#56 – Riviviamo i classici della nostra adolescenza: Habbo

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È venerdì, e venerdì significa solo una cosa: Riviviamo i classici della nostra adolescenza, questa settimana con Habbo. Dopo le cantanti che ci hanno fatto da soundtrack nei primi anni adolescenziali, è tempo di pensare a come giocavamo. No, non parlo ovviamente di giochi di carta o giochi dal vivo, ma di giochi elettronici. Ne ho scelti quattro: The Sims, di cui abbiamo già parlato tre settimane fa, Stardoll, di cui abbiamo parlato due settimane fa, Town of Salem, di cui abbiamo parlato la scorsa e Habbo, quattro giochi che io amavo e che, sì, sarò onesta, penso che proverò a riprendere proprio stasera. Ovviamente troverò tante cose cambiate, ma chissà, magari saranno migliorate!

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Alcuni non sono più tanto giocati, altri sono giocati solo dai nostalgici come me, altri ancora sono tutt’oggi amati da adolescenti o adulti. The Sims è sicuramente il più famoso e popolare, Habbo è per pochi, Stardoll è per le sognatrici (mai conosciuto un ragazzo che giocasse a Stardoll, ma sono sicura che anche i maschietti lo adorassero!), mentre Town of Salem è per gli amanti della Signora in giallo. Abbiamo iniziato con The Sims, e oggi siamo arrivati ad Habbo.

I giochi della nostra adolescenza: Habbo

Come descrivere Habbo… Penso che Habbo sia stato il nostro primo approccio con delle persone che davvero non conoscevamo, con degli sconosciuti che ancora oggi sono tali. Su Habbo ti creavi una tua identità ed eri letteralmente chi volevi essere. Non per forza il tuo avatar doveva essere simile a come sei tu, non per forza doveva avere la tua età, fare il tuo mestiere o addirittura essere dello stesso sesso che eri nella vita reale. Su questo primo e forse ultimo social pixelato avere il completo controllo della tua vita. Anche se eri troppo giovane e non sapevi ancora niente del mondo esterno.

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La mia stanza in Habbo

Oggi è pressoché desolato, non ci sono più le stanze affollate e piene di tantissimi altri avatar come era un tempo, però i nostalgici continuano a tornarci. Noi, invece, lo riviviamo. Sì, non mentirò: ho creato un nuovo profilo perché ovviamente non ricordo i dati di accesso di quello di quando avevo 14 anni se non meno, creato prima in collaborazione con mia cugina e poi da sola e sinceramente l’ho trovato molto cambiato, ma penso che ci passerò comunque qualche serata.

Habbo è una community virtuale ambientata in un grande hotel virtuale in cui è possibile avere un proprio avatar, una propria stanza e anche interagire con gli altri ospiti che potete trovare nelle sale comuni come ad esempio la caffetteria. Le vostre stanze private possono anche essere arredata con i furni, ovvero con degli arredi, e possono essere pubbliche oppure private, nel senso che potete permettere solo ad alcuni di accedere tramite password oppure di lasciarle pubbliche e far entrare chiunque.

Gli utenti poi possono anche scriverti in privato, ma da quel che vedo è possibile solo tre giorni dopo l’iscrizione. Tra l’altro il gioco è gratuito, ma ad esempio se vuoi avere dei look più particolari o dei mobili bisogna pagare. Con le funzioni a pagamento puoi personalizzare come preferisci il tuo personaggio o la tua casa, e in più se ti iscrivi all’Habbo Club o al Builder Club non devi guardare le pubblicità che invece ci sono per gli altri utenti.

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La caffetteria

Se questo non bastasse esistono anche delle competizioni organizzate dagli Hotel Manager o dagli Assistenti Hotel manager che hanno una vincita in furni, in mesi da Habbo Club o in distintivi. Queste gare in genere sono stagionali e sono legate a visite di personaggi famosi nell’hotel, o incentrate su temi scelti dallo staff, come costruire ed arredare delle stanze secondo particolari indicazioni. Ci sono anche dei giochi che ogni utente può creare acquistando furni dal catalogo.

Insomma, Habbo è rimasto bene o male lo stesso di sempre, sempre stessa gente, forse adesso trovo persone della mia età e non molto più grandi come avveniva 10 anni fa, ma comunque i molestatori ci sono ugualmente. Diciamo che è un gioco da fare giusto quando non si ha nulla da fare, altrimenti stiamo bene senza. Peccato, perché il concept è davvero interessante.

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