La versione della professoressa sulla studentessa cacciata dall’Università di Bologna

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Come in ogni storia, ci sono due versioni ed entrambe devono essere ascoltate. Abbiamo ascoltato il discorso della studentessa di Bologna, l’abbiamo commentato e abbiamo cercato di capire i suoi errori e quelli dei suoi compagni (sempre secondo quello che lei stessa ha detto in una piazza, sostenuta dai manifestanti no-Green Pass). Adesso, però, è arrivata anche la versione della docente accusata di averla cacciata dall’aula e poi annullato la lezione quando le ha chiesto di andarsene, e non sembra poi così grave come ha descritto la studentessa.

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Facciamo un breve recap per chi si fosse perso la vicenda, che ha avuto luogo mercoledì scorso nel suo Ateneo. La lezione che stavano seguendo era quella di Psicologia cognitiva tenuto dalla professoressa Luisa Lugli. Lei è una No Green Pass convinta, studentessa di Filosofia di 20 anni e sabato scorso ha partecipato a una manifestazione in cui ha preso il microfono e ha raccontato quello che è accaduto. «Mi dicevano che non ho il diritto di seguire le lezioni che la mia famiglia paga con una dose generosa ed esagerata di tasse annuali», ha detto.

Racconta invece che le docenti l’hanno invitata ad allontanarsi «dalla struttura o, in caso contrario, di rendermi responsabile dell’annullamento della lezione. Non sarò neanche a dilungarmi sull’atto di deresponsabilizzazione di un professore universitario o semplicemente sul reato in cui si incappa in questo caso». Beh. Tecnicamente la legge impone che per entrare in università si deve avere il Green Pass. Contrari o non contrari, il docente ha fatto quello che stabilisce la legge.

Quello che la lascia più sconvolta, però, è la reazione dei colleghi «è stata di una violenza sproposita visto che è scaturita da chi si sente protetto da queste normative illegittime e legittimato all’odio». Racconta di «urla di scherno, insulti e pretese da parte dei pendolari di essere rimborsati del costo del biglietto». E ancora dice che l’hanno invitata ad «andare via e a non ripresentarsi più», altri l’avrebbero «aspettata fuori per minacciarla», altri ancora le avrebbero detto che «se fossi stato un ragazzo ti avremmo già menato». Da parte delle ragazze invece «beffe, altri insulti e disprezzo da parte di alcune ragazze che si scansavano perché non volevano essere contagiate».

«Una volta uscita mi ha aspettato un gruppetto di persone che ha iniziato ad accanirsi, a sputare per terra vicino ai miei piedi, un tipo mi ha scattato a dieci centimetri dalla faccia dicendo che se non fossi stata una ragazza mi avrebbe già menato, ha minacciato di chiamare la polizia se mi fossi presentata alla lezione successiva per farmi sbattere fuori»

Il discorso della studentessa di Bologna

Abbiamo letto le parole del coordinatore del corso di laurea, Luca Guidetti, che ha affermato di condannare «qualsiasi infrazione della legge italiana. Se dovessero verificarsi nuovamente, verranno immediatamente informati il direttore di Dipartimento e gli organi di Ateneo, i quali provvederanno ad adottare i provvedimenti per impedire tali comportamenti», mentre il prorettore dell’Università, Mirko Degli Espositi, ha spiegato che l’obiettivo dell’Alma Mater è quello di evitare di chiarare le Forze dell’Ordine: «il richiamo è alla responsabilità, vorrei che la gente avesse più memoria: un anno fa avevamo aule e biblioteche vuote, nessuno vuole tornare lì, vaccini e Green Pass sono gli strumenti per evitarlo». Ma la professoressa, invece, cosa dice?

La storia della studentessa di Bologna raccontata dalla docente

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A rilanciare la notizia è stata Repubblica Bologna, che ha dato voce alla professoressa Luisa Lugli, ovvero la docente che ha sospeso il corso quel mercoledì, che racconta una storia un po’ diversa. «Il personale mi ha comunicato che era presente una studentessa sprovvista di certificazione. Io l’ho invitata a uscire, a lasciare l’aula. E lei ha ribadito la sua volontà di rimanere. Quindi ho interrotto la lezione», dice. E fin qui ci siamo, tutto è come lo ha raccontato anche la ragazza.

Però poi continua: «Prima di farlo ho sentito il direttore. Secondo il protocollo di ateneo, noi docenti siamo tenuti a richiamare il corretto comportamento degli studenti, per salvaguardare la sicurezza di tutti. Li invitiamo anche a rimettersi la mascherina se l’abbassano per bere poi la dimenticano giù, per intenderci», ed è una cosa più che normale. Anche se siamo vaccinati, non siamo immuni. Il Covid-19 può comunque essere preso e trasmesso, semplicemente non rischiamo di finire in terapia intensiva come lo scorso anno.

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E riguardo le aggressioni, la parte più grave del discorso? «Che io abbia visto non c’è stata nessuna aggressione, soltanto uno scambio di opinioni contrastanti. Anche perché, se fosse avvenuto in aula, chiaramente sarei dovuta intervenire». Non finisce neanche qui, perché afferma di non aver mai più rivisto la studentessa: «Ho riavuto lezione il giorno dopo, e anche oggi, e la ragazza non si è più presentata. Penso fosse la prima volta che veniva al mio corso, quantomeno in presenza».

Le viene poi chiesto se quello della studentessa è stato l’unico caso: «A lezione da me sì. Alcuni studenti mi hanno riferito che era già capitato, sempre con la stessa ragazza, ma non ho modo di verificarlo». Lancia poi un messaggio agli studenti: «L’anno scorso in questo periodo stavamo chiudendo. Adesso invece l’università è aperta e l’ateneo lavora al 100%. Questi sono i fatti. Quindi il Green Pass potrà avere le sue imperfezioni, ma io lo ritengo uno strumento utile. E al momento non vedo soluzioni alternative».

Insomma, la professoressa che è stata attaccata da tutti i no-vax, a quanto pare non ha colpe, e la studentessa ha solo ingigantito una questione per tornaconto personale. Ovviamente sempre dando per scontato le parole di una docente, ma che senso avrebbe mentire davanti a tantissimi testimoni che possono confermare o smentire le sue parole?

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