Dopo mesi di silenzio o di informazioni futili o riguardanti solo le scuole, finalmente l’Italia si è ricordata dei poveri universitari abbandonati al proprio destino, condannati a continuare a pagare le tasse senza però avere delle informazioni su come sarà l’università post covid-19.
Ma l’agonia è finalmente conclusa, perché il ministro all’Università Gaetano Manfredi si è finalmente espresso a riguardo, sebbene gli studenti non siano del tutto soddisfatti e soprattutto in molte università non ci siano ancora certezza su come si svolgerà l’imminente sessione di settembre.
Le dichiarazioni del governo
Le ha chiamate «un segnale di ripartenza», queste misure anti-Covid che le università dovranno seguire e che il ministro Manfredi ha spiegato in un’intervista a La Repubblica e prevedono una serie di indicazioni che gli studenti e gli atenei dovranno seguire per garantire la sicurezza.
In primis, la mascherina sarà obbligatoria per gli studenti anche durante le lezioni, questo perché «non sono bambini ma ragazzi già adulti, possono sopportare il dispositivo. Confidiamo nel loro senso di responsabilità», ha detto il ministro. Sicuramente un adulto possiede la maturità di non togliersi la mascherina, tuttavia alcuni studenti possono soffrire di problemi respiratori come l’asma e indossare la mascherina per 8 ore non è il massimo.
Tuttavia, la grande novità non è questa, ma la capienza delle aule ridotte del 50%. Questo cosa significa? Chi prima arriva meglio alloggia? Una sorta, poiché sarà possibile prenotarsi tramite delle app apposite, che dovrebbero mettere a disposizione gli atenei, per garantirsi un posto in aula.
Alcune università hanno già presentato la propria app: Cagliari ha App-Posto, mentre Padova EasyRoom. Altre invece, come l’Università di Bari, avevano già affermato che tutte le lezioni saranno in presenza, quindi bisogna aspettare un annuncio del rettore per capire se farà dietro-front o se si fida in maniera forse eccessiva dei suoi studenti.
Il ministro ha anche affermato che le aule andranno sanificate ogni giorno e dovrà essere presente in ogni aula il gel disinfettante, garantendo quindi sicurezza per chi riuscirà a prenotare il proprio posto in presenza.
Questo significa che la didattica sarà mista, ci sarà chi potrà seguire in streaming la lezione e chi invece potrà recarsi sul posto come prima del Covid-19, stando però a distanza da chiunque e indossando sempre la mascherina. Un piccolo compromesso per cercare di tornare alla normalità.
«Questo è il massimo che si può fare oggi la ripresa dell’attività didattica non poteva prescindere dalla necessità di convivere con la pandemia. Ci sono università prestigiose come quelle inglesi e Harvard che continueranno con le lezioni a distanza. Noi abbiamo raggiunto un equilibrio tra l’esigenza della riapertura e la sicurezza. L’università ripartirà con le aule tutte piene.»
Ministro Manfredi
Se dovesse esserci un caso sospetto (è comunque vietato l’ingresso in università a chi ha la febbre o sintomi di Covid), questo andrebbe isolato e dovrebbero essere informate le autorità.
Cosa ne pensano gli universitari di questa soluzione
Mentre c’è chi è soddisfatto di questa soluzione, in particolare chi potrà risparmiare i soldi dell’affitto di una stanza che non è per niente una spesa da niente (e infatti gli affitti sono molto in calo), c’è chi non è felice di questa soluzione, paragonandola addirittura a un concerto.
Prossimamente: #università pic.twitter.com/UX6p6RiQGI
— 👽 (@_tobebetter_) August 24, 2020
Questo perché gli studenti che vorranno assistere in presenza dovranno essere veloci a prenotarsi come ci si prenota velocemente a un concerto per riuscire a garantirsi un biglietto: il paragone viene molto facile.
C’è invece chi si lamenta del lavoro tardivo che è stato fatto, poiché molti atenei avevano già preso le proprie decisioni: «Siamo stati abbandonati per mesi a noi stessi. Avete dato prioritá a discoteche e vacanze. Adesso ve ne uscite con le lezioni a metá dopo che molti atenei hanno deciso già per se. Utili come scarpe da ginnastica ad una persona senza gambe», scrive un’utente su Twitter, arrabbiata per come la situazione è stata gestita.
Insieme a lei, ci sono anche molti utenti che la pensano così:
Nessuno si ricorda mai dell’università però le tasse da pagare se le ricordano subito.
Paghiamo ma non abbiamo diritto a sapere niente su quello che riguarda il nostro futuro.
Le tasse quest’anno dovevano essere dimezzate come minimo.#università— 💎 (@abbicuradiamare) August 24, 2020
Insomma, gli universitari si sentono abbandonati e senza risposta. Soprattutto adesso ci si domanda se gli atenei che avevano stabilito le lezioni in presenza (sebbene in molti si siano chiesti in che modo) faranno un passo indietro o continueranno con quest’idea. E soprattutto, si cercano risposte alla sessione di settembre, che è letteralmente alle porte.
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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