Myanmar: la Premio Nobel Aung San Suu Kyi è stata graziata

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L’ex leader birmana, vincitrice di un Premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi è stata graziata in Myanmar per cinque dei tanti reati per i quali è stato incarcerata dopo il colpo di stato del 2021, per un totale di 33 anni. La scorsa settimana la donna era stata spostata dal carcere agli arresti domiciliari nella capitale Naypyidaw. Intanto vengono anche rinviate le elezioni in quanto secondo la giunta c’è troppa violenza sulla scia del loro colpo di stato per poter tenere delle elezioni libere ed eque e permettere ai cittadini di votare senza alcun timore.

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Riassumiamo brevemente quello che è successo in Myanmar nel 2021 (per avere più informazioni, vi invito a leggere l’articolo: Cosa sta succedendo a Myanmar?). A febbraio 2021 c’è stato un colpo di stato, in cui è stato ribaltato il risultato della Lega Nazionale Democratica alle elezioni svoltasi a novembre, poiché, secondo la giunta militare, la vittoria è avvenuta tramite frodi. La polizia ha anche denunciato e arrestato Aung San Suu Ky (premio Nobel per la pace), leader della LND, accusata di importare illegalmente delle apparecchiature di comunicazione.

Il ministro degli esterni, Zin Mar Aung, estromesso dalla giunta militare, ha chiesto aiuto alle comunità internazionali: «Il nostro popolo è pronto a pagare qualsiasi costo per riavere i propri diritti e la propria libertà. Il Myanmar è sull’orlo del fallimento dello stato, del collasso, occorre fare qualcosa e occorre farlo prima che sia troppo tardi». Boris Johnson ha condannato il golpe a Myanmar, Joe Biden ha sospeso qualsiasi accordo sul commercio con il paese finché la democrazia non sarà ripristinata, ma in Italia se n’è parlato davvero troppo poco.

La CNN ha intervistato il generale Zaw Min Tun, che ha affermato che, se i manifestanti sono morti, la colpa è solo loro. Nella stessa intervista ha anche detto che lo stato d’emergenza potrebbe durare ancora due anni, per restare al potere a Myanmar il più a lungo possibile. Solo in quel periodo, morirono  più di 700 manifestanti, fra questi anche Kyal Sin Angel, 19enne che è stata freddata con un colpo di fucile alla testa, mentre cercava di lottare per il suo futuro.

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Foto: AFP

Nel frattempo lo scorso anno sono anche stati condannati a morte in processi a porte chiuse a gennaio e aprile quattro uomini accusati di aver aiutato le milizie a combattere l’esercito che aveva preso il potere con un colpo di stato lo scorso anno e scatenato una sanguinosa repressione dei suoi oppositori. Tra loro c’era il politico democratico Phyo Zeya Thaw, molto vicino ad Aung San Suu Kyi, la leader politica birmana agli arresti domiciliari da subito dopo il colpo di stato; lo scrittore e attivista Kyaw Min Yu, conosciuto anche come Ko Jimmy; e altri due attivisti meno noti, Hla Myo Aung e Aung Thura Zaw.

Graziata l’ex leader Aung San Suu Kyi

I media statali hanno annunciato che l’ex leader Aung San Suu Kyi, figlia dell’eroe dell’indipendenza del Myanmar, sarà graziata per cinque dei numerosi reati per i quali è stata incarcerata per un totale di 33 anni. La donna, vincitrice del premio Nobel per la pace, si trovava in carcere da quando i militari hanno preso il potere con un colpo di stato all’inizio del 2021. Al momento sta facendo appello contro le condanne per i vari reati che vanno dall’istigazione e frode elettorale alla corruzione, negando tutte le accuse.

«Non sarà libera dagli arresti domiciliari», ha detto una fonte alla radio e televisione del Myanmar. Aung San Suu Kyi è stata messa agli arresti domiciliari per la prima volta nel 1989 dopo enormi proteste contro decenni di regime militare. Nel 1991, ha vinto il premio Nobel per la pace per la campagna per la democrazia, ma è stata completamente rilasciata dagli arresti domiciliari solo nel 2010.

In precedenza, la televisione di stato aveva riferito che la giunta al governo del Myanmar aveva ufficialmente rinviato le elezioni che aveva promesso di tenere entro agosto di quest’anno. Il leader della giunta, il generale Min Aung Hlaing, in un incontro di lunedì con il Consiglio nazionale per la difesa e la sicurezza, sostenuto dall’esercito, ha prorogato lo stato di emergenza di altri sei mesi. L’esercito si era impegnato a tenere le elezioni entro agosto 2023 dopo aver rovesciato il governo eletto di Suu Kyi, ma ha citato la violenza in corso come motivo per rinviare il voto.

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Foto: Xinhua

Nel comunicato leggiamo: «Mentre si tiene un’elezione, per avere un’elezione libera ed equa e anche per poter votare senza alcun timore, sono ancora necessarie le misure di sicurezza necessarie e quindi il periodo per lo stato di emergenza deve essere esteso».

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