Studenti accusati di pedopornografia: spogliavano le compagne di scuola con un bot

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Prima hanno spogliato cinque loro compagne di classe con un bot per cellulare, e poi hanno fatto circolare le foto finte tramite i social network e le applicazioni di messaggistica. Due studenti di una scuola media di Roma sono stati accusati di pedopornografia per aver utilizzato un bot su Telegram, di cui non diremo il nome per evitare che si diffonda ancora, che denuda i soggetti delle foto che vengono inviate, non si sa se a figura intera o con il fotomontaggio di altri corpi recuperati dal web. Quattro delle ragazze hanno deciso, insieme ai loro genitori, di denunciare.

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Telegram è un’applicazione di messaggistica fra le migliori, ha tante funzionalità, è possibile rimanere in anonimo come anche nascondere i membri di un gruppo, insomma protegge la tua privacy come Whatsapp non riesce e forse non riuscirà mai a fare. Tuttavia, è evidente, che viene utilizzato anche per motivi non etici, come nel caso dei bot e del fake porno, che si tratta di  foto normalissime che però vengono modificate in maniera erotica. Poi, ovviamente, ci sono i tantissimi gruppi e canali dove si degradano donne e si umiliano uomini, al di là del fake porno.

In un’intervista con Elle, la dott.ssa Semenzin ha affermato che il deep fake porn è una tendenza che negli ultimi mesi ha cominciato ad essere molto visualizzato anche in Italia: «si tratta di foto o video artificiali dove viene inserito il viso di una persona reale. Esistono anche tecnologie molto user friendly che permettono di “spogliare” le foto delle donne. È un fenomeno in crescita su Telegram dove esistono anche dei bot che, inviando la foto di una ragazza, ti restituiscono la foto spogliata». Ancora una volta, quindi, Telegram è background di violenze sessuali online (e non solo di revenge porn, come troppo spesso crediamo) a discapito della donna per mano di uomini, spesso anche sconosciuti.

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(ANSA)

Il problema, in questo caso, è che «in Italia non esiste una legge specifica che riconosca questo problema. C’era stata una proposta di legge del Movimento 5 Stelle per regolamentare il deep fake porn, ma credo sia caduta nel vuoto. Al momento è possibile tutelarsi solo attraverso altri reati». Insieme a ciò, «nella legge attuale italiana al momento non sono nemmeno nominate» le piattaforme come Telegram o Pornhub, che spesso sono background di revenge porn e violenze sessuali, «ma la loro regolamentazione e responsabilizzazione dovrebbero essere parte del dibattito».

Nel momento in cui sia i carnefici che le vittime sono dei minorenni, però, ci fa rendere conto che c’è bisogno di educare al rispetto l’ultima generazione. Qualcuno dà la colpa ai cellulari, ma se si educa un ragazzino, se lo si segue, se gli si fa comprendere che a tutto c’è un limite, non gli verrà in mente di denudare online una sua compagna di classe, e soprattutto di non diffondere la foto. Se questi ragazzetti saranno impuniti, in futuro potremmo trovarci davanti a casi di revenge porn.

Cinque ragazze vittime di pedopornografia

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La notizia è stata riportata da La Repubblica, e sembrerebbe che circa due settimane fa in una scuola media in provincia di Roma cinque studentesse di solo 13 anni hanno trovato delle proprio foto nude in diverse chat… Foto che, però, loro non avevano mai scattato in quanto sono state modificate graficamente da un bot su Telegram che, a quanto sembra, sarebbe molto in voga fra i teenager (pensa te!). I due quattordicenni poi avrebbero postato le immagini delle compagne di classe online, riducendo tutto poi a «solo uno scherzo».

Non è ovviamente uno scherzo per le vittime, e neanche per i loro genitori. Quattro delle ragazze infatti hanno deciso di denunciare, mentre la quinta ragazza ancora non si è recata dalle forze dell’ordine ma la Procura per i minorenni potrebbe convocarla presto. La stessa Procura ascolterà i genitori degli indagati. Secondo chi indaga, «questo è il primo caso che arriva nei nostri uffici ma non escludiamo che ci siano tantissime altre foto che girano e che le denunce non arrivino per vergogna delle vittime».

‘La Repubblica’ ha riferito di aver provato il bot al centro del caso, inviando la fotografia a mezzo busto di una bambola con addosso un vestito nero e rosa. Il bot ha prodotto la stessa immagine della bambola, ma con il seno nudo. Non solo: il bot ha anche proposto due diverse taglie: una più piccola e una più generosa. La prova effettuata dal quotidiano è stata gratuita ma ha poi ricevuto un messaggio in cui ha specificato, in lingua inglese, che la successiva modifica sarebbe stata a pagamento.

Vergognoso, comunque, come tantissime testate nazionali abbiano deciso di scrivere il nome del bot (e La Stampa lo ha addirittura linkato) contribuendo quindi alla diffusione di un bot che fa soffrire delle minorenni ma anche maggiorenni. Poi piangiamo e parliamo di revenge porn.

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