Arezzo: undicenne picchiata da alcune under 14

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Ad Arezzo una ragazzina di 11 anni è stata picchiata violentemente da un gruppo di ragazzine fra gli 11 e i 14 anni, in una di quelle che sembrerebbe esser stata una “spedizione punitiva“. Proprio nei giorni in cui non si fa altro che parlare dell’aggressione (in quel caso, fascista) avvenuta davanti a un liceo di Firenze, un’altra aggressione ma questa volta da parte di ragazzine ancora più piccole, e questa volta è un caso di bullismo ma soprattutto di grande maleducazione e mancanza di rispetto. Cosa succede a questa generazione? Quando è divenuta così violenta?

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I casi di bullismo aumentano di giorno in giorno, anche a causa dei social. Ad esempio, in questo caso le ragazzine hanno postato online il video dove picchiavano violentemente, addirittura vantandosi per quello che avevano fatto. Quindi si vedono i social come un palco scenico e in questo palco scenico c’è la violenza. Lo scorso anno abbiamo parlato di diversi casi di bullismo. Ad esempio, Alessandro, un ragazzino di 13 anni che si è suicidato: sul suo cellulare aveva ricevuto diversi messaggi, uno di questi recitava «ucciditi».

In Giappone il cyberbullismo è punito con un anno di carcere, in Italia invece qualche politico dà delle condoglianze e condanna l’accaduto, senza però fare davvero niente di concreto, eppure di ragazzi suicidatasi a causa di bullismo e cyberbullismo, in Italia, ce ne sono tanti. Il caso più famoso è quello di Andrea Spezzacatena, conosciuto online come il “ragazzo con i pantaloni rosa”, suicidato a causa dell’omofobia. Ma non solo. Il web è un posto non sicuro, e nessuno sembra voler proteggere i più deboli.

Andrea, prima di suicidarsi, non sembrava un ragazzo triste, non sembrava depresso e, tra l’altro, a detta della madre non era neanche omosessuale, ma semplicemente aveva un astuccio rosa, un pantalone rosa dovuto a una lavatrice andata male e dello smalto sulle unghie per non mangiarsele. «Ero convinta fosse un ragazzo integrato», disse la madre del ragazzo dai pantaloni rossa alla Repubblica,

«e ad ogni colloquio gli insegnanti me lo facevano credere. Adesso devo leggere docenti dire che mio figlio aveva la forza per difendersi dalle violenze quotidiane. E perché non mi hanno mai detto nulla? Perché devo scoprire adesso che Andrea tre settimane fa aveva già tentato il suicidio?».

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Il cyberbullismo altro non è che il bullismo online. In Italia può essere considerato un reato, in quanto potrebbe violare norme del Codice civile, del Codice penale e del Codice per la protezione dei dati personali, ma spesso per le autorità è complesso individuare e poi fermare gli episodi, per questo motivo spesso è meglio prevenire, cercando di lavorare con i giovani con la sensibilizzazione ma anche con i social, in modo che le policy siano sempre più vicine alla società moderna che spesso è troppo cattiva. Un esempio è il caso di Fondazione Carolina:

Fondazione Carolina prende il nome di una ragazzina che, nel 2013, si è suicidata a causa del cyberbullismo e che è, ufficialmente, la prima vittima riconosciuta di cyberbullismo. «Due anni di impegno civile, testimonianza, appelli che avevano visto il papà di Caro, Paolo Picchio, impegnarsi senza sosta. Non solo per rendere giustizia all’amata figlia, ma per dare senso e rispondere a quell’ultimo messaggio della figlia: “Spero che adesso siate più sensibili sulle parole…”.

Attorno a questi princìpi, nel febbraio 2018 nasce Fondazione Carolina Onlus, non a caso proprio in occasione della Giornata mondiale della Sicurezza in Rete. Lo slogan della No profit – “Felici di navigare – rappresenta lo spirito che dovrebbe distinguere tutti i teen ager che si affacciano alla dimensione digitale, affidando alla Rete i loro sogni, i sentimenti e le relazioni del viaggio più importante della loro vita: l’adolescenza.»

Arezzo: bambina di 11 anni picchiata da coetanee

È successo al parcheggio Cadorna, nel centro di Arezzo. A quanto emerge dalle ricostruzioni, l’11enne avrebbe inviato un messaggio a un ragazzo, e da quel momento sarebbe partita la “spedizione punitiva” da parte di un gruppo di ragazzine di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. L’11enne sarebbe stata attirata con la scusa di un chiarimento con un’altra ragazza, ritrovandosi poi circondata da un “branco” di ragazzi e ragazze che l’avrebbero insultata, picchiata mentre qualcuno registrava tutto.

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La denuncia è arrivata da parte della madre della bambina, che prima si è rivolta alla stampa e poi ha formalizzato la denuncia presso la squadra mobile di Arezzo che sta portando avanti le indagini. Stando agli elementi raccolti e ad un video registrato dalle telecamere di sorveglianza, l’aggressione avrebbe coinvolto una trentina di giovanissimi ma a malmenare l’11enne sarebbe stato un gruppo di ragazzine, che l’avrebbero colpita e tirato i capelli gettandola poi a terra.

«Mia figlia mi ha detto delle minacce che l’altra le aveva inviato via Instagram le ho sequestrato il telefono e chiusa in casa per alcuni giorni. Ho anche partecipato in incognito a una chiamata di gruppo in cui questa ragazza e altri la prendevano a male parole e quando sono uscita allo scoperto, dicendo che ero la mamma, hanno offeso anche me», ha spiegato la madre dell’11enne. «Ad aspettarla c’erano una quarantina di ragazzetti, chiamati dall’altra, che l’hanno costretta a seguirli in un angolo nascosto: “Tua madre ci vuole denunciare”. Poi una quindicina di loro le hanno messo le mani addosso. Erano tutti studenti delle superiori». 

Quando la bambina è riuscita a scappare, è tornata a casa e, inizialmente, non ha detto nulla ai genitori, che però, vedendola dolorante, l’hanno prontata al pronto soccorso dove sono emerse delle contusioni guaribili in sette giorni, ma non delle fratture. Tuttavia, le ferite emotive ci metteranno molto di più a guarire. «Non vuole più uscire di casa e chiede che andiamo tutti a vivere in un’altra città», ha detto la madre. Tutti i bulli sono sotto i quattordici anni e questo, secondo il dirigente della squadra mobile di Arezzo Sergio Leo, renderebbe più complesse le indagini.

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