Lo stupro di gruppo e la disumanità della nuova generazione – Una Tazza D’horror #31

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Per questo articolo di Una tazza d’horror mi sono chiesta: di cosa posso parlare? Abbiamo sempre affrontato argomenti macabri, da omicidi, a serial killer, a casi irrisolti… Ma in questo momento stiamo vivendo un periodo buio, in cui una ragazza di appena vent’anni è stata vittima di stupro da parte di un gruppo di sette ragazzi, di cui un minorenne. E i messaggi, i racconti della vicenda trasudano orrore da tutti i pori. Disumanità, alcuna vergogna o rimorso. Addirittura giustificazione. “La carne è la carne“, ha detto uno di loro, parlando di una ragazza, di una coetanea. Non di un oggetto.

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«Non vi chiediamo una condanna severa, pesante, esemplare, non c’interessa la condanna. Noi vogliamo che in questa aula ci sia resa giustizia, ed è una cosa diversa», disse nell’arringa del 1979 l’avvocata Tina Lagostena Bassi, difendendo da uno stupro Fiorella, una ragazza ventenne che si era presentata a un colloquio di lavoro e alla fine ha dovuto affrontare un processo per stupro, in cui lei, la vittima, veniva colpevolizzata più dei suoi stupratori. E il fatto è che, per quanto nel caso di Palermo di cui parleremo oggi non ho ancora letto messaggi di victim blaming, ci troviamo ancora ad affrontare casi del genere, come avvenuto a Firenze.

Lo stupro di gruppo a Firenze

Nel 2018, una giovane donna appena maggiorenne si trovava a una festa a Firenze con tre amici, i quali in seguito sarebbero stati accusati di stupro. La ragazza, che aveva avuto una storia con uno degli amici, aveva bevuto vino rosso e fumato durante la festa, e a causa di questa combinazione, si è sentita male. Fino a questo punto, tutte le testimonianze sono concordi, ma poi le versioni dei fatti diventano divergenti quando si tratta del giudizio sulla credibilità delle testimonianze. La ventenne poi parla di uno stupro da parte dei tre ragazzi, e di aver implorato di smettere.

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Il giudice sembra dare più peso alle testimonianze degli altri partecipanti, considerandole più affidabili rispetto alle dichiarazioni della ragazza, che è stata interrogata più volte nel corso di tre anni. Il giudice esprime dubbi sul fatto che la ragazza, dato il suo stato di alterazione, potesse ricordare chiaramente di aver chiesto agli uomini di smettere. Un altro punto di incertezza per il giudice riguarda il comportamento della ragazza. Essendo stata coinvolta precedentemente in un rapporto sessuale con uno degli uomini accusati, e avendo acconsentito alla registrazione di tale atto, il giudice ritiene che ciò possa aver influenzato la percezione degli imputati sulla sua disponibilità a rapporti sessuali.

Nonostante la ragazza affermi di aver implorato gli uomini di smettere, e uno di loro avesse riconosciuto la gravità della situazione con commenti inappropriati, il giudice ha assolto gli imputati. La motivazione dell’assoluzione si basa sulla convinzione che i ragazzi potrebbero aver frainteso i no della vittima. Il giudice considera anche la concezione distorta del sesso e delle relazioni da parte degli imputati come elemento condizionante. In definitiva, il giudice ha assolto gli imputati sulla base del dubbio riguardo al consenso della ragazza, attribuendo al contesto e alle circostanze influenti un peso significativo nella decisione.

Questa è l’Italia del 2023, una storia d’horror in cui uno stupro di gruppo viene legittimato perché lei aveva già avuto rapporti sessuali in precedenza, perché aveva bevuto e perché si era fatta registrare mentre aveva un rapporto sessuale. E lo stupro di gruppo di Palermo, è ancora più terrificante.

Lo stupro di gruppo a Palermo

Prima di leggere le terrificanti chat su Whatsapp in cui si vantano di aver stuprato in gruppo una ragazza, contestualizziamo quel che è successo a Palermo. Una ragazza di 20 anni ha denunciato sette ragazzi che l’hanno stuprata al Foro Italico dopo averla fatta bere proprio con l’intento di avere uno stupro di gruppo con lei. La ragazzina è stata soccorsa da due passanti che le hanno fatto chiamare il fidanzato, e poi è stata portata al pronto soccorso e dai medici, poi ha raccontato agli inquirenti di aver incontrato degli amici, di aver bevuto e fumato insieme, e poi di essersi allontanati. Fra questi ragazzi c’era anche uno di cui lei si fidava e che conosceva da tanto tempo:

