Il pericoloso revisionismo della destra sulla strage di Bologna di 43 anni fa

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43 anni fa, il 2 agosto del 1980 alle 10.25, 85 persone persero la vita in un attentato di matrice fascista alla stazione di Bologna Centrale, ritenuto l’attentato terroristico più grave dell’Italia nel secondo dopoguerra. Oggi, in un’Italia che sembra andare sempre più indietro, in un’Italia che toglie ai poveri per dare ai ricchi, in un’Italia che non è mai stata così nera, dal governo si cerca di fare revisionismo su questa strage: nonostante i processi e le accuse, per alcuni individui non è stato un attentato fascista, ma palestinese. E il presidente Meloni non si presenta neanche alla commemorazione. Diranno, “impegni d’ufficio“.

Sabato 2 agosto 1980, alle 10:25, presso la stazione ferroviaria di Bologna Centrale, si è verificato un grave attentato causato da una terribile esplosione, scaturita da un ordigno a tempo e che ha avuto luogo nella sala d’aspetto di seconda classe. Un’abbandonata valigia contenente 23 kg di esplosivo, una combinazione di 5 kg di tritolo e T4, conosciuta come «Compound B», potenziata ulteriormente da 18 kg di gelatinato, ha causato il disastro. L’esplosione ha causato il crollo dell’ala Ovest dell’edificio della stazione e ha colpito pesantemente anche il treno Adria Express 13534 Ancona-Basilea, fermo al primo binario.

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La pensilina è stata completamente distrutta per circa 30 metri, così come il parcheggio dei taxi situato di fronte alla stazione. I detriti risultanti dall’esplosione hanno lasciato per anni segni visibili nella zona dei Prati di Caprara. Per affrontare l’emergenza e trasportare i numerosi feriti, furono impiegati anche gli autobus, in particolare quello della linea 37, diventato in seguito uno dei simboli indelebili di quella tragica strage, insieme a auto e taxi. Tra le vittime, la più giovane fu Angela Fresu, una bambina di soli 3 anni, mentre di sua madre Maria non fu mai ritrovato il corpo, dilaniato dall’esplosione. Il più anziano tra i defunti, invece, aveva 86 anni e rispondeva al nome di Antonio Montanari.

Inizialmente, la pista seguita nelle indagini sull’attentato fu quella neofascista, ma l’iter giudiziario che ne seguì si rivelò lungo e pieno di depistaggi. Durante le indagini, emersero diverse teorie alternative riguardanti l’origine dell’attacco. La sentenza finale per l’attentato di Bologna è stata emessa solo nel 1995, con la condanna di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari, riconosciuti colpevoli come esecutori materiali dell’attacco e per aver fatto parte dell’organizzazione armata responsabile dell’attentato. Si sono sempre detti innocenti, ma entrambi hanno ammesso e rivendicato la responsabilità di numerosi altri omicidi.

Inoltre, nel 2007, si è aggiunta la condanna di Luigi Ciavardini, che all’epoca dei fatti era ancora minorenne. Ciavardini è stato condannato a trent’anni di reclusione per il coinvolgimento nella strage. Ciò che continua a rimanere oscuro e fonte di angoscia per i parenti delle vittime è l’identità dei mandanti dell’attentato alla stazione di Bologna. La Procura generale di Bologna ha individuato Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi come i presunti mandanti, finanziatori o organizzatori dell’azione terroristica. Tuttavia, essi non possono più essere giudicati poiché tutti e quattro sono ormai deceduti.

L’impatto devastante dell’attentato lasciò ferite profonde nel cuore della città e nelle vite delle persone coinvolte, segnando per sempre la storia di Bologna. Eppure oggi, nel 2023, qualcuno vuole togliere le colpe ai fascisti.

Il revisionismo storico sulla strage di Bologna

«La strage di Bologna un attentato neofascista? Non è vero. In transito era un vagone palestinese… che è stato fatto esplodere apposta a Bologna. Poi hanno buttato dentro il Fioravanti e compagnia, ma non erano loro», ha affermato Armando Mantovani, segretario cittadino della Lega e capogruppo della maggioranza al consiglio comunale di Lonate Pozzolo nella seduta del 31 luglio. Lo racconta Paolo Berizzi su La Repubblica, sottolineando come nell’Aula si stesse discutendo della proposta di intitolare l’area del mercato del comune alle vittime del 2 agosto 1980. Ma per Mantovani, leghista, questo è infattibile.

