È stato condiviso da Netflix il primo trailer del documentario Pray Away, che ha al centro dell’argomento le terapie di conversione, che sono le barbarie attuate da alcune chiese che vogliono convincere alcuni ragazzi e ragazze omosessuali che sono sbagliati e che devono per forza essere eterosessuali per essere amati da Dio, ma non è così, perché Dio è amore ed è amore per tutti, per eterosessuali, omosessuali, transgender e per tutta la comunità LGBT, e a dirlo era stato anche Papa Francesco.
«La Chiesa non li esclude perché li ama profondamente» aveva detto il nostro Papa a delle famiglie cattoliche con figli LGBT, ed è proprio per questo che riteniamo che le terapie di conversione facciano ormai parte solo delle persone che vivono ancora nel passato, nei secoli scorsi, che non accettano l’amore, omofobe e, soprattutto, che non amano davvero i propri figli. Perché un figlio va accettato così com’è. Si accettano i figli assassini e omofobi, figuriamoci un figlio che, semplicemente, ama una persona dello stesso sesso.
Riguardo le terapie di conversione, di cui si parla in Pray Away, sono un serio problema in Italia come anche all’estero. Si pensa che l’omosessualità, che non è in alcun modo una malattia, possa essereguaritacome un’influenza qualsiasi. Una persona nasce omosessuale, nasce bisessuale, nasce lesbica, nasce transgender. Non si viene influenzati. Certo, per alcune persone potrebbe essere davvero unafase, come è normale anche interrogarsi sul proprio orientamento per poi arrivare a una conclusione. Tuttavia, se una persona dice di essere omosessuale, non deve essere guarita.
Con Alessandro, il ragazzo pazzo per Gesù, abbiamo visto che si è dedicato a questa terapia, dopo aver frequentato pride ed essere stato felice con i suoi amici, dopo essersi accettato e amato per quel che era, quando la madre ha cominciato apregare per lui ogni sera, a piangere, a dimostrare di essere delusa. Quando fece coming out, lei gli chiese: «ma c’è qualcuno che ti obbliga a essere così?». E quindi lui, per la madre, si è sottoposto a una terapia di conversione. In Italia è ancora legale, mentre in Gran Bretagna sta per divenire illegale. E ad annunciarlo è proprio la Regina Elisabetta II.
Pray Away: il documentario sulle terapie di conversione
Non ve l’ho ancora detto, ma Pray Away è un documentario che andrà in onda su Netflix e che è prodotto niente di meno dal grandioso papà di Glee e di American Horror Story, Ryan Murphy, e ha scelto proprio un argomento che negli ultimi anni come negli ultimi mesi ha fatto discutere tantissime persone. Il film sarà disponibile dal 3 agosto sulla piattaforma di streaming online, ma, nelle ultime ore, è finalmente uscito il trailer che ci fa capire a cosa andremo incontro.
In the 1970s, five men led the largest and most controversial gay conversion therapy organization in the world — but their own same-sex attractions never went away.
— Netflix (@netflix) July 12, 2021
Pray Away chronicles the “ex gay” movement’s rise to power and its legacy of profound harm. Premieres August 3. pic.twitter.com/ADb2N7YQXt
La sinossi rilasciata da Netflix è questa: «Negli anni ’70, cinque uomini guidavano la più grande e controversa organizzazione di terapia di conversione gay al mondo, ma le loro attrazioni per lo stesso sesso non sono mai scomparse. Pray Away racconta l’ascesa al potere del movimento “ex gay” e la sua eredità di danni profondi.» Si parlerà quindi di Exodus International e della sua storia, della comunità fondata nel 1976 con l’unico scopo di convertire gli omosessuali.
Alla direzione c’è Kristine Stolakis, che cercherà di farci immedesimare al meglio nelle storie di cinque uomini appartenenti alla chiesa evangelica che diedero vita a un gruppo che inizialmente era di studi biblici con l’unico obiettivo di «riportarli sulla retta via». Tuttavia, in pochissimo tempo quei cinque uomini si trovarono circondati da 25k lettere di richieste di auto da parte di persone che si sentivano sbagliate. «Stiamo solo dicendo che se vuoi cambiare, c’è un modo per farlo», sentiamo nel trailer di Pray Away. Tuttavia, sappiamo che dall’omosessualità non si può guarire, perché essere omosessuale non è una malattia.
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull’italiano standard e neostandard, “paladina delle cause perse” e studentessa di Didattica dell’Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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