Florida: una donna sarà costretta ad abortire un bambino che morirà subito dopo

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Vogliono abolire l’aborto, vogliono controllare il corpo della donna e soprattutto la vogliono estremamente far estremamente soffrire, oltre a metterla in pericolo: questi sono i Pro Vita & Famiglia. Queste sono le persone contrarie all’aborto. Il caso in Florida è l’esatta testimonianza di quanto ad alcune persone non importi della vita della donna, o meglio, che importi della vita di un feto più di quella della donna. Una donna, infatti, sarà costretta ad abortire a causa della restrittiva legge sull’aborto, anche se il figlio, malato di Sindrome di Potter, morirà dopo massimo 30 minuti dal parto.

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«La Costituzione non fa alcun riferimento all’aborto e nessun diritto del genere è implicitamente protetto da alcuna disposizione costituzionale, inclusa quella su cui ora si basano principalmente i difensori di Roe e Casey: la Due Process Clause del quattordicesimo emendamento». «Quella disposizione è stata ritenuta garante di alcuni diritti che non sono menzionati nella Costituzione, ma qualsiasi diritto del genere deve essere ‘profondamente radicato nella storia e nella tradizione di questa nazione’ e ‘implicito nel concetto di libertà ordinata», ha detto il giudice Samuel Alito.

Intanto però le conseguenze di questa scelta cominciano già a entrare nelle vite delle persone, dei cittadini, delle donne e, persino, delle bambine. La dottoressa Caitlin Bernard, un ostetrico-ginecologo di Indianapolis, ha ricevuto una telefonata qualche settimana fa, tre giorni dopo la sentenza della Corte, da un medico in Ohio che aveva una bambina di 10 anni nel suo studio che era incinta di sei settimane e tre giorni, e quindi non idonea a ricevere un aborto nello stato, secondo un rapporto di The Indianapolis Star.

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In Florida ci sono stati diversi casi di aborti vietati. Pensiamo alla 16enne che risulta essere senza genitori e quindi non potrebbe abortire. La ragazzina, infatti, avrebbe cercato di raggirare la legge del paese secondo cui una minore può ottenere il consenso dei genitori per poter abortire. Secondo il giudice della corte d’appello Scott Makar, che ha dissentito in parte, la minore, identificata nei documenti del tribunale come Jane Doe 22-B, era incinta di 10 settimane quando ha presentato una petizione alla corte di circoscrizione della Florida, dicendo di non  essere pronta ad avere un figlio, di non avere un lavoro, di frequentare ancora la scuola e che il padre del bambino non può assisterla.

E adesso la situazione sembra essere ancora più tragica.

Aborto: il tormento di una coppia in Florida

Deborah Dorbert è diventata una delle tante donne che hanno difficoltà ad accedere alle necessarie procedure di aborto dopo che la corte suprema ha ribaltato i diritti concessi dalla storica decisione Roe v Wade del 1973. La donna e il marito, Lee Dorbert, sono in attesa del loro secondo figlio, ma i medici hanno comunicato loro che al bambino è stata diagnosticata un’anomalia fetale mortale nota come sindrome di Potter. Il bambino, quindi, è destinato a morire poco dopo la nascita.

La sindrome di Potter è una condizione rara correlata allo sviluppo del feto nell’utero. La sindrome è il risultato di un’anomala crescita e funzione renale, che influisce sulla quantità di liquido amniotico che circonda il feto durante la gravidanza. I medici tuttavia hanno detto che non hanno potuto eseguire un aborto a causa della loro interpretazione di una legge della Florida che è entrata in vigore dopo che la corte suprema ha annullato Roe v Wade.

Secondo la legge sulla riduzione della mortalità fetale e infantile della Florida, entrata in vigore lo scorso luglio, gli aborti sono proibiti dopo le 15 settimane di gestazione, con poche eccezioni, inclusa una che consentirebbe un aborto successivo «se due medici certificano per iscritto che il feto ha un’anomalia fetale fatale e non ha raggiunto la vitalità». Quando al feto è stata diagnosticata la sindrome, uno specialista in medicina fetale materna ha detto ai Dorberts che alcuni genitori scelgono di continuare a termine mentre altri scelgono di interrompere la gravidanza attraverso un intervento chirurgico o un parto pretermine.

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Il medico ha aggiunto che si consulterà con gli amministratori del sistema sanitario in merito alla nuova legge, riporta il Washington Post. I Dorbert alla fine hanno deciso che avrebbero voluto interrompere la gravidanza il prima possibile perché i bambini con la sindrome spesso muoiono prima di nascere o finiscono per soffocare pochi minuti o ore dopo il parto. Tuttavia, quando hanno comunicato la loro decisione e lo specialista si è consultato con gli amministratori del sistema sanitario in merito alla nuova legge, alla coppia è stato detto che avrebbero dovuto attendere per interrompere la gravidanza fino alla 37a settimana di gestazione, o quasi a termine.

«Mi fa arrabbiare che i politici decidano cosa è meglio per la mia salute», ha detto Deborah Dorbert al Washington Post. Il marito ha aggiunto: «Non abbiamo mai veramente capito. Ci è stato detto che c’era un’eccezione… Ovviamente, [non è] abbastanza un’eccezione in alcuni casi». Sulla testata statunitense leggiamo che la donna «sta dedicando gli ultimi giorni prima della nascita del suo bambino a pianificare i dettagli della sua morte: lei e suo marito avvolgeranno il neonato in una coperta calda, mostreranno il loro amore e piangeranno. Hanno già deciso di far cremare il suo corpicino e stanno già cercando una maniera per commemorarlo».

Nessuno dovrebbe essere costretto a soffrire in questo modo.

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