Rosalie Fish: l’atleta che corre contro i femminicidi delle donne indigene

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Oggi vi parliamo di Rosalie Fish, un’atleta statunitense di venti anni, nata ad Auburn. Studia al Iowa Central Community College e corre per la squadra della sua università. Cos’ha di diverso o di particolare rispetto alle altre sue colleghe atlete? Rosalie Fish appartiene alla tribù Cowlitz, della riserva di Muckleshoot, ed è un’attivista sociale che da quando ha frequentato l’ultimo anno al liceo ha cercato di sensibilizzare riguardo le donne indigene scomparse e uccise (missing and murdered Indigenous women – MMIW), coinvolgendo il Canada e gli Stati Uniti.

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Fonte: twitter

Per noi che ne abbiamo parlato più volte, e per voi che ci seguite, sappiamo benissimo che nel mondo c’è un grave problema (oddio, fosse solo uno) che riguarda la violenza sulle donne. E no, non provate a dire che anche gli uomini vengono uccisi o picchiati. Tutti sono vittime di violenze, ma le donne che vengono uccise in quanto donne, le donne uccise dai partner che le considerano come un oggetto personale, sono decisamente di più degli uomini uccisi in quanto uomini.

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha postato dei dati in cui si vede molto bene come le donne indigene subiscono violenze sessuali e femminicidi con una probabilità dalle 2 alle 10 volte superiore rispetto alla media nazionale. Un’associazione femminista, UltraViolet, ha postato una grafica in cui leggiamo che l’84% delle donne native indiane e dell’Alaska sono state vittime di violenza, ed è il dato più alto della nazione. Allo stesso tempo sono uccise in un rate 10X più alto rispetto alla media nazionale.

Quindi, le donne native sono le vittime. Ma i carnefici, invece, chi sono? Beh, aprite bene gli occhi: il 96% degli stupri sono per mano degli uomini non nativi, tuttavia sono raramente perseguitati. Il 5 maggio è la giornata di sensibilizzazione MMIW (missing and murdered Indigenous women), per cui cerchiamo di parlare ancora di più di questo argomento. Proprio come fa Rosalie Fish, che vi presentiamo oggi.

Rosalie Fish: chi è l’atleta e attivista

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Fonte: twitter

La prima volta che Rosalie Fish ha fatto parlare di sé è stato nel maggio 2019, durante una gara organizzata a Washinton. Rosalie Fish si era dipinta l’impronta di una mano rossa sul volto, con le dita che si allargavano sulle guance, e la scritta MMIW sulla gamba, in modo da cercare di sensibilizzare il tema ma anche per onorare le donne indigene che sono scomparse o sono state uccise negli Stati Uniti. In questo modo la ventenne ha fatto comprendere che l’atletica non è solo una sport ma è anche un modo per lanciare dei messaggi importanti.

D’altronde non è la prima volta che una donna o un uomo si espongono con una partita. Lo abbiamo visto quando George Floyd è morto, tantissimi calciatori e non solo si sono inginocchiati per evidenziare quanto la sua morte sia stata ingiusta. Ma non solo, dobbiamo anche ricordare la calciatrice che, invece, si è rifiutata di omaggiare Maradona, non facendo il minuto di silenzio con le sue colleghe. Questo perché, secondo la Depena «per le vittime di violenza non è stato osservato un solo minuto di silenzio, quindi, ovviamente, non ero disposta a osservare un minuto di silenzio per un aggressore e non per le vittime».

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Fonte: twitter

Allo stesso modo Rosalie Fish ha dipinto quella mano sul volto. La sua iniziativa è anche stata portata all’attenzione dell’Università di Washinton e dei media locali. Rosalie Fish ha detto a Runner’s World di aver voluto far sapere che «qui a livello NJCAA, ho dovuto lottare per il mio diritto di indossare l’impronta della mano nelle gare e che i miei allenatori dovevano essere una parte di quella lotta per me. Le (alla coach) ho chiesto se sarebbe disposta a prendere le mie difese se fossi arrivata a questo punto, e mi ha fatto sapere che mi avrebbe assolutamente sostenuta quando si trattava di correre per le donne indigene».

Ha ovviamente detto di essere «super entusiasta di avere l’opportunità di rappresentare tutte le tribù a Washington. Ci sono quasi 30 tribù diverse in uno stesso stato, e onestamente, quasi tutte le tribù di Washington hanno influenzato chi sono e come sono cresciuta. E quindi sono davvero onorata di avere l’opportunità di rappresentare positivamente le tribù a livello di Pac-12 [Conferenza]». Rosalie Fish anche aggiunto che

«Stavo affrontando alcune discriminazioni come corridore nativa [quando ero una senior a Muckleshoot Tribal School]. Non stavo partecipando ad alcuni incontri competitivi, anche se avevo raggiunto il tempo di qualificazione. E quando mi hanno chiesto perché, la risposta sarebbe stata una cosa del tipo: “Beh, non ho mai sentito parlare della tua scuola prima d’ora”, quindi mi sentivo già un po’ isolato e solo.»

Infine, ha voluto spiegare che la sua non è una scelta politica, ma è un modo per cercare di far comprendere a chi la osserva quello che sta accadendo non solo nel mondo ma anche davanti ai propri occhi, un modo per spronarli ad agire e a provare a fare la differenza. Delle parole molto importanti che noi, non solo in quanto donne ma in quanto persone, apprezziamo davvero tanto. Grazie Rosalie Fish.

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