mi rivolgo a tutti voi, Fratelli della Comunità Ebraica italiana, per esprimervi la mia sincera amicizia e trasmettervi tutto il mio affetto nel solenne Giorno della Memoria. Vi scrivo a cuore aperto una lettera certamente non facile, una lettera che può stupirvi e che forse non vi aspettavate.

Eppure sappiate che per me è molto importante e necessaria, perché reputo giunto, una volta per tutte, il momento di fare i conti con la Storia e con il passato della Famiglia che oggi sono qui a rappresentare, nel nome millenario di quella Casa Reale che ha contribuito in maniera determinante all’unità d’Italia, nome che orgogliosamente porto.

Scrivo a voi, Fratelli Ebrei nell’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, data simbolo scelta nel 2000 dal Parlamento della Repubblica Italiana, a memoria perpetua di una tragedia che ha visto perire per mano della follia nazi-fascista 6 milioni di ebrei europei, di cui 7500 nostri fratelli italiani. È nel ricordo di quelle sacre vittime italiane che desidero oggi chiedere ufficialmente e solennemente perdono a nome di tutta la mia Famiglia».

Emanuele Filiberto ha poi condannato le leggi razziali, a suo nome e a nome di tutta la sua casa:

«Ho deciso di fare questo passo per me doveroso, perché la memoria di quanto accaduto resti viva, perché il ricordo sia sempre presente. Condanno le leggi razziali del 1938, di cui ancor oggi sento tutto il peso sulle mie spalle e con me tutta la Real Casa di Savoia e dichiaro solennemente che non ci riconosciamo in ciò che fece Re Vittorio Emanuele III: una firma sofferta, dalla quale ci dissociamo fermamente, un documento inaccettabile, un’ombra indelebile per la mia Famiglia, una ferita ancora aperta per l’Italia intera.

Condanno le leggi razziali nel ricordo del mio glorioso avo Re Carlo Alberto che il 29 marzo 1848 fu tra i primi Sovrani d’Europa a dare agli italiani ebrei la piena uguaglianza di diritti. Condanno le leggi razziali nel ricordo dei numerosi italiani ebrei che lottarono con grandissimo coraggio sui campi di battaglia dell’Ottocento e del primo Novecento da veri Patrioti.

Condanno la firma delle leggi razziali nel ricordo della visita alla nuova Sinagoga di Roma che proprio mio bisnonno Vittorio Emanuele III fece nel 1904, dopo che il 13 gennaio dello stesso anno si disse addirittura favorevole alla nascita dello stato ebraico e così si espresse: “Gli ebrei, per noi, sono Italiani, in tutto e per tutto”.»

Infine, Emanuele Filiberto ha ricordato le vittime e ha ricordato che non andranno mai dimenticate. In più, ha anche sottolineato che anche la sua Casa ha sofferto per motivi politici:

«Desidero che la Storia non si cancelli che la Storia non si dimentichi e che la Storia abbia sempre la possibilità di raccontare quanto accaduto a tutti coloro che hanno fame e sete di verità. Le vittime dell’Olocausto non dovranno mai essere dimenticate e per questo motivo, ancor oggi, esse ci gridano il loro desiderio di essere giustamente ricordate.

Anche la mia Casa ha sofferto in prima persona, sebbene per motivi politici, ed è stata ferita profondamente negli affetti più cari: come potremmo dimenticare la tragica fine di mia zia Mafalda di Savoia, morta il 28 agosto 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald dopo un’atroce agonia?

Come potrei dimenticare che anche mia zia Maria di Savoia fu deportata con il marito e con due dei loro figli in un campo di concentramento vicino a Berlino? Ed entrambe erano figlie sempre dello stesso Vittorio Emanuele III. Scrivo a voi fratelli Ebrei, con viva e profonda emozione nel lancinante ricordo del rastrellamento del Ghetto avvenuto il 16 ottobre 1943.

Scrivo a voi fratelli Ebrei nell’angoscioso ricordo delle troppe vittime che la nostra amata Italia ha perso. Scrivo a voi questa mia lettera, sinceramente sentita e voluta, che indirizzo a tutta la Comunità italiana, per riannodare quei fili malauguratamente spezzati, perché sia un primo passo verso quel dialogo che oggi desidero riprendere e seguire personalmente. Con tutta la mia sincera fratellanza».

Queste sono le parole che Emanuele Filiberto ha scritto a nome della famiglia Savoia, letta al TG5 delle 20 e in cui il principe chiede perdono, a pochi giorni dalla Giornata della Memoria, chiede perdono per tutte le vittime delle leggi razziali.