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Secondo il revisionista, infatti, chi avrebbe causato la morte di 85 persone sarebbero stati i palestinesi (e d’altronde, quest’accusa, considerando il grande rapporto della Lega con i fascisti israeliani che stanno piano piano attuando un genocidio nei confronti dei palestinesi, non sorprende). «Se leggete solo una certa propaganda, infatti però il treno era quello dei palestinesi», ha affermato il leghista. Dalla minoranza cercano di farlo ragionare: «Ma quale treno dei palestinesi? Ma dove siamo? Ma la storia…». Lui, però, non demorde: «Macché storia ragazzi, non sapete ancora perché hanno tirato giù Ustica e mi venite a parlare di Bologna? Bologna è stata una strage di Stato, ragazzi, mettetevelo in testa!»

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Nessuno dei suoi, da Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e UDC, prova a dire il contrario. Nessuno di loro apre bocca per difendere non solo la storia italiana ma anche tutte le vittime e le persone che sono rimaste ferite in quella strage fascista. Il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs, Angelo Bonelli, però si fa sentire tramite una nota:

«Alla vigilia della strage della stazione di Bologna la destra fa sentire la sua inquietante voce. Il capogruppo della Lega nel consiglio comunale di Lonate Pozzolo ha dichiarato che la strage che ha toccato il cuore di tutti gli italiani e che cercava di dare una spallata alla democrazia, non era di stampo fascista ma che il vagone fu fatto esplodere dai palestinesi. Queste parole sono in linea col tentativo di revisionismo storico che la destra sta tentando di realizzare da un po’ di tempo e che trova la sua sintesi nella presentazione di proposte di legge su una commissione d’inchiesta sulle stragi nel nostro Paese.

La volontà di riscrivere la storia degli anni del terrorismo e della strategia della tensione, mettendo in discussione le sentenze dei tribunali che hanno chiaramente parlato di una strategia piduista legata alla eversione nera fascista è inammissibile. Proprio il cinque aprile scorso sono state depositate le motivazioni della sentenza della corte d’assise di Bologna che esattamente un anno fa aveva condannato all’ergastolo Paolo Bellini, ex militante fascista esponente del gruppo avanguardia nazionale per concorso nella strage alla stazione. In quelle motivazioni si leggono i mandati, ovvero la P2 e tutta l’area dell’eversione fascista. Quello che sta tentando di fare la destra in questo Paese, proprio alla vigilia di questa data così importante è inquietante».

Intanto, però, anche il nostro Presidente Giorgia Meloni diserta la commemorazione per la strage di Bologna, così come ha fatto con quella di Paolo Borsellino il mese scorso. Al suo posto, ci sarà il ministro dell’Interno Piantedosi, che «nella città emiliana ha lavorato una vita da prefetto e ha stretto buoni rapporti con la città e con l’associazione dei familiari delle Vittime», scrive il giornalista Giovanni Tizian su “Il Domani“. E per l’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, questo va bene, perché, fa sapere il presidente Paolo Bolognesi, il ministro «conosce la città, sa che aria tira, quando era prefetto avevamo un buon rapporto. Mi ha telefonato. Gli faremo domande, speriamo ci dia risposte».

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Strage di Bologna

Su Giorgia Meloni ha detto: «Se ha cose chiare da dire, bene. Se sono frasi di circostanza, meglio il silenzio. Abbiamo bisogno di verità, non di spalle su cui versare lacrime». Intervistato da La Stampa ha sottolineato l’importanza di questo anniversario, «carico di speranza, grazie ai processi in corso a Cavallini e Bellini, condannati all’ergastolo in primo grado. Ma anche di inquietudine, per il clima politico e culturale», in quanto dal governo «assistiamo a manifestazioni sgradevoli di amici dei terroristi. O quantomeno in sintonia con i loro interessi».

Il problema dell’Italia, in questo caso, non è più tanto la memoria corta. Quanto più l’ignoranza, la cattiveria e il revisionismo.

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