La mamma del “ragazzo con i pantaloni rosa”, suicidato a causa dell’omofobia, risponde a Pio e Amedeo

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Abbiamo già ampiamente parlato di Pio e Amedeo e del loro politicamente scorretto, ma torniamo a parlare del duo comico poiché Teresa Manes ha voluto rispondere al loro monologo. Chi utilizzava i social già nel 2012, si ricorderà del figlio di Teresa, di Andrea Spezzacatena conosciuto però come il ragazzo dai pantaloni rosa, che alla giovane età di 15 anni si è suicidato a causa di alcune “battute omofobe” dette dai compagni di scuola.

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Fonte: twitter

Ieri abbiamo visto cosa Pietro Turano, vicepresidente di Arcigay Roma, pensa di Pio e Amedeo e del loro «fatevi una risata», ma oggi il tema è un po’ più delicato. Perché quello che i sostenitori di Pio e Amedeo e Pio e Amedeo stessi non hanno compreso, è che ogni persona ha la propria sensibilità. Ci sono persone a cui non importa essere insultati, si fanno scivolare tutto addosso. Ma ci sono persone che, al contrario, ci stanno tanto male e, talvolta, quegli insulti li portano alla depressione e al suicidio. Davvero vogliamo rischiare delle vite umane solo per dire fro*io e ne*ro?

Il monologo di Pio e Amedeo aveva l’intento di canonizzare gli insulti nei confronti di omosessuali e persone nere, di far comprendere che importa «l’intenzione» e non la parola, ma, come ha detto Pietro Turano, «lo sappiamo che è l’intenzione che conta ma questo non significa che sia sempre il solito uomo, maschio, bianco, cisgender, etero a doverci spiegare che cosa dovrebbe offendermi o meno». Pio e Amedeo propongono di farsi una risata, e questo ci sembra un po’ il “stai tranquilla” quando dici di avere l’ansia.

Per questo motivo Teresa Manes, che purtroppo sa benissimo a cosa l’omofobia, le parole, le intenzioni e degli “scherzi” possano portare, ha scritto un post su Facebook per rispondere direttamente a Pio e Amedeo, anche per rispetto nei confronti del figlio, il ragazzo dai pantaloni rosa, che il 20 novembre 2012 si è tolto la vita a Roma, a causa dell’omofobia e del bullismo.

Il ragazzo dai pantaloni rosa: la sua storia

Andrea Spezzacatena aveva 15 anni ed era un ragazzo che amava il colore rosa e che, segretamente, lottava due battaglie letali: l’omofobia e il bullismo. «Non fidatevi del ragazzo dai pantaloni rosa: è fro*io», c’era scritto sui muri della sua scuola. Su Facebook veniva deriso e additato come gay. La madre Teresa, però, è venuta a sapere tutte queste cose solo quando era troppo tardi e, in un’intervista con la Repubblica, racconta

«dell’esistenza di una pagina Facebook intitolata al “ragazzo dai pantaloni rosa” e destinata a schernire mio figlio non sapevo nulla, ma ho saputo, quando ancora Andrea era tra noi, che qualcuno gli aveva rubato la password per accedere alla sua pagina Facebook, quella personale, e che in un’occasione qualcuno è entrato direttamente in una sua conversazione. Mio figlio una volta mi raccontò che gli era stato rubato e restituito il suo computer personale».

Andrea non sembrava un ragazzo triste, non sembrava depresso e, tra l’altro, a detta della madre non era neanche omosessuale, ma semplicemente aveva un astuccio rosa, un pantalone rosa dovuto a una lavatrice andata male e dello smalto sulle unghie per non mangiarsele. «Ero convinta fosse un ragazzo integrato», disse la madre del ragazzo dai pantaloni rossa alla Repubblica,

«e ad ogni colloquio gli insegnanti me lo facevano credere. Adesso devo leggere docenti dire che mio figlio aveva la forza per difendersi dalle violenze quotidiane. E perché non mi hanno mai detto nulla? Perché devo scoprire adesso che Andrea tre settimane fa aveva già tentato il suicidio? Un insegnante, voglio dirvelo, lo riprese durante un’interrogazione per quel benedetto smalto alle unghie: “Ma lo sa tua mamma che lo porti?”. Andrea gli rispose, con la sua ironia acuta: “Mamma mi dice sempre: fa quello che vuoi, basta che mi dai dei nipotini.”»