«Angelo (il nome dell’amico ndr) non mi ha toccata, a differenza degli altri, ma si è limitato a filmare la scena con il proprio telefono cellulare. Poco prima che io chiamassi il mio ragazzo, quando mi sono accasciata a terra, ho sentito che uno dei miei aggressori ha chiesto ad Angelo di condividere con lui il video e questi ha risposto di averlo già cancellato. Se n’è sicuramente liberato perché si è spaventato nel vedere le mie condizioni, tant’è che l’ho sentito commentare: “questo è uno stupro di massa”».

Secondo le prime notizie girate sulla vicenda, i video sono stati comunque trovati nei cellulari di due degli arrestati. Addirittura dopo l’arresto dei primi tre il 3 agosto due degli indagati scherzavano sul fatto che, quando i carabinieri li avrebbero arrestati, sarebbero finiti al telegiornale. I nomi dei sei indagati (il settimo è minorenne quindi è stato risparmiato) sono di dominio pubblico, ma noi preferiamo non dare alcuna visibilità a individui del genere, e soprattutto per quanto abbiano assolutamente sbagliato e meritino di marcire in galera, la gogna pubblica non è nella morale del nostro blog. Per quanto possano meritarsela.

Uno di loro scrive su un gruppo Whatsapp: «Questa si chiama… su Instagram, ti giuro vero, questa è una p… ce la siamo fatta tutti, i ragazzi della via Montalbo eravamo tanti, una sassolata, io, G.T., il fratello di G., c’era C. un ragazzo delle case popolari e R… Eravamo un casino». Se n’è vantato, non ha minimamente pensato che quello fosse uno stupro e che la ragazza non era minimamente consenziente. La chiama puttana, dà il suo Instagram, la tratta come se non fosse una persona degna di rispetto. Manda persino il video quando gli viene chiesto.

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Lo stesso ragazzo poi scrive: «Ieri sera niente, se ci penso un po’ mi viene lo schifo perché eravamo ti giuro 100 cani sopra una gatta, una cosa di questa l’avevo vista solo nei video porno, eravamo troppi, sinceramente mi sono schifiato un po’, ma che dovevo fare? La carne è carne, gliel’ho abbagnato pure io il discorso…». La carne è la carne. Ecco come molti della nuova generazione vedono le proprie coetanee, vedono le donne. E la storia non finisce qui.

Parlando della vittima in un messaggio vocale affermava: «Dopo si è sentita pure male, si toccava là sotto piegata a terra… ‘Chiamate un’ambulanza’, ma va cacaci la minchia (forti risate, ndr) l’abbiamo lasciata lì e siamo andati via…”. Inoltre puntualizzava: “Ma chi la conosce a questa, mi aveva scritto una settimana fa: ‘Il mio ragazzo di qua, il mio ragazzo di là’ e gli ho detto: ‘Senti che dobbiamo fare, ci vediamo?’ e ci siamo visti e abbiamo fatto sesso. Ieri sera l’abbiamo incontrata alla Vucciria con tutti gli amici ed è finita a schifio…». La ragazza ha ovviamente smentito la versione, non avrebbe mai avuto un rapporto consensuale con lo stupratore.

Sempre lui, su Whatsapp scrive: «Lei era tutta ubriaca, l’amica sua l’ha lasciata sola, voleva farsi a tutti. Alla fine gli abbiamo fatto passare il capriccio». Quando gli viene messa in testa l’ipotesi dello stupro, dice di star eliminando tutti i video, «lo sto mandando solo a chi lo dovevo mandare perché non ne voglio sapere niente di questa storia...».

Secondo il gip, «si coglie la consapevolezza dell’azione violenta e della realizzazione dei rapporti sessuali con modalità aggressive e violente – si legge nell’ordinanza – che avevano devastato fisicamente la ragazza (‘la struppiò’), la quale, secondo i loro ricordi, aveva detto ‘basta’, non lesinando però i correi commenti – spavaldi e machisti – sul fatto che, nonostante le grida di dolore ella fosse in realtà ‘eccitata», sebbene «dalle loro parole si comprende come, benché moralmente del tutto indifferenti rispetto a quanto accaduto, fossero consci delle possibili conseguenze dei gravi fatti denunciati, vaneggiando su propositi di fuga all’estero».

Speriamo che, almeno lei, possa avere giustizia.

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