Ecomafia: la denuncia di Legambiente sui reati ambientali mafiosi

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È stato pubblicato nella giornata di ieri il Rapporto Ecomafia, dedicato a Giovanni Falcone proprio come quello che era stato pubblicato vent’anni fa, nel 2003. Il rapporto viene pubblicato annualmente dal 1994, con la collaborazione delle forse dell’ordine, e quest’anno evidenzia come i reati contro l’ambiente di stampo mafioso siano 30.686, quindi con una lievissima crescita rispetto al 2021 (+0,3%), con una media di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora. Eppure in Italia si pensa ad altro, in Italia si pensa a condannare gli attivisti dell’ambiente.

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Il rapporto inizia con una citazione di Giovanni Falcone del libro “Cose di cosa nostra“, scritto in collaborazione con la giornalista Marcelle Padovani nel 1991. In questa descrizione, scrive Legambiente, Falcone descrive alla giornalista il «mafioso costruttore che diventa “capitano d’industria”», con i tratti di una criminalità che inquina l’economia «saccheggiando l’ambiente in cui viviamo». «Un’aggressione “condivisa” con imprenditori privi di etica, faccendieri senza scrupoli, politici e funzionari corrotti, in particolare nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa ma non solo».

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«Cerchiamo d’immaginarlo questo mafioso, divenuto capitano d’industria. Ricco, sicuro di potere disporre di una quantità di denaro che non ha dovuto prendere a prestito e che quindi non deve restituire, si adopera per creare nel suo settore di attività una situazione di monopolio, basata sull’intimidazione e la violenza.

Se fa il costruttore, amplierà il suo raggio d’azione fino a comprendere le cave di pietra, i depositi di calcestruzzo, i magazzini di materiale sanitario, le forniture in genere e anche gli operai […]. Gli altri proprietari di cave, gli industriali del cemento e del ferro verranno a poco poco inglobati in una rete monopolistica sulla quale egli eserciterà il controllo».

Giovanni Falcone

Legambiente: i dati evidenziano un aumento di ecomafia

I dati fanno riferimento al 2022 ed evidenziano come i reati contro l’ambiente «restano sopra la soglia dei 30.000, esattamente sono 30.686, in lieve crescita rispetto al 2021 (+0,3%). Una media di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora». Ma non solo! Perché sono cresciuti anche gli illeciti amministrati, e di un po’ più rispetto ai precedenti: dal 2021, c’è stato un aumento del 13,1%, raggiungendo la quota 67.030. Insieme, i reati e gli illeciti amministrativi, arrivano a un totale di 100.000 violazioni, «97.716 quelle contestate, alla media di 268 al giorno, 11 ogni ora».

La gran parte degli illeciti è nel ciclo illegale del cemento, mentre i reati sono principalmente contro la fauna e il ciclo dei rifiuti. Scrive Legambiente: «L’incremento più significativo dei reati accertati dalle forze dell’ordine si registra nel ciclo illegale del cemento, lungo tutta la filiera, dalle cave ai reati urbanistici, dalla produzione di calcestruzzo alle imprese di costruzione: esattamente 12.216 illeciti, pari al 39,8% del totale, con una crescita del +28,7% rispetto all’anno precedente». Importante anche il numero di reati legati a roghi dolosi, colposi e generici, sebbene comunque sia diminuito del 3,3%.

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A preoccupare Legambiente è il «virus della corruzione ambientale – censite da Legambiente dal 1° agosto 2022 al 30 aprile 2023 ben 58 inchieste su fenomeni di corruzione connessi ad attività con impatto ambientale – il numero e il peso dei Comuni sciolti per mafia (22 quelli analizzati nel Rapporto, a cui si è aggiunto il recentissimo scioglimento di quello di Rende, in provincia di Cosenza), e la crescita dei clan mafiosi: dal 1994 ad oggi sono 375 quelli censiti da Legambiente. Il fatturato illegale delle diverse “filiere” analizzate nel Rapporto resta stabile a 8,8 miliardi di euro».

Conclude il report il giornalista Enrico Fontana, segretario nazionale di Legambiente:

Il nostro nuovo rapporto, Ecomafia 2023, mette in fila, come ogni anno,  le storie e i numeri sulla criminalità ambientale in Italia. Le cosiderazioni che emergono, frutto di un grande lavoro di analisi e contributi raccolti, confermano il lavoro importante svolto da forze dell’ordine, Capitanerie di porto, enti di controllo e magistratura. E dovrebbero sollecitare risposte coerenti ed efficaci da parte di chi ha responsabilità politiche e istituzionali. Accade purtroppo spesso il contrario: deregulation, come quelle inserite nel nuovo Codice degli appalti, invece di semplificazioni; condoni edilizi più o meno mascherati, invece di ruspe.  

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