I compagni di scuola lo ricordano come «un ragazzo estroverso. Vestiva in modo molto eccentrico, ma nessuno lo ha mai discriminato», tuttavia esisteva una pagina Facebook dedicata al “ragazzo dai pantaloni rosa“, dove Andrea veniva quotidianamente insultato. E lui non è riuscito a farsi una risata, ed è arrivato a doversi suicidare per trovare pace fra quelle parole che oggi, anni dopo, Pio e Amedeo dicono ridendo in prima serata.

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Fonte: Facebook

Teresa Manes risponde a Pio e Amedeo

Non dice niente, all’inizio, Teresa Manes elenca solo delle parole, degli insulti, delle parole su cui Pio e Amedeo si farebbero una risata, ma che hanno portato Andrea, 15enne, a suicidarsi:

  • oddio l’ho abbracciata e poi gli ho toccato la mano òòòò mio dio òòòò (leggila cn la voce da frocio) (19/09/12)
  • o spe, me stavo a mette il pigiama, nn lo trovavo e quindi mi sn messo una maglietta rosa e i pantaloni arancioni……….semo in 2, me manca solo lo smalto XD (19/09/12)
  • oh dio ma te 6 masochista……….oddio ho paura, cmq se nn riesci a finirlo…………………………….. APPARECCHIA IL CULO!!!!!!!!! 😃 hahahah (04/11/12)
  • lo vuoi il pene eh? (11/11/12)
  • ahahha certo ………….. amore ❤ (15/11/12)
  • ehhhhh zozza ….. mo te kiameremo pippi pia cazzi lunghi (18/11/12)
  • ahahahhaha xkèèèè iiiiooooo tiii ho stuprata nel soonnnooo ahahaha 😃 (18/11/12)

«MIo figlio rideva nel sentire queste frasi», inizia nel suo post, in cui vediamo anche una foto di Andrea sorridente il giorno del suo ultimo compleanno. «Andrea Spezzacatena, noto alla cronaca come “il ragazzo dai pantaloni rosa” è stato una VITTIMA COLLUSIVA. 2 giorni dopo, quell’ultima conversazione in chat SI E’ IMPICCATO. Aveva 15 anni e 6 giorni», continua, per poi rivolgersi direttamente a Pio e Amedeo, che intanto su Instagram hanno risposto a tutte le critiche che hanno ricevuto (senza però risolvere nulla, ma neanche provando a risolvere qualcosa).

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Fonte: Facebook

«Mi piacerebbe che Pio e Amedeo leggessero queste 4 righe e il dolore di cui sono intrise perché possano capire (o, almeno, spero vi riescano) il male che possono fare quelle loro “battute” omofobe. Non so se questi 2 “artisti” hanno figli ma gli auguro di non provare mai cosa significhi sopravvivere al peso di un’ignoranza gratuita, derivata dai danni da pregiudizio. Gli stessi pregiudizi che in tanti cerchiamo di abbattere con anni d’impegno sociale e che loro hanno rinforzato con qualche minuto di cattivo gusto.»

E con queste parole speriamo che non solo Pio e Amedeo, ma anche tutti i loro sostenitori e chiunque utilizzi quelle parole offensive, possano capire l’importanza delle parole che va al di là dell’intenzione, ma che dipende dalla sensibilità del singolo. E dobbiamo sperarlo affinché non ci siano più persone che come Andrea, il ragazzo dai pantaloni rosa, pensino che la morte sia meglio della vita.

“- oddio l'ho abbracciata e poi gli ho toccato la mano òòòò mio dio òòòò (leggila cn la voce da frocio) (19/09/12) – o…

Pubblicato da Teresa Manes su Domenica 2 maggio 2021

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