La risposta della comunità ebraica

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Fonte: agrigentoierieoggi

Non è tardata la risposta della comunità ebraica alla lettera di Emanuele Filiberto, una lettera e una condanna che hanno definito «tardiva. Perché proprio ora? L’iniziativa personale non può cancellare la storia». L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI), scrive:

«Oggi, dopo 82 anni il discendente, il bisnipote Emanuele Filiberto, afferma un sentimento di ripudio e condanna rispetto a quanto avvenuto. Un lasso di tempo molto lungo. Perché ora?

Si tratta in ogni caso di un’iniziativa che è da ritenersi ad esclusivo titolo personale, rispondendo ciascuno per i propri atti e con la propria coscienza. Né l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane né qualsiasi Comunità ebraica possono in ogni caso concedere il perdono in nome e per conto di tutti gli ebrei che furono discriminati, denunciati, deportati e sterminati.

Nell’ebraismo perfino a Dio non si può rivolgere una richiesta di perdono se chi percepisce l’onta e la colpa non si è prima scusato dinanzi alla persona offesa. 

La condanna morale del regime e dei suoi atti è stata per migliaia di ebrei, partigiani combattenti e convinti antifascisti, una bandiera e una guida per la lotta alla sopravvivenza, per la quale molti di loro hanno sacrificato la vita per la Patria.

È in ricordo di tutti loro, dei sei milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento, degli internati militari italiani, dei perseguitati politici, rom e sinti, disabili e omosessuali che ogni forma di nostalgia di quel regime deve essere severamente affrontata ed arginata.

È verso i giovani del nostro Paese, dell’Europa che ci riunisce intorno ai valori fondamentali dell’uomo, che la condanna – non la richiesta di perdono per riabilitare il casato – va rivolta, affinché dicano il più convinto “mai più”.  Prendiamo atto delle parole di costernazione e ravvedimento espresse mediaticamente nelle scorse ore, in vista del 27 gennaio e vedremo, nei prossimi mesi, anni, quali azioni concrete, quotidiane possano a queste seguire con coerenza ed essere di esempio ad altri».

Queste sono le parole che l’UCEI ha usato per rispondere alla lettera di Emanuele Filiberto. Delle parole che, dopotutto, potevamo aspettarci.

La Comunità Ebraica di Roma invece scrive: «Prendiamo atto delle dichiarazioni di Emanuele Filiberto di Savoia. Il rapporto con Casa Savoia, nella storia e nella memoria è noto e drammatico. Ciò che è successo con le leggi razziali, al culmine di una lunga collaborazione con una dittatura, è un’offesa agli italiani, ebrei e non ebrei, che non può essere cancellata e dimenticata. Il silenzio su questi fatti dei discendenti di quella Casa, durato più di ottanta anni è un’ulteriore aggravante. I discendenti delle vittime non hanno alcuna delega a perdonare e né spetta alle istituzioni ebraiche riabilitare persone e fatti il cui giudizio storico è impresso nella storia del nostro Paese».

Le dichiarazioni di Rachele Mussolini

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Fonte: leggo

E ora, dopo aver letto le scuse di Emanuele Filiberto, passiamo a Rachele Mussolini, che ritiene che «mio nonno fece cose buonissime, inattaccabili, ma anche errori, ripeto, e quello delle leggi razziali è da condannare senza scusanti. Quindi se i Savoia si sono sentiti di fare questa lettera hanno fatto bene. Io sono la nipote diretta di Mussolini e se chiedo scusa io, non vedo perché non lo dovrebbero fare loro».

Ha poi continuato dicendo che «Anche oggi, i buoni sono da una parte e i cattivi dall’altra. Sono 25 anni che auspico una pacificazione nazionale, ma mi sembra ancora molto lontana. Io sono orgogliosa di far parte della famiglia Mussolini, perché figlia di Romano Mussolini e ringrazio i miei genitori per la visione ampia della vita che mi hanno dato». Infine, ha ricordato di aver condannato più volte le leggi razziali:

«Non credo debba ribadirlo ogni volta, ma se serve continuerò a farlo. Ma spesso gli stessi che oggi condannano, giustamente, un passato esecrabile, sono gli stessi che fanno i radical chic, che esprimono giudizi dando della pescivendola a una donna. E se viene attaccata una donna di sinistra tutti si indignano, se di destra tutti fanno finta di nulla».

Ha detto di ritenersi d’accordo con la lettera del principe Emanuele Filiberto: «Sono contenta che oggi, con molta fatica, non si parli solo della vergogna della Shoah, ma è stato scoperchiato anche il vaso sulle Foibe. Ognuno di noi è sensibile ai morti, ma i morti sono tutti uguali. Io le leggi razziali le ho sempre condannate». Voi cosa ne pensate?